"Tanto tuonò che piovve". Potrebbe riassumersi così il disastro dei Warriors in gara 3, con le avvisaglie del crollo che, paradossalmente, si erano manifestate anche nei due precedenti atti (due vittorie di larga misura, in linea con una serie in cui lo scarto complessivo è arrivato a quota 78 punti) alla Oracle Arena. Dove ci avevano pensato i Livingston e gli Iguodala della situazione a mascherare gli scricchiolii di un ingranaggio non più così perfettamente oliato su entrambi i lati del campo.

A partire, ovviamente, dagli 'Splash Brothers'. Perché è evidente che Curry e Thompson queste Finals devono ancora iniziare a giocarle, al netto dei problemi fisici che il primo si sta portando dietro dalla serie contro i Rockets e il secondo ha accusato dopo lo scontro con Mozgov. Il tabellino della serata della Quicken Loans Arena parla dei primi 8 tiri sbagliati (sul 2/10 complessivo di squadra nel primo quarto) e di un poco lusinghiero 10/23 dal campo (4/16 da tre) complessivo. Per l'MVP appena due punti nei primi 15 minuti (1/5 al tiro), per concludere a quota 19, con i 13 nel terzo quarto a sugellare una tardiva chiusura di stalla a buoi abbondantemente scappati. Se a questo aggiungiamo un supporting cast che, per una volta, non riesce a supplire alle mancanze delle primarie opzioni offensive (42.1% dal campo, 27.3% dall'arco e 33 punti dalla panchina) e un LeBron James ritornato ai livelli che gli sono consoni 832 punti, 11 rimbalzi, 6 assist, 2 stoppate e 1 recupero), appare chiaro come i campioni in carica non possano più fare a meno dell'apporto ffensivo del proprio backcourt.

Soprattutto se, nel pitturato, Tristan Thompson (doppia doppia da 14+13) continuerà a fare quello che vuole dei vari Bogut, Ezeli e Green, e la difesa improntata all'anticipo totale di Irving sullo stesso Curry continuerà a pagare grossi dividendi in termini di palle perse (6 solo da parte del figlio di Dell, 10 di squadra dei GSW nei primi 24 minuti). 

A proposito di Irving. I 16 punti (7/9 al tiro) dei 33 totali di Cleveland nel primo quarto, sono la miglior cartina di tornasole possibile da un lato delle difficoltà dei campioni in carica di difendere sul pick n' roll (soprattutto se nell'1vs1 ci si trova accoppiati con il 30), dall'altro della facilità con cui i ragazzi di coach Lue siano riusciti a trovare delle buone soluzioni offensive senza dover forzare troppo. Il 52.7% dal campo 848 dall'arco) è figlio di set che hanno sfruttao al meglio le lacune avversarie, soprattutto sul ribaltamento del lato dopo il gioco a due sull'asse play-pivot. Non a caso è prepotentemente riapparso sulla scena quel J.R. Smith (20 punti e 5/10 da tre) che nei primi due atti in California aveva recitato lo scomodo ruolo di spettatore non pagante.

Al di là di tutto, comunque, è ancora presto per parlare di Warriors in crisi e/o di Cavs che hanno (ri)preso in mano l'inerzia della serie. Queste prime tre partite hanno messo in luce come il paventato equilibrio delle previsioni si sia scontrato con la dura realtà di 48 minuti indirizzati già in partenza (si veda lo 0-9 iniziale chiuso dalla tripla di Jefferson) e con una squadra incapace di ricucire lo strappo iniziale dell'altra. Gara 4, in tal senso, darà delle indicazioni molto più significative di quanto non si creda.