La notizia della notte squarcia i piani dei Philadelphia 76ers come un fulmine a ciel sereno: frattura del quinto metatarso del piede destro per Ben Simmons, il rookie scelto alla prima chiamata assoluto all’ultimo draft. Da indiscrezioni pare che il ventenne uscito da LSU si sia infortunato dopo aver girato la caviglia al termine dello scrimmage tenutosi dutante l’ultimo allenamento del training camp prima della preseason, che dovrebbe iniziare Martedì contro i Boston Celtics. Resta ancora da stabilire il tempo di recupero, ma non dovrebbe richiedere poco. Di solito la ripresa avviene in 6-8 settimane, ma per soggetti che hanno già affrontato infortuni del genere e che sono ancora in periodo di crescita la riabilitazione richiede più tempo, anche per fare in modo che incidenti di percorso del genere non ricapitino. In sostanza questione di mesi. La causa secondo molti esperti è da ricercare nei 15 kilogrammi di massa muscolare messi su in questi mesi di workout, che non avrebbero giovato alle articolazioni e all'ossatura.
Brutta tegola quindi per la franchigia della Pennsylvania che, finalmente recuperati Embiid, dopo due anni di inutilizzo dalla sua chiamata alla n.3 al draft del 2014, e Okafor, con l’aggiunta di Dario Saric, sperava di poter avere a disposizione tutti i suoi talenti più cristallini per l’inizio della stagione. Le ambizioni di playoffs, già esigue fino a poche ore fa, diventano quindi nulle per i Sixers. Delusione anche per tutto l’ambiente della NBA in quanto il nativo australiano è dato da tutti gli addetti ai lavori come un possibile candidato a rivoluzionare il gioco. Bastano pochi dati per comprenderne il perché: 2.08 cm di altezza (destinati pare ad aumentare) per 105 kg potrebbero essere le misure giuste per una buona ala forte, il ruolo in cui coach Brett Brown vorrebbe utilizzarlo. Peccato che invece il suo gioco sia da point guard. Non nel senso stretto del termine ovviamente, ma come primo trattatore di palla, come LeBron ad esempio. Uno scherzo della natura destinato a spostare gli equilibri del gioco, provando solo ad immaginarlo condurre la transizione o difendere contro avversari più piccoli come Curry o Irving. Tutti questi scenari possibili, conditi da numeri decisamente positivi (19.2 punti, 11.8 rimbalzi, 4.8 assist e 2.0 recuperi), hanno fatto in modo da farlo sbarcare in NBA dopo un solo anno di college in Lousiana.
Piani di Phila quindi andati in frantumi, visto che il reparto esterni, principale motivo del tracollo del rapporto vittorie/sconfitte degli ultimi anni, perde la punta di diamante. Il gioco dei Sixers, già molto orientato verso il pitturato, vedrà impennarsi le percentuali di palloni serviti in area per sfruttare al meglio le qualità offensive di Okafor, vera stella della squadra.
Non è la prima volta che succede una cosa del genere in Pennsylvania: si comincia con Nerlens Noel, scelto al draft 2013 alla numero 6 da New Orleans, girato ai Sixers, salta la stagione da rookie per riprendersi da un grave infortunio avvenutogli quando indossava ancora la canotta dei Kentucky Wildcats; anno dopo, stessa storia con Joel Embiid, infortunato al piede destro poco dopo essere stato draftato e costretto ai box per le prime due stagioni tra i pro; draft 2015, viene scelto Jahlil Okafor fresco campione con i Duke Blue Devils del torneo NCAA, con lui arrivano ottime prestazioni individuali ma pochissime vittorie e a marzo altra tegola, infortunio al ginocchio destro e stagione finita. La maledizione sui rookie purtroppo continua anche quest’anno e resta l’amarezza immaginando ciò che questi ragazzi avrebbero potuto mostrare.