La sconfitta di questa notte contro i Detroit Pistons (105-112) va catalogata alla voce "incidenti di percorso". Vuoi perché l'occasione per il riscatto arriva immediata (a Milwaukee contro i Bucks), vuoi perchè gli Charlotte Hornets arrivavano a Motown con un rispettabile 18-5 dal primo gennaio: vale a dire la migliore striscia ad Est e la terza in assoluto dopo quelle di Spurs e Warriors. Un qualcosa di incredibile, soprattutto considerando il disastroso tour ad Ovest che, in gennaio, aveva lasciato in eredità alla squadra della Carolina del Nord, problemi a livello di infortuni (in particolare quello occorso ad Al Jefferson) e chimica di squadra e con un record di 17-20 tutt'altro che invidiabile. Poi, di colpo, la risalita spiegata così da Jeremy Lin a Espn: "Ne stavamo parlando giusto l'altro giorno. Era un periodo in cui ci stava girando tutto storto. A quel punto ci siamo detti: ora o mai più. E adesso, siamo a oltre 40 vittorie". Quarantuno per la precisione, a fronte delle 31 sconfitte, che, al momento, valgono il sesto posto nella Eastern Conference a due partite di distanza dal terzo posto degli Atlanta Hawks: raggiungerlo vorrebbe dire diventare testa di serie ai playoff, un risultato storico per la franchigia dopo il ritorno a Charlotte nel 2004.

Ma come è riuscito coach Steve Clifford a ribaltare completamente le prospettive di questa stagione? Paradossalmente, offensivamente parlando, le cose sono migliorate dopo il ko di Jefferson: Clifford, infatti, in mancanza di valide alternative sotto canestro, ha rimodulato i propri set offensivi, puntando molto ad aprire il campo con le conclusioni dall'arco, magari dopo uno/due ribaltamenti. Risultato? Dallo scarso 33% fatto registrare fino a gennaio, la percentuale di realizzazione dei tiri da tre punti è salita al 35.7 in febbraio e addirittura al 40.1 in marzo.

Protagonisti il già menzionato Lin, Nicolas Batum (15 di media in stagione e 40.5 da tre, con il picco del 44.9 in febbraio), Marvin Williams (46.3% dall'arco a febbraio, 43.8 a marzo, per 11.4 punti di media in stagione) e, soprattutto, Kemba Walker: in un'annata da 21.1 punti, 4.4 rimbalzi e 5.2 assist ad allacciata di scarpa, il prodotto di Connecticut ha vissuto una prima metà di marzo mostruosa, viaggiando a lungo sugli oltre 28 a partita (attualmente siamo a 22.9), con il 45.3% dal campo e il 41.6 da tre in 35.7 minuti di impiego.

Il fatto che gli Hornets abbiano segnato 100 o più punti in 11 delle ultime 14 gare, è stata solo la naturale conseguenza di quanto già detto. Così come il record di franchigie per triple tentate (2081) e mandate a bersagllio (746), avendo segnato 13 o più tiri da tre in 18 partite (dietro solo a Rockets e Warriors).

Ugualmente fondamentale è stato ritrovare un giusto equilibrio di squadra, facendo di necessità virtù: 10 sono stati i giocatori a primeggiare per punti segnati in una singola partita, 11 per quanto riguarda i rimbalzi, 7 per gli assist. Esempio lampante la prova del rientrante Al Jefferson contro gli Heat, subentrando al posto dell'infortunato Zeller: 21 e 10 rimbalzi partendo dalla panchina, che ha contribuito per 39 punti nel 109-106 finale.

"Ho sempre detto che la chiave dei nostri successi è muovere la palla nel modo giusto - ha commentato Clifford - e questo sta accadendo da quando i ragazzi si sono messi a giocare l'uno per l'altro". Uno spirito perfettamente incarnato dall'accettazione dello stesso Jefferson di questo nuovo ruolo da sesto uomo, nonché dall'incredibile rimonta di lunedì scorso contro gli Spurs, culminata nella vittoria per 91-88 nonostante il -23 di svantaggio: la rimonta numero 15 in stagione nonché un 27-8 nel bilancio tra vittorie e sconfitte quando gli avversari vengono tenuti sotto i 100 punti.

"Sono quei momenti in cui capisci che è scattato qualcosa - ha poi detto Batum - è stato importante riuscire a lasciarci alle spalle quei brutti momenti tutti insieme".

Resilienza, spirito di sacrificio, altruismo, facilità di far fronte agli infortuni con rotazioni mirate ed intelligenti. Gli Hornets sono una realtà ad Est. E non tenerne conto in chiave PO potrebbe esssere un errore che l'avversario di turno potrebbe pagare a carissimo prezzo.