Brighton Beach, Brooklyn. Una comunità tirata su da immigranti originari della zona dell’ex Unione Sovietica tanto da essere chiamata “Little Odessa”. Migliaia di persone approdate negli States nella speranza di fare fortuna nel Paese delle opportunità. Un russo tra tutti negli ultimi anni è sbarcato sulle coste di Coney Island non cercando fortuna ma imponendo la propria. Parliamo infatti di Mikhail Prokhorov, ex magnate nel campo dell’estrazione di nichel e oro, multimiliardario, candidato indipendente alla presidenza della Federazione Russa e dal 2010 proprietario di maggioranza dei Brooklyn Nets.
Sembrano lontani i giorni in cui Pierce, Garnett e Johnson facevano saltare in piedi gli spettatori del Barclays Center. Infatti le notizie che tengono banco sono ben altre per quanto riguarda la franchigia newyorkese.
Partiamo dal 22 Dicembre scorso quando Prokhorov ha prelevato la totalità delle quote societarie dei Nets per 875 milioni di dollari, oltre all’acquisizione del Barclays Center per altri 825 milioni di dollari. Primo segno evidente della ventata di assolutismo che il russo è pronto a portare su Coney Island, un fattore da non sottovalutare per i futuri GM e allenatori della franchigia.
La prima vera scossa però si è verificata il 10 Gennaio scorso quando è cominciato il “cambio di stagione” in casa Nets: licenziato l’head coach Lionel Hollins e relegato a mansioni minori il GM Billy King. Al posto di Hollins, che non ha fornito prestazioni consone alle aspettative con un record di 10-17 fino a quel momento, è subentrato ad interim l’assistente Tony Brown il quale avrà questo ruolo fino a quando la dirigenza non avrà trovato il sostituto adatto.
Il principale candidato alla panchina dei bianconeri in questi giorni è stato John Calipari, attuale coach dei Kentucky Wildcats e che ha già rivestito il ruolo di capo allenatore dei Nets dal 1996 al 99 quando la franchigia era situata nel New Jersey, chiudendo con un record di 72 vittorie e 112 sconfitte.
Le condizioni di Calipari da parte del suo entourage per lasciare Lexington e tornare ad allenare in NBA pare siano state piuttosto altisonanti però: carta bianca sia nell’allenare sia nel dirigere la squadra oltre ad un compenso di 120 milioni di dollari garantiti in 10 anni. Richieste esorbitanti al momento anche per il magnate russo, non tanto per i soldi ma perché significherebbero affidarsi totalmente ad una persona, che non sia se stesso o il suo braccio destro Dmitry Razumov, per il prossimo decennio. Non proprio nei piani insomma, anche se lo stesso Calipari ha smentito tutto affermando di essere interessato solo alla conduzione dei suoi Wildcats, vista anche la recente estensione contrattuale che lo vede insediato a Lexington fino al 2022 per un compenso totale di 54 milioni di dollari.
I nomi successivi nella lista dei possibili head coach sono Tom Thibodeau e Mark Jackson, ma nessuno dei due sembra avere delle chance reali di ottenere il posto.
I veri problemi in casa Nets però sembrano essere altri: terzo peggior record dell’intera lega e impossibilitati a fare “tanking” dato che non potranno avere prime scelte fino al draft del 2019 a causa degli scambi, rivelatisi infruttuosi, che hanno portato a Brooklyn giocatori come Jason Terry, Gerald Wallace, oltre che i già citati Johnson, Pierce e Garnett in un tentativo di essere una contender per il titolo sin dalla nascita del progetto. Nella mischia c’è anche Andrea Bargnani, prima scelta assoluta al draft del 2006, relegato a pochi minuti in campo e con sempre meno considerazione da parte di tutto il mondo NBA, nonostante un europeo disputato ad altissimo livello in estate.
L’unica nota positiva sono i circa 40 milioni di spazio salariale da mettere in campo durante la prossima sessione di mercato che vedrà risultare free agent gente come Kevin Durant, Andre Drummond, DeMar DeRozan, Mike Conley (oltre che LeBron James, Dirk Nowitzki e Tim Duncan, fuoriclasse dal futuro scritto) tra gli altri. Non male per una franchigia che negli ultimi anni ha dovuto sborsare più di 120 milioni in luxury tax per aver ecceduto il limite salariale.
Prokhorov ha dichiarato che ormai il peggio è alle spalle, ma il pensiero di tutto l’ambiente NBA è che difficilmente si sarebbe potuto fare peggio.