Continua il viaggio di Vavel Italia nel fantastico mondo NBA e dopo aver dato uno sguardo nei primi tre episodi (1, 2, 3) alle squadre che fiancheggiano il lato Est della costa degli Stati Uniti d’America, è tempo di addentrarci maggiormente nel suolo americano (ma non solo) andando a scoprire le tre squadre del Nord-Est della carta geografica statunitense. Tre squadre del tutto diverse per fisionomia ed obiettivi stagionali, tre città completamente diverse per usi e costumi, abitudini e modi di vivere, accomunate soltanto dalla presenza di grandi laghi (Ontario, Erie e Michigan): ecco i Toronto Raptors, i Detroit Pistons ed i Milwaukee Bucks.
Toronto Raptors – E’ il momento di provarci
In Canada, dopo i buoni risultati della passata stagione, ci si è ritrovati davanti ad un quesito: diventare finalmente grandi e provare a fare l’ultimo salto - quello definitivo - verso la vetta oppure restare in un limbo di prestazioni e risultati sufficienti ma mai del tutto soddisfacenti? La pronta risposta al nostro dubbio sembra essere arrivata immediata dalle operazioni estive di Masai Ujiri che, dopo aver confermato l’ossatura della squadra dell’annata precedente rinnovando anche il contratto a Valanciunas, ha provato ad inserire nel contesto generale (quintetto e second unit) delle ciliegine che si spera possano far crescere il team allenato dal buon Dwayne Casey sia nella metà campo offensiva che in quella difensiva (vero tarlo della franchigia canadese della scorsa stagione). Inoltre, il GM ha provato ad imprimere alla squadra una maggiore identità nazionalista, inserendo in rosa giocatori di casa come Bennett e Joseph, che potrebbero servire a cementare ancor di più spirito e spogliatoio.
Non è un segreto che la front-line composta da Lowry-DeRozan-Valanciunas abbia fornito un apporto costante quando c’era da mettere la fronte verso il canestro, tuttavia dove c’era la necessità di intervenire era negli spot di ala piccola ed ala grande, dove sia Ross che l’onesto Amir Johnson troppo spesso hanno fallito. In tal senso sono arrivati all’Air Canada Center due lavoratori, all’apparenza gregari, di lusso, se non di più: nello spot di ala piccola, DeMarre Carroll è chiamato a guardare a vista i migliori attaccanti delle squadre avversarie ed al contempo garantire, così come era negli Hawks, un apporto costante e decisivo in attacco, dove è un ottimo uomo di sistema in grado di leggere le situazioni e colpire con il piazzato ed in penetrazione; nel ruolo di classica forward, invece, sono due gli innesti che dovrebbero completare il reparto con l’enorme lituano: Luis Scola ed Anthony Bennett, richiamato a casa, formeranno la combo che potrebbe garantire solidità ed esperienza oltre che gioventù ed atletismo, fermo restando però che bisognerà fare affidamento sulle rispettive condizioni fisiche che non sempre hanno garantito nel corso delle relative carriere. Quintetto ma non solo: dopo aver fatto scalare il buon Terrence Ross nella second unit dove potrà diventare finalmente decisivo, c’era la necessità di inserire nel sistema di gioco dei Raptors un vice-Lowry che garantisse, per sommi capi, le stesse caratteristiche tecniche della mente di Phila: Corey Joseph, in quest’ottica, è più di un rincalzo. Un giocatore abituato in un contesto vincente ad avere una mentalità ben definita in allenamento come in partita, senza considerare il forte spirito nazionalista che lo legherà alla nuova franchigia. Infine, il rinnovo contrattuale garantito a Valanciunas potrebbe finalmente far spiccare il volo al big-man lituano, chiamato a fare il definitivo passo verso la consacrazione, spostando definitivamente gli equilibri di una conference che sembra sempre più indirizzata verso l’Ohio.
In definitiva, il mercato sembra aver soddisfatto le esigenze di struttura e rotazione delle quali Casey necessitava. Adesso starà al coach trovare una chimica di squadra ben definita che possa attestare i Raptors come prima e vera outsider allo strapotere di LeBron James e compagni a Cleveland. Le possibilità ci sono tutte e qualora le condizioni fisiche e mentali dei vari DeRozan, Scola e Valanciunas dovessero collimare con la solidità mentale e di prestazione di Lowry e Carroll, in Canada se ne vedranno delle belle.
Milwaukee Bucks – E’ il momento di diventare grandi
La grande sorpresa, in positivo, della scorsa stagione, sembra pronta all’esame di maturità. Come spesso accade nel mondo dello sport, ma più in generale nella vita di tutti i giorni, confermarsi è sempre molto difficile: maggiori pressioni, dall’ambiente e dai media, maggiori possibilità di fallimento, mente molto più ingombrata da pensieri ed ansie da prestazione rispetto a quando, un anno fa, era completamente sgombra. Tuttavia, la terribile banda Kidd sembra essere finalmente giunta, in un processo di maturazione e di programmazione, al fatidico momento di trasformarsi da bella promessa a realtà vera e propria, attestandosi come una certezza in una Eastern Conference da sempre scevra di stabilità.
La precedente stagione ci ha regalato una squadra compatta e quadrata, costruita su solide basi di principi offensivi e difensivi, che spesso però ha peccato di esperienza e personalità. I risultati positivi dei Bucks sono arrivati nonostante il grave infortunio occorso all’uomo simbolo della rinascita dei cervi: Jabari Parker. Il lungo stop del prodotto dei Duke Blue Devils, però, è servito a responsabilizzare gli altri giocatori, che si sono esaltati nel contesto di gioco che Kidd ha costruito su misura per i vari Antetokounmpo e Carter-Williams. Confermarsi, dicevamo, sarà difficile, ma in estate John Hammond e Jason Kidd sembrano aver inserito in rosa quei giocatori chiave mancati nella scorsa edizione: da Toronto è arrivato Greivis Vasquez, playmaker della second-unit e, all’occorrenza, guardia che può tranquillamente fare da contraltare a Carter-Williams qualora dovesse necessitarne; da Detroit, invece, è arrivato il lungo che potenzialmente potrà far pendere la bilancia dalla parte dei Bucks: al posto di Pachulia è infatti giunto Greg Monroe, che finalmente avrà il pitturato tutto per se. Infatti, l’idea di Kidd potrebbe essere quella di giocare con quattro esterni (Antetokounmpo e Parker assieme alle due guardie), sfruttando l’incisività dell’ex Pistons sotto canestro per chiudere al ferro o aprire gli spazi agli esterni. Oltre al centro ex Pistons ed alla play-guardia venezuelana, è arrivato anche Chris Copeland, che si unisce ai confermati Bayless, Ennis, Middleton, Mayo, Henson e Miles Plumlee.
Il talento a disposizione di Kidd di certo non manca, starà all’ex playmaker trovare la giusta alchimia di squadra e le rotazioni che possano soddisfare in egual maniera tutti i protagonisti. Di certo, le possibilità di confermare il sesto posto della scorsa stagione, se non addirittura migliorarlo, ci sono tutte: l’obiettivo, anche se non dichiarato, è quello di superare le 41 vittorie ed il record del 50%. Da lì in poi, sognare qualcosa di più grande di un primo turno playoff potrebbe diventare finalmente lecito.
Detroit Pistons – E’ il momento di trovare una carta d’identità
La speranza a Motor City è davvero l'ultima a morire. Dopo l'ennesima stagione finita nel dimenticatoio, a Detroit non resta che sperare che i derelitti Pistons trovino quantomeno una chimica di squadre per chiudere degnamente la stagione. I tempi di Billups e dei Wallace sono oramai andati, quando Hamilton e Prince mettevano a ferro e fuoco le retine avversarie a suon di canestri e di spirito battagliero. Servirebbe davvero poco ad infiammare la tifoseria a dir poco delusa di Detroit, che persino la passata stagione, quando c'era poco da esultare, trovò in un rush di 15 partite la speranza, vana ovviamente, di andare alla postseason.
Tuttavia il gran via-vai che ha caratterizzato la scorsa annata sembra essere destinato, finalmente, a cessare. Stan Van Gundy ha deciso di ripartire da quelle poche certezze che gli restavano, ossia il trio Jennings, Jackson, Drummond. Stavolta però, almeno la costruzione di squadra sembra avere un senso: accantonato il trio di ali e centri che affollavano l'area dei tre punti ed il pitturato (Smith-Monroe più lo zero), stavolta al buon Andre sono stati affiancati giocatori perimetrali in grado di allargare spazi e lasciare margine di manovra al centro natio di New York: Marcus Morris (sebbene venga bollato come il meno dotato della famiglia) e Ilyasova completeranno il quintetto con l'ex play di Roma e Caldwell-Pope, andando a formare un discreto reparto offensivo, con qualche lacuna di troppo quando ci sarà da mettere spalle a canestro (in quel caso si spera che Drummond tappi l'anello). Dalla panchina pronti ad alzarsi Steve Blake, Jodie Meeks e Danny Granger, usato non del tutto sicuro sul viale del tramonto, oltre ad Aaron Baynes, chiamato a dimostrare il suo valore dopo la partenza da San Antonio. Tutte le speranze della second-unit, tuttavia, saranno legate alle zingarate dell'ex Thunder, che si dovrà sobbarcare la maggior parte delle iniziative in attacco.
Le speranze di playoff sono appese ad un filo sottilissimo, legato ancora alla eterna incertezza di una Eastern Conference che premia, a lungo andare, le franchigie che trovano una discreta quadratura del cerchio anche senza eccellere. Le qualità individuali dei giocatori potrebbero quantomeno permettere ai Pistons di provare a lottare per un posto alla post-season, anche se la lotta con Nets, Heat, Pacers, Bucks e Hornets sembra vederli ampiamente sfavoriti.