Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando nel 1998 un 7 piedi da Wurzburg, Germania, veniva scelto dai Milwaukee Bucks e immediatamente girato ai Dallas Mavericks. Da allora quel tedesco non si è più mosso dalla città texana per fare la storia del gioco. Il suo nome è ormai noto, Dirk Werner Nowitzki, uno dei numeri 4 più forti della storia ed è certo che verrà inserito nella Hall of Fame al termine della sua carriera.
Eppure non smette di regalare emozioni, sia ai fan che a se stesso. Come nella notte durante la gara (vinta) contro i Philadelphia 76ers, quando durante il terzo quarto di gioco, con una tripla centrale, ha raggiunto i 29000 punti in carriera nella NBA, diventando il sesto di sempre ad entrare in questa speciale classifica.
Davanti a lui ci sono solo Kareem Abdul-Jabbar, Karl Malone, Kobe Bryant, Michael Jordan e Wilt Chamberlain nella lista dei top scorer ogni epoca con “mr. 100 punti” a sole 2411 lunghezze di distanza. Obiettivo non impossibile per WunderDirk che ha ancora due anni di contratto e che attualmente viaggia con la media di 17.4 punti a partita.
Pulizia tecnica più unica che rara, carisma da vendere e il tiro cadendo all’indietro poggiandosi su un piede solo (uno dei pochi movimenti immarcabili in assoluto considerando che viene fatto partire da 2.60 metri d’altezza). Questi gli elementi che contraddistinguono la carriera del tedesco che va avanti ormai da 17 stagioni e che non da ancora segni di voler vedere il proprio epilogo. Infatti seppur abbia dato ufficialmente l’addio alla nazionale dopo Eurobasket 2015, il 41 dei Mavs ha più volte affermato di voler almeno proseguire a giocare nella NBA fino alla fine del suo contratto e solo allora valutare le proprie prospettive future.
C’è chi critica il nativo di Wurzburg come Kareem Abdul-Jabbar, il top scorer di tutti i tempi, affermando che Nowitzki non è stato mai dominante durante la sua carriera. Niente di più falso se si considera la provenienza di questo signore di 2.13 metri, che giovanissimo ha dovuto perfezionare la propria tecnica nei minimi dettagli per portarlo a competere con i migliori al mondo, sopperire alle mancanze fisiche rispetto ai lunghi oltreoceano, fargli indossare il grembiulino e portarli a scuola cestisticamente in post basso, alto e fuori dall’arco dei 3 punti. Basti pensare alle Finals del 2011, vinte contro i Miami Heat di LeBron James, concluse a 26 punti e 9.7 rimbalzi di media con la convinzione da parte di chiunque abbia assistito a quei match che la palla, una volta lasciate le mani del tedesco, non potesse che finire all’interno del canestro. A lui va il merito di aver inserito un paese come la Germania sull’atlante cestistico e di aver acceso la passione per il basket nelle generazioni tedesche future. Infine può essere considerato il primo vero europeo ad aver dimostrato la credibilità cestistica dei ragazzi provenienti dalle scuole del Vecchio Continente (senza nulla togliere ai vari Divac, Stojakovic e ovviamente Petrovic) ed aver modificato parzialmente il gioco con l’utilizzo tanto amato dal basket moderno dello “stretch four” l’ala forte capace di punire la difesa sia dentro che fuori la linea dei 3 punti.
Per tutto questo e per quello che ci riserverà ancora negli anni a venire, non si può far altro che dire “29000 volte grazie WunderDirk”