Sono qui per chiedervi scusa. Perchè non ho creduto all'impossibile ed ho sbagliato. Clamorosamente. Ma, a mia discolpa, va detto che non sempre l'essere umano riesce a guardare in faccia la realtà. Soprattutto quando questa supera l'immaginazione ed inizia a scalfire le tue più granitiche convinzioni. Come può esserlo un 72-10 fatto registrare dalla più grande suqadra di tutti i tempi che poteva contare sul più grande giocatore di tutti i tempi.
Eppure è successo. Erano gli inizi di novembre e l'impossibile stava già prendendo forma. Anche se era decisamente troppo presto per capire la reale portata di quel che poi sarebbe stato cinque mesi e 77 partite dopo. E a chi vociferava che i Golden State Warriors di Steve Kerr 2.0 potessero insidiare i Chicago Bulls 1995/1996, il sottoscritto rispondeva qui come, alla lunga, quel primato fosse destinato a restare inavvicinato ed inavvicinabile. Con motivazioni che, ne converrete, all'epoca sembravano inattaccabili.
Comunque, sperando di aver pagato il debito per il mio miscredentismo, passiamo a tutto ciò che non è stato il meraviglioso addio di Kobe Bryant. Quindi, ai numeri che hanno reso i figli della Baia l'unica squadra nella storia Nba a scendere sotto la doppia cifra alla voce sconfitte stagionali.
I Warriors 2015/2016 si sono rivelati un rullo compressore. E, nonostante qualche inevitabile e fisiologico passaggio a vuoto (la prima sconfitta a Milwaukee dopo il back to back in quel di Boston e i ko con Mavs, lakers e Timberwolves) hanno tenuto una continuità impressionante: 89% di vittorie (la percentuale più alta di sempre) buono per assicurarsi il primo posto a Ovest (46-6 con i diretti concorrenti della Conference) nonché lo scontato titolo divisionale (15-1). E se il primato di vittorie interne gli è stato scippato dagli Spurs (40-1 - 39-2), il 34-7 in trasferta rappresenterà d'ora in avanti il nuovo standard dell'eccellenza per le squadre da titolo. Golden State, inoltre, è prima in quasi tutte le team stats: punti segnati (114.9), assist per partita (28.9) e differenziale di punteggio (10.8), con il 48.7% dal campo e il 41.6 % da tre che impressionano, se rapportate alla qualità dei tiri che, normalmente, i figli della Baia si prendono sera sì sera no. In un percorso di crescita costante nell'ultimo lustro:
A voler cercare il classico pelo nell'uovo, sono da registrare i 104.1 punti di media concessi agli avversari (diciannovesimi nella speciale classifica): uno smacco per quella che, la stagione scorsa, era la miglior difesa su singolo possesso dell'intera lega. Poco male, comunque, per una squadra che ha viaggiato 52-4 (24-1 nelle prime 25, miglior inizio di sempre) fino all'All Star Game e 21-5 dopo il weekend di Toronto.
Celebrato degnamente il collettivo, non si può non parlare di chi questo collettivo lo ha esaltato conm la propria abbacinante individualità. Perché se i Bulls hanno avuto Michale Jordan, i Warriors hanno (e avranno) Stephen Curry. Che ha concluso una stagione irreale allo stesso modo con cui l'aveva cominciata:
E siccome le parole che potrebbero esprimere compiutamente il nostro pensiero riguardo al figlio di Dell non sono state ancora inventate, ci limitiamo a riportare i suoi numeri:
- 30.1 punti, 6.7 assist, 5.4 rimbalzi, 90,8% ai liberi, 45,4% da tre, 50,4% dal campo IN STAGIONE. Roba che non si vedeva dai tempi del predetto Jordan;
- dopo Steve Kerr (1995/1996) e Steve Nash (2007/2008) è il terzo giocatore della storia a chiudere la regular season con il 90% ai liberi, 50% dal campo e 45% da tre;
- 402 (QUATTROCENTODUE) triple in stagione. Il precedente primato (suo, ovviamente) era fissato a 286 (2014/2015); 116 triple in più ad appena un anno di distanza. C'è gente che, IN CARRIERA, non è arrivata a 300;
- poco più di 5 triple di media a partita ed almeno una tripla mandata a bersaglio in ognuna delle 79 partite che ha giocato quest'anno;
- Quattro partite da almeno 10 triple realizzate. Il resto della Lega tre;
- 6.3 punti di media in più rispetto alla stagione scorsa. Nessun'altro MVP in carica aveva fatto meglio nell'anno successivo alla consegna del premio;
- 40 gare da almeno 30 punti in stagione;
- Capocannoniere e primo anche nella classifica di palle recuperate: 2.1, davanti a Ricky Rubio;
Come dite? Questa volta l'asticella è stata fissata troppo in alto? Che il 73-9 è davvero destinato a rimnere invalicabile? Probabilmente avete ragione. Ma finché questi sono in giro io non scommetto più su niente. Soprattutto dopo un'annata passata a demolire certezze. Le mie, le vostre, forse anche le loro.
Siete, sono, siamo tutti testmoni.