Il Madison Square Garden negli ultimi anni è stato spesso teatro di clamorosi colpi di scena, in cui giocatori venuti dal nulla sono passati alle luci della ribalta in poco tempo attraverso le loro prestazioni, complici però le non proprio brillanti annate recenti vissute dai Knickerbockers oltre alla folla di giornalisti presenti ad ogni movimento dei giocatori della grande mela, capaci di idolatrare e criticare con la stessa facilità e a breve distanza tra le due cose.

Casi del genere si ricordano con Landry Fields, non pervenuto sui parquet NBA dopo l’exploit a New York e il passaggio a Toronto, il “pistolero” Steve Novak e Jeremy Lin che con la Linsanity aveva fatto impazzire tutto il mondo cestistico ma che, terminata l’euforia, è tornato ad essere considerato normale a Charlotte.

Quest’anno però sembra essere diverso grazie a Kristaps Porzingis, il giovane lettone su cui già si è scritto e detto tanto dopo sole 25 partite di regular season. In questo caso però non si tratta di un’analisi tattica o tecnica. Stavolta l’ennesima nota d’incredulità va al fatto che passo dopo passo si stia prendendo le luci dei riflettori. La proiezione verso un futuro da stella della franchigia newyorkese, in sostituzione di Carmelo Anthony, è evidente. E’ chiaro che l’uomo simbolo dei Knicks rimane l’ala uscita da Syracuse, come ha tenuto a precisare mettendone 37 nell’ultimo incontro contro Portland conquistando la vittoria in rimonta, però è palese che tutta l’attenzione si stia spostando verso la crescita del centro ex Siviglia.

La cartina al tornasole di questa situazione l’ha potuta dare la striscia di 3 partite in 4 notti giocate dai Knicks nell’ultima settimana contro Jazz, Kings e Trailblazers. In questi episodi Melo è stato chiaramente il go-to-guy della squadra, prendendosi la responsabilità dell’ultimo tiro (fortemente contestato per un fallo di Rondo tra l’altro) contro Sacramento e facendo quello per cui la dirigenza gli ha proposto un contratto da 124 milioni di dollari, ovvero segnare, contro Lillard e compagnia. L’attenzione mediatica però, mentre in passato è stata dominio assoluto del numero 7, si è spostata sul perché il lettone avesse reso così poco in queste uscite (5.7 punti e 4.3 rimbalzi). Risposta arrivata da Porzingis stesso che ha ammesso di aver patito molto gli spostamenti e il dover scendere in campo dopo nemmeno 24 ore.

“I guess my legs weren’t feeling as good as they should feel”

Problemi comuni insomma per chi si sta ambientando ad un livello del genere. E’ interessante però osservare come si stia verificando un lento processo di passaggio del testimone come in una staffetta di atletica leggera tra uno dei migliori prodotti della generazione lebroniana e il futuro WunderDirk del Baltico.

Quello che però interessa a Phil Jackson ed al venerabile maestro Derek Fisher è che l’asse Anthony-Porzingis funzioni per il bene della triangle offense (Kobe-Shaq/Gasol vi ricordano qualcosa?) e soprattutto per le sorti dei Knicks, vedendo anche com’è andata a finire con Stoudemire. Al momento i newyorkesi si trovano dodicesimi ad Est a 3 partite di distacco dall’ottava piazza e tutte le speranze di unimprobabile approdo ai playoffs passano dall’intesa tra la stella in maglia numero 7 ed il suo erede. Tutto quello che possiamo fare è augurargli “good luck young fella”.