Ora che la regular season Nba si ferma per una settimana, con le luci del palcoscenico tutte puntate sulla tre giorni dell'All-Star Game di Toronto, è tempo per squadre e allenatori di fare un bilancio sui primi due terzi di stagione regolare appena andati agli archivi. Se tra le stelle della lega, tutte le attenzioni sono state in questi mesi per fenomeni come Curry, James, Harden, Paul, Westbrook, Durant e per il lungo addio di Kobe Bryant, la candidatura a rookie dell'anno non è mai stata così incerta e per certi versi snobbata dai media, impegnati a raccontare una stagione irripetibile, non fosse altro per l'incredibile record dei Golden State Warriors (48 vittorie e solo 4 sconfitte alla sosta canadese).

Ad oggi la corsa per il premio di miglior esordiente Nba sembra essere ristretta a due giovani promesse, Karl-Anthony Towns e Kristaps Porzingis. Il primo, voluto fortemente a Minneapolis dal compianto Flip Saunders, ha confermato di avere in faretra colpi fuori dal comune per uno del suo tonnellaggio: non solo gioco fronte e spalle a canestro, ma rimbalzi, tiri da tre, capacità di passaggio insospettabili per l'ex stella di Kentucky. Il secondo è passato dai fischi del Barclays Center all'adorazione del Madison Square Garden, con i tifosi dei Knicks costretti a fare retromarcia sul talento lettone individuato da Phil Jackson. Porzingis, scelto alla numero quattro, ha impressionato per maturità e tranqullità al suo impatto con una piazza complessa come New York, lasciando intravedere lampi da vero fuoriclasse: non solo tiri da tre, ma movimenti interessanti spalle a canestro e un'abilità non comune nell'andare a rimbalzo offensivo. Diverse invece le stagioni di D'Angelo Russell e Jahlil Okafor. Il play da Ohio State, diciannove anni, sta pagando la difficile stagione dei Lakers e un rapporto tutt'altro che idilliaco con il suo coach Byron Scott, che non smette di punzecchiarlo con battute velenose. Retrocesso a riserva dopo essere partito a lungo in quintetto, Russell ha comunqe fatto vedere dei miglioramenti nel corso del 2016, anche se le sue capacità di playmaking non sono ancora state esplorate del tutto dai gialloviola, che giocano una pallacanestro lenta in cui il pallone è spesso tra le mani di Lou Willams e Jordan Clarkson, per non parlare delle occasioni in cui è Bryant a decidere di prendersi la scena. Ancora più difficile la stagione di Jahlil Okafor, ala forte dal talento cristallino ma dal carattere complicato, con tanto di incidenti fuori dal campo che ne hanno compromesso il rendimento in maglia 76ers. Impareggiabile per eleganza, il prodotto da Duke ha mostrato solo una parte del suo enorme potenziale, al punto che a fine stagione Philadelphia potrebbe anche decidere di scambiarlo per un giocatore più pronto.

Nella top ten dell'ultimo Draft hanno finora deluso, causa infortunio, Cauley-Stein di Sacramento, finito in un ambiente mica da ridere, e Mudiay di Denver, a lungo k.o. per problemi alla caviglia, ma ancora una delle point guard più interessanti della sua generazione. Non è andata molto meglio al croato Mario Hezonja, che continua a vivere di lampi in quel di Orlando, nonostante mezzi tecnici e atletici notevolissimi. Più solido il contributo dato alle rispettive cause da Frank Kaminsky, il rookie di culto da Wisconsin, entrato stabilmente nelle rotazioni degli Hornets (non solo un tiratore da tre) e di Justise Winslow, su cui Erik Spoelstra ha fatto a lungo affidamento per le sue doti difensive, più che per quelle offensive, ancora tutte da costruire. Chi sta vivendo una regular season molto positiva, lontano dalle luci della ribalta, è Stanley Johnson dei Detroit Pistons, scelto alla numero otto e solidissima ala piccola da Arizona, che ha messo insieme cifre e partite interessanti nell'annata della rinascita di Mo Town. Un po' come Myles Turner che, dopo un infortunio alla mano, si è preso il ruolo di lungo di riferimento degli Indiana Pacers, mettendo in mostra un jumper estremamente affidabile e una buona maturità per i suoi diciannove anni. Cameron Payne, Trey Lyles e Kelly Oubre  Jr. si sono dovuti invece finora accontentare di qualche minuto qua e là nelle loro squadre, anche se i ruoli diversi (guardia, lungo, ala piccola) consigliano di seguirli individualmente nei rispettivi processi di crescita. 

Non pervenuti finora, sempre causa infortuni, Sam Dekker di Houston, e Kevon Looney, di Golden State, mentre avrà sempre più spazio Bobby Portis dei Bulls, entrato nelle rotazioni di Hoiberg per i k.o. di Noah e Mirotic. Praticamente mai visto Tyus Jones a Minneapolis (chiuso da Rubio e LaVine), ha confermato le aspettative Devin Booker, che ha approfittato dei problemi del roster dei Suns per emergere come tiratore eccezionale e guardia tutta da costruire, sia in difesa che quando c'è da mettere palla per terra in attacco. Tra i giocatori scelti al secondo giro (molti non hanno ancora debuttato Nba) da seguire Joseph Young di Indiana, esterno tra i più interessanti del vero sommerso Nba, quello che può farti passare da grande sorpresa a ospite fisso della D-League nello spazio di poche partite.