Dopo esserci occupati dei giovani talenti italiani ed europei, è ora di fare le valigie e prepararsi alla traversata atlantica. Oggi andremo infatti ad analizzare i migliori rookie scelti durante il draft di quest’anno, facendo una provvisoria top 5 riguardante le statistiche, l’apporto dato alle rispettive franchigie e soprattutto l’impatto avuto in queste poche settimane di regular season, con occhio critico sempre rivolto alle aspettative riposte ai nastri di partenza.
5) Justise Winslow, Miami Heat scelto al n.10.
Sorpresa ma non troppo quella di trovare il prodotto di Duke vincitore l’anno scorso il torneo NCAA insieme con Jahlil Okafor. Infatti l’ala piccola classe 1996 era dato su tutti i mock draft come probabile scelta alla numero 5 da Orlando, la quale però ha deciso di deviare sul croato Mario Hezonja.
Eppure l’ex Blue Devil fa già sentire la propria presenza all’interno del roster dei Miami Heat, grazie a 28.7 minuti di media conditi da 7.3 punti, 5.3 rimbalzi e 1.4 assist. Il tutto considerando che prima del draft è stato costantemente visto come specialista difensivo che avrebbe faticato a reggere contro avversari del calibro di LeBron James e Kawhi Leonard.
E’ chiaro che questo ragazzo può stare stabilmente in questa lega: fisico già formato, doti atletiche indiscusse ma dovrà ancora lavorare sulla tecnica. Infatti la prima scelta è attaccare il ferro visto che non ha a disposizione un tiro solido come dimostrano il 23% da 3 e il 61% ai liberi. Il tempo però è dalla sua parte e avere Pat Riley oltre a uno staff tecnico di tutto rispetto alle proprie spalle aiuta e non poco.
4) Jahlil Okafor, Philadelphia 76ers scelto al n.4.
Direte voi: ma come? Maggior minutaggio tra i rookie della lega, quasi 20 punti e 8 rimbalzi di media e non è nemmeno sul podio? Domande legittime ma le ragioni che inducono a pensarla in questo modo sono che dall’ex Duke, dato dalla maggior parte degli esperti come probabile prima scelta al draft e giocatore più pronto ad affrontare questa lega, non stia rispettando appieno le aspettative. Infatti se offensivamente sta prendendo in mano le sorti di Philadelphia, non esattamente gloriose a dirla tutta, difensivamente mostra ancora molte lacune, specialmente in situazione di aiuto sui pick&roll e a rimbalzo, come dichiarato anche dall’head coach dei 76ers Brett Brow. In sintesi per permettere alla franchigia della Pennsylvania di ambire a qualcosa in più dei margini della NBA come accaduto negli ultimi anni, c’è bisogno di un apporto maggiore da parte della sua indubbia stella su entrambi i lati del campo, anche per spazzare via tutte le critiche ricevute sul fatto che sia un “soft player”.
3) Emmanuel Mudiay, Denver Nuggets scelto al n.7.
Storia particolare per lui: nato a Kinshasa, Congo e richiedente asilo negli States, considerato già a 17 anni come predestinato a calcare i parquet NBA, ha dovuto passare un anno di transizione in Cina prima di far avverare queste profezie. Già in queste prime battute di stagione possiamo facilmente capire il perché: 30.6 minuti, 12 punti, 4.1 rimbalzi, 6.4 assist, 1 stoppata e una rubata ad allacciata di scarpe. Ma i numeri non dicono totalmente l’impatto che questo ragazzo ha avuto sul roster del Colorado. Infatti già dal primo giorno ha preso le redini del gioco di coach Malone relegando un veterano come Jameer Nelson ad uscire dalla panchina. Certo ha ancora molto da migliorare, in primo luogo le troppe palle perse (4.5 a partita) e le percentuali al tiro modeste (31% dal campo e 27% da 3) nonostante i 13.8 tiri presi a partita ma è evidente che ci troviamo di fronte a un ragazzo destinato a far parlare di se negli anni a venire.
2) Karl-Anthony Towns, Minnesota Timberwolves scelto al n.1.
Medaglia d’argento per la prima scelta assoluta al draft 2015 uscito da Kentucky. Inizio di stagione solido con doppia-doppia di media da 15.4 punti e 10.5 rimbalzi di media condita da 2.1 stoppate in 28.9 minuti di utilizzo. Ha dimostrato ampiamente di essere un probabile All Star nel prossimo futuro nel ruolo di centro e quello che impressiona è che i suoi margini di miglioramento sono enormi. Se consideriamo un fisico già strutturato per questa lega (7’’ per 244 libbre), esplosività da vendere, entrambe le mani educate per conclusioni da distanza ravvicinata oltre a un 91% dalla linea del tiro libero che ne fanno un pivot eccellente, l’ampliamento del range di tiro in modo da renderlo più solido non può che farlo passare dallo status di ottimo giocatore a centro dominante.
Un altro tassello che potrebbe aggiungere molto in fretta è la visione di gioco dal post basso, con la possibilità di scarico fuori per creare superiorità numerica sfruttando i raddoppi che è destinato a subire. Quel che è certo però è che lo staff tecnico avrà molto materiale su cui poter lavorare, visto il talento straripante di questo ragazzo.
1) Kristaps Porzingis, New York Knicks scelto al n.4.
Come passare dalle bordate di fischi da parte dei tifosi della franchigia che ti ha appena scelto al draft ad applausi scroscianti ad ogni tuo canestro? Insegna il lettone classe 1995. Dopotutto se ti hanno più volte paragonato a una leggenda della palla a spicchi come Dirk Nowitzki un motivo ci sarà. E a quanto pare il motivo sembra non essere solo uno: altezza da centro, mobilità da ala, tiro da guardia vissuta, una combinazione letale per qualsiasi difesa. Queste caratteristiche lo hanno portato a collezionare minuti sempre crescenti all’interno delle rotazioni di coach Derek Fisher e statistiche davvero interessanti: 12.8 punti, 8.6 rimbalzi 1 stoppata di media in 25.3 minuti di media col 40.6% al tiro dal campo.
Capace di tirare da qualsiasi posizione come dimostra la shot chart, predilige un gioco perimetrale, allargandosi in situazioni di pick&pop e sparando oltre la linea dei 3 punti specialmente da “top of the key” ovvero dal centro.
Perché allora è stato fischiato così insistentemente a giugno al momento della sue entrata nel mondo NBA?
La risposta è nei dubbi verso il suo fisico, ritenuto troppo gracile per questa lega e l’assenza di fama all’interno dell’ambiente della Grande Mela, da sempre poco paziente e allo stesso tempo avido di risultati.
Il lettone però ha lavorato duro durante l’estate mettendo su chili impressionando molto lo staff tecnico dei Knicks per la sua etica del lavoro. Una delle sue prime dichiarazioni è stata: “Per me è un sogno essere qui. Posso entrare in palestra e allenarmi quando voglio senza sentire le lamentele del custode”. Solo per questo Kristaps si merita il gradino più alto del podio per questa particolare classifica.