Va in scena al Toyota Center la gara-7 di una delle serie più controverse degli ultimi anni: ovviamente parliamo di Los Angeles Clippers – Houston Rockets.Il copione è qualcosa di già visto: i Clippers hanno la serie in mano sul 3-1 ma crollano psicologicamente e fisicamente in particolare regalando ai Rockets una gara-6 già vinta che evidenzia i problemi di immaturità di questa franchigia; ed eccoci qui per la seconda gara-7 consecutiva per la compagine losangelina.
A stupire è la partenza in quintetto di Josh Smith, assente non giustificato fino ad una buona prestazione in gara-6. L’inizio di partita e tutta la gara stessa non era difficile capire in che direzione sarebbe andata: difese molto molto allegre, tanti tiri specie da 3 punti e tante palle perse e così è stato: 15 palle perse in tutto nel primo quarto, in controllo dai parte dei padroni in casa complici soprattutto le disattenzioni offensive e difensive dei Clippers che portano le squadre alla prima sirena sul punteggio di 21-28 con protagonista il solito James Harden; emblematico il 10/25 FG da parte della squadra di Doc Rivers. Il secondo quarto vedi per ampi tratti un dominio da parte dei texani, con i Clippers in totale confusione: l’assenza di Chris Paul pesa tantissimo su una squadra che sembra non avere nessun altro schema se non quello di tiri da 3 a caso; la situazione muta quando Austin Rivers è costretto ad uscire per aver accumulato già 3 falli a metà del secondo quarto comportando il ritorno sul parquet del folletto con la maglia n°3; nonostante un Howard in doppia doppia ancora prima della fine del primo tempo ed un grande James Harden i Clippers riescono a concludere il primo tempo in svantaggio di soli 10 punti, rimontando un biggest lead di 17 da parte di Houston. Importante soprattutto dal punto di vista psicologico Chris Paul che prende e mette tiri esattamente nei momenti in cui c’è bisogno di fiducia, testimone di ciò il fatto che il playmaker di LA detiene un solo assist messo a segno fino a questo momento; Griffin risponde presente in fase offensiva scrivendo un 10+6+4 ma fa tremenda fatica in fase di non-possesso, dove appare piuttosto “distratto”.
Il terzo quarto si apre con un assolo di Chris Paul che trascina i Clippers fino al -3 nonostante continuino a fioccare le palle perse, quasi tutte cause scatenanti di contropiedi per gli Houston Rockets; è comunque una partita che vive di parziali e ciò ci viene dimostrato da un grande rientro dal timeout da parte della franchigia che fu di Hakeem Olajuwon che riesce a ritornare avanti di 9 punti tenendo i Clippers galleggianti in questo svantaggio. Importante notare come i Clippers vadano in Bonus con ancora 6:46 alla fine del terzo quarto, da notificare anche un Josh Smith che con fiducia si destreggia da dietro l’arco arrivando a segnare fino a questo momento, 15 punti; anche a causa della marcatura non certo impeccabile di Blake Griffin. Notevole a cavallo tra terzo e quarto quarto anche la prestazione di Pablo Prigioni con 3 palle rubate di un’importanza capitale nel portare gli Houston Rockets sul +20 ad inizio dell’ultimissima frazione della serie; la chiave del gioco dei Rockets è stata quella di non permettere a CP3 di mettere in ritmo i propri compagni, complici anche le percentuali non sfavillanti a cui LA non ci ha abituato finora. Il quarto quarto si rivela essere nient’altro che un trascinamento continuo verso il successo quasi inevitabile della squadra di coach McHale, con i Clippers che in ogni possesso offensivo cercano il loro salvatore in Chris Paul, che purtroppo, non è Dio. I Los Angeles Clippers pagano una stanchezza sia mentale che fisica; si rivelano una squadra ottima ma piuttosto limitata sia nell’aspetto psicologico alla partita sia nell’applicazione di concentrazione nei momenti che contano.
E’ soltanto la nona volta nella storia dei Playoff NBA in cui squadra riesce a rimontare dal 3-1 vincendo la serie, gli Houston Rockets incontreranno Steph Curry e compagni nella finale della Western Conference.