"La peggior non chiamata di sempre nella storia dei playoff", per dirla alla Magic Johnson? Forse. O forse no. Ma urge comunque riavvolgere il nastro per non fare confusione.
Ultimi 13.5 secondi di gara 2 tra Spurs e Thunder, OKC avanti 98-97 e con la rimessa a favore:
Chi dice cinque, chi dice otto. In riferimento alle violazioni/errori arbitrali che si sarebbero verificati negli ultimi due possessi decisivi. Con la 'scatola nera' del post gara che recita quanto segue: Ginobili che nel tentativo di pressare Waiters ne invade lo spazio superando la linea; Leonard che si aggrappa alla maglia di Westbrook; Waiters che, causa pressing irregolare del 'jefe narigòn' salta per passare la palla; cronometro che riparte con 0.3 secondi di anticipo; fallo di Durant su Danny Green; doppia trattenuta simultanea di Ibaka a Leonard e Aldridge; il tifoso seduto a bordo campo che si aggrappa a Steven Adams; e, per concludere in bellezza, ancora Waiters che, per guadagnare spazio per passare la palla, rifila una gomitata all'onnipresente Ginobili. Tutto, ripetiamo, in 13.5 secondi e con gli arbitri che avevano la possibilità di rivedere quanto successo al tavolo dell'instant replay.
Ce ne sarebbe abbastanza per scatenare un inferno. E, in effetti, Popovich non è che le mandi proprio a dire alla terna arbitrale poco dopo il suono dell'ultima sirena. Senza contare che, a posterirori, Ken Mauer, primo fischietto di gara 2, ammetterà: "In campo non abbiamo visto il fallo ma dopo ci siamo accorti che avremmo dovuto fischiare fallo in attacco. E’ una giocata mai vista prima e avremmo dovuto chiamare fallo contro Waiters. Gli Spurs avrebbero dovuto avere il possesso".
Quindi abbiamo uno o più errori oggettivamente documentati e l'ammissione di colpa da parte di chi ha sbagliato.
Ora chiudete gli occhi per un momento e trapiantate il tutto nell'aberrante contesto della cultura sportiva italiana. Dove l'illazione e il sospetto sono la regola, dove si cotruiscono trasmissioni intere su ore e ore di moviola, dove giornalisti teoricamente super partes diventano espressione della parte più becera e malata del tifo, dove sono per primi allenatori e dirigenti ad esibirsi nella poco nobile pratica del buttare il sasso nascondendo la mano, dove la favolistiche ricostruzioni su presunte ramificazioni del potere politico/economico in ambito sportivo costituiscono parte integrante di un dibattito culturalmente svilente, eppure apprezzato da una massa incapace di guardare la luna e non il dito che la indica. Quella profonda sensazione che state avvertendo in fondo allo stomaco è normale. Si chiama nausea. Per tutto ciò che è e non dovrebbe essere qui. Per tutto ciò che, invece, è lì.
Perché Manu Ginobili, uno che in Italia ci è passato (e dalla quale, bontà sua, ha ereditato solo un uso della lingua italiana molto più corretto e forbito dei tanti strillatori di professione che occupano i nostri organi di informazione), dopo tutto quel che è successo e dopo che la sua squadra è stata palesemente danneggiata in una partita e in una serie di una qual certa importanza, dichiara quanto segue: "Qualcosa è successo ma non abbiamo sicuramente perso per colpa di quel mancato fischio. Abbiamo avuto il tiro per vincere la partita e l’abbiamo persa".
Due frasi, una lezione di sport e di vita. Condivisa anche dagli altri protagonisti in nero e argento. Parti integranti di un sistema in cui, quotidianamente, si lavora per migliorarsi ad ogni livello: lega, squadre, giocatori e arbitri. Questi ultimi in grado di gestire i più grandi atleti del mondo al massimo livello, proprio in virtù della tranquillità che deriva dalla possibilità di sbagliare e poi, eventualmente, spiegare il perché si è sbagliato. Similmente a quanto accaduto, nemmeno troppo tempo fa, con il fallo in attacco di James Harden su Iguodala che ha originato il tiro che ha dato la W ai Rockets in gara 3 del primo turno di PO contro i Warriors. Anche lì un errore candidamente ammesso dagli osservatori arbitrali Nba, che ha originato nulla più di un'alzata di spalle da parte dei diretti interessati. Steve Kerr, infatti, non è andato oltre un "Non è un problema, siamo già concentrati per difendere meglio in gara 4".
E i media? Puntuali ed equidistanti nel riportare le ricostruzioni dei fatti, ben lontani dall'azzardare la presenza di disegni o macchinazioni atte a falsare il risultato. Analisi tecnicamente ineccepibili che occupano lo spazio che meritano: cinque minuti, non di più, a voler esagerare. Perché lì uno sportivo (uno vero, non l'uomo medio - o mediocre, se preferite - delle nostre parti che sfoga le proprie insicurezze e frustrazioni insultando arbitri e avversari) con certe cose si annoia. Because ball don't lie e il parquet è il giudice supremo. Sempre.
Valga, a suggello di tutto, il significativo commento via Facebook di Flavio Tranquillo: "Patty Mills ha sbagliato chili di open shots. Spurs sbagliato 17 tiri in RA. OKC in gara 1. Si sbaglia, arbitri inclusi, like it or not".
Ecco, ora la nausea ha lasciato il posto a tristezza e sconforto. Posso toccare con mano una realtà che è possibile. Altrove, ma non qui. Perché, in fondo, senza un arbitro da attaccare, senza una polemica da montare, senza il vile "dico non dico" di media complici e compiacenti, in Italia lo sport sarebbe solo sport. E all'italiano non piacerebbe.