Dai tempi di “His Airness” Michael Jordan, il basket a Chicago è vissuto dai supporters dei Bulls quasi come una vera e propria fede e i risultati altalenanti dell’ultima stagione non promettono alcun lieto fine. Dopo l’ultima sconfitta al Madison Square Garden di New York contro i Knicks infatti la franchigia dell’Illinois risulta nona nella corsa ai playoffs, con una partita e mezzo di distacco dai Detroit Pistons (i quali invece sono reduci da quattro vittorie consecutive), incalzati inoltre alle spalle dagli Washington Wizards, in crescita dopo un inizio di stagione piuttosto deludente. L’ultima volta che i Bulls non hanno staccato il pass per la postseason è stato nella stagione 2007/2008 quando a coach Scott Skiles (attuale coach degli Orlando Magic) successe prima Pete Myers per una partita e poi Jim Boylan fino al termine del calendario, finendo con il record di 33-49. Nel frattempo la Windy City sembrava essere tornata a crescere grazie al figlio della città Derrick Rose, alla guida tecnica di Tom Thibodeau e, infine, all’esplosione di Jimmy Butler. Tuttavia, la situazione al momento sembra meno rosea del previsto sia per fattori esterni che interni.
Per quanto riguarda i primi bisogna ammettere che la stagione di Chicago non è delle più fortunate: una serie di infortuni ancora senza fine ha colpito ripetutamente il roster dei Bulls, minandone quindi la continuità e, di conseguenza, i risultati. Si parte con la lussazione alla spalla per Joakim Noah a gennaio durante il match contro Dallas che lo terrà ai box per tutto il resto della stagione, passando per l’infortunio al ginocchio sinistro per Jimmy Butler, che lo ha costretto oltre a 4 settimane di stop anche a rinunciare all’All star Game di Toronto, per finire con gli stop occorsi prima a Mirotic (appendicite) e poi Gasol e Taj Gibson. Una nota a parte la meriterebbe il caso di Noah: infatti il centro numero 13 draftato proprio dai Bulls nel 2007, è in scadenza di contratto e potrebbe veder conclusa la sua esperienza in Illinois proprio a causa dell’infortunio oltre che per il poco spazio riservatogli da coach Fred Hoiberg.
Parlando invece di fattori interni, il gioco di Chicago sembra aver avuto una flessione tra febbraio e marzo, quando è mancato Butler, la stella a tutti gli effetti della squadra, ed i numeri sia offensivi che difensivi ne hanno risentito con appena 102 punti per gara messi a segno. Durante la gara di giovedì contro New York, nonostante un ottima prestazione del quintetto di partenza, con Rose che ha messo a referto 30 punti, è mancato l’apporto dalla panchina con soli 7 tiri dal campo messi a segno su 28 tentativi. Non si tratta però di cifre stavolta: la squadra non è stata mai in partita lasciando le iniziative ai Knicks (attualmente la quarta peggiore ad Est) e soprattutto non ha saputo mai opporre resistenza in difesa alle offensive portate da Melo e compagni. Questione di testa, di atteggiamento che non è passato inosservato e soprattutto gradito da tutto l’ambiente della “città del vento”: il coach, in primis, sul banco degli imputati, con la stampa che ha sottolienato la differenza di gestione con la guida Thibodeau, dove certi comportamenti non sarebbero stati ammessi. La qualità principale dei Bulls degli ultimi anni è sempre stata la resilienza, ovvero la capacità di non arrivare alla rottura nonostante le avversità: questo ha permesso a Chicago di essere sempre temibile sia in regular season che ai playoffs pur non avendo il talento necessario per poter essere una seria contender per la vittoria finale del titolo.
Il primo ad criticare sé stesso e la squadra per la poca applicazione è proprio Butler, da sempre particolarmente avvezzo a critiche e auto-critiche: la guardia ammette che giocando in questa maniera non arriverà alcun risultato positivo. Il 21 in maglia biancorossa ha viaggiato con 13.8 punti di media a Marzo di ritorno dall’infortunio al ginocchio (per il quale dovrebbe operarsi a stagione finita) e ne ha messi a referto 19 contro i Knicks.
Mancano ancora 11 gare per finire la stagione tra cui contro Philadelphia, Orlando, Milwaukee e New Orleans, decisamente alla portata dei Bulls. E’ chiaro però che Rose e compagni debbano mettere in campo una diversa aggressività se vogliono staccare il biglietto per l’ultimo posto del playoffs e non etichettare l’attuale stagione come fallimentare.