Dunque ricapitoliamo. Era fermo da due settimane, precisamente dal secondo quarto di gara 2 del primo turno contro i Rockets, a causa di un infortunio complesso e dai tempi di recupero incerti. Tanto che la data del rientro veniva spostata di volta in volta, fin quasi a temere per la sua presenza nei momenti decisivi di un'eventuale finale di Conference. Poi, con i Blazers in rimonta nella serie, il passaggio da indisponibile a questionable, lo shootaround che dà responsi positivi, Kerr che decide di farlo partire dalla panchina.

Primi tre quarti un pò così: 13 punti, 6/18 dal campo, addirittura 0/9 dall'arco. Normale per un giocatore che ha rischiato di sfracellarsi il ginocchio non più tardi di 15 giorni fa. Poi arriva il quarto periodo. E diventa tutto buio:

27 punti negli ultimi 17 minuti compreso il supplementare, record di punti ogni epoca in un overtime (17, 5/6 al tiro, 3/3 da tre). Per chiudere a quota 40 (16/32 e 5/16 dal campo), più 9 rimbalzi e 8 assist. In meno di 35 minuti di impiego.

La vittoria dei Warriors (132-125 e fattore campo strappato ai Blazers ora sotto 3-1), passa quasi in secondo piano. Perché se anche uno come Damian Lillard (a proposito: 36 punti 6 rimbalzi e 10 assist), con tutta la delusione del post gara, non fa fatica ad ammettere di trovarsi di fronte al "miglior tiratore di sempre" vuol dire che siamo di fronte alla storia che si compie davanti ai nostri occhi. Ancora una volta.

"L'idea era quella di farlo giocare una ventina di minuti e poi monitorare le sue condizioni. Ma, a un certo punto, si sentiva talmente bene, che toglierlo dal campo sarebbe stato pericoloso per lui e per noi. E' stato qualcosa di pazzesco", dirà poi un Kerr sinceramente stupefatto quanto noi in conferenza stampa. E come dargli torto: nei 5 minuti di extra time, tutti i Blazers hanno segnato 14 punti a fronte dei 17 del numero 30, che continua a confermarsi come il giocatore che segna di più con trenta (o meno) minuti di impiego: nelle 3 gare di playoff fin qui disputate (questa e le prime due contro i Rockets) siamo a 23.3 di media in 25 minuti a partita, per un plus/minus di 16.3.

"Non ho mai perso fiducia nelle mie capacità. Amo giocare e amo competere al massimo livello possibile. Mi mancava il campo, mi mancavano i miei compagni, mi mancava potermi misurare con avversari di livello come quelli di stasera. I'm back!", ha poi dichiarato il nsotro di fronte alla folla adorante. Come se tornare in questo modo fosse la cosa più naturale del mondo.

Forse ha ragione il povero Paul Allen (fondatore di Microsoft e proprietario della franchigia dell'Oregon), immortalato in un'istantanea che è già storia e che commenta il tutto meglio di tante parole:

Stiamo assistendo alla storia in movimento. E tutto ciò che ci è concesso e restare a bocca aperta. Perché uno spettacolo del genere non passerà mai più.

Bentornato Steph!