Siamo a Portland, Stato dell’Oregon, USA. È il 3 maggio 1996. Papà Arvydas stringe fra le braccia il suo nuovo figlio, Domantas. Sabonis è il centro dei Portland Trail Blazers, arrivato tardi alla grande ribalta della NBA. I motivi sono diversi, innanzitutto politici. Gli anni migliori, quelli in cui spiegava pallacanestro unendo incredibili doti tecniche (passatore, tiratore da ogni posizione) e fisiche (è alto 2.21) a discrete qualità atletiche, sono già passati. Nel 1988 aveva letteralmente preso in giro un giovane “Ammiraglio” Robinson alle Olimpiadi di Seul, eliminando gli USA in semifinale con la “sua” Unione Sovietica, che portò successivamente all’oro. In buona sostanza, tale affronto fu una delle ragioni per cui è nato il Dream Team di Barcelona ’92. Agli esordi trionfali con lo Zalgiris di Kaunas, avevano fatto seguito gli anni in Spagna, prima al Valladolid, poi a Madrid. L’Eurolega vinta con il Real nel ’95 è il punto più alto nella sua carriera di club. Quando i Blazers riescono a portarlo negli States, il Principe del Baltico ha 31 anni, è limitato da infortuni e dalla difficoltà di mantenere il peso corporeo, che gli ha fatto completamente cambiare fisionomia. Diverrà comunque uno dei preferiti della tifoseria, arrivando fino a gara 7 delle finali della Western Conference del 2000, perse inopinatamente contro i Lakers di Shaq e Kobe, all’inizio della nuova dinastia Gialloviola guidata da coach Phil Jackson.
Sabonis torna in patria per un’ultima stagione allo Zalgiris, laddove vince il premio di MVP dell’Eurolega nel 2004. Ritiratosi, entra nella Naismith Memorial Hall of Fame di Basket nel 2011. Oggi, è presidente della Federazione di basket lituana, e si coccola i talenti unici che l’ex Stato sovietico che si affaccia sul Baltico riesce di volta in volta a sfornare. Tra questi, c’è anche suo figlio Domantas.
Cresciuto nelle giovanili dell’Unicaja Malaga, dopo due stagioni fra squadra B, prima squadra ed esordi in campionato (il più giovane giocatore di sempre ad esordire per gli andalusi) ed Eurolega, decide comunque di non legarsi al club firmando un contratto professionistico. Il suo sogno è l’America. L’ha vissuta da bambino, vuole tornarci per sfondare dalla porta principale, ma facendo la giusta gavetta. Il passaggio, ci auguriamo per lui, intermedio, si chiama NCAA. Domantas non ha la stazza del padre (è 2.08 per 105 kg), ma ha un fisico ben strutturato ed atletico, giocando da Power Forward in appoggio ad un secondo lungo. Le qualità tecniche di Arvydas sono pressoché inarrivabili, ma Domantas riesce a ritagliarsi il suo spazio, come rimbalzista (è una furia quando attacca i tabelloni, soprattutto in attacco) e come affidabile realizzatore nel pitturato.
Lo nota l’Università di Gonzaga (la stessa alma mater, fra gli altri, dell’Hall of Famer John Stockton), offrendogli una borsa di studio e la possibilità di crescere all’interno del sistema degli Zags. Domantas gioca prevalentemente da sesto uomo, ma si dimostra di gran lunga il prospetto più interessante di una squadra che conclude la sua corsa al Torneo NCAA solo contro i futuri campioni dei Duke Blue Devils, alle Elite Eight. Nell’occasione Sabonis realizza 12 punti e colleziona 8 rimbalzi, in linea con le sue eccellenti medie da freshman di 9.7 punti, 7.1 rimbalzi e 66.8% al tiro. Coach Few teme che Domantas possa già tentare la carta NBA, e gli sconsiglia di rendersi eleggibile per il draft del 2015, incoraggiandolo a restare al college almeno un altro anno. Ma Domantas non ha nessuna intenzione di dichiararsi per il draft, ed infatti annuncia che resterà a Gonzaga anche per la prossima stagione.
Nel frattempo si prepara per l’Europeo di basket under 20. La Lituania non è tra le favorite del torneo. Riesce a qualificarsi per i quarti di finale solo all’ultima giornata del secondo round, battendo l’Ucraina ed approfittando della contemporanea, risicata vittoria della Germania sulla Repubblica Ceca, non sufficiente ai teutonici per ottenere il pass fra le migliori otto. È proprio contro l’Ucraina che Sabonis fa segnare un record clamoroso: 28 roboanti rimbalzi, conditi da 18 punti, 6 assist e 4 rubate (una in particolare, con schiacciata in contropiede, ha dato il via alla definitiva rimonta dei lituani, che hanno chiuso la pratica con un 70-57 meno netto di quanto si possa pensare).
Le medie di Domantas nel torneo sono da capogiro: 10.6 punti, 14.4 rimbalzi e 2 assist. Non sta tirando benissimo (è sotto il 40% e tira i liberi col 61.5%), ma sta letteralmente spazzando via i tabelloni e mostrando qualità da defensive stopper che gli torneranno molto utili al piano di sopra.
La Lituania affronterà i temibili serbi il 17 luglio, e potrebbe essere questa l’ultima partita del torneo per Domantas se tutto dovesse andare come pronosticato. Ma la Serbia è in leggero calo, e la sorpresa, a questi livelli, è sempre in agguato.
Sabonis, una volta conclusa la manifestazione, tornerà sui libri universitari e si preparerà per la stagione di college basket 2015-16, lontana ormai poco meno di tre mesi.
L’anno da sophomore ci dirà se il 2016 potrà essere il momento giusto per tentare il grande salto fra i pro americani. Siamo però certi che, come accaduto per il padre, Domantas non avrà fretta. Pur non avendo un talento comparabile a quello di uno dei migliori giocatori della storia del basket europeo e mondiale, potrebbe, paradossalmente, avere una carriera NBA più interessante, longeva e di successo di papà Arvydas. Intanto, il numero di maglia, l'11, è lo stesso del padre, a testimonianza dello splendido rapporto fra i due.
Per quanto ci riguarda, non possiamo fare altro che ammirare il suo sviluppo cestistico, augurandogli grandi successi con la Lituania, con gli Zags e, in futuro, tra i pro.