La palla rotola e non si ferma. Rimbalza sul parquet provocando rammarico e soddisfazioni a seconda del canestro che attraversa. Archiviato l’ All Star Game e conclusasi la feroce corsa agli armamenti mediante le trattazioni di mercato, per le squadre Nba è giunto il momento di focalizzare e mettere nel mirino l’obiettivo. Il più rinomato ed importante è certamente quello dei playoff. I giochi sono ancora aperti ma sbagliare diventa sempre più pesante. Cosa succede nella grande città a spicchi? Scopriamolo insieme.

CHICAGO BULLS

Otto mesi all’incirca per inseguire e tentare di raggiungere l’apice dell’ Nba, una settimana se non una partita per incrinare gli equilibri e complicare i piani preventivati. Brutta storia quella dei Chicago Bulls, alle prese con un momento poco felice. La franchigia dell’ Illinois nel giro di pochi giorni ha visto cedere inesorabilmente le colonne sul quale aveva costruito la stagione anche in prospettiva dello sprint finale. Derrick Rose prima, Taj Gibson poi e Jimmy Butler per concludere (e meno male avranno pensato i tifosi), sono i pilastri del grande sogno biancorosso costretti a rimanere ai box per problemi fisici conseguenti tempi di recupero diversi. Con buona pace di Thibodeau, oramai abituato in questi ultimi anni a dover fronteggiare assenze pesanti. Il ko per ovvie ragioni più fragoroso riguarda D-Rose. Il playmaker MVP del 2011 è dovuto tornare sotto ai ferri per intervenire sul menisco mediale del ginocchio destro. Lo stesso operato nel novembre del 2013, per un nuovo e tutt’altro che gioioso incontro con la sala operatoria. Tappa al quale il cestista di Chicago è stato costretto, per limiti differenti, a rispondere ben tre volte negli ultimi 35 mesi di carriera. La stessa che il numero 1 dei Bulls ha spiegato di voler riprendere prima del finale di stagione. Non c’è ancora una timeline, ma Rose ha già iniziato il programma di recupero speranzoso di poter dare una valida mano ai suoi compagni in vista della postseason. Un appuntamento che non vede la sua chiara impronta dal 2011 (nel 2012 solo 1 presenza prima dell’inizio del calvario). Rientrerà certamente prima Gibson, trattenuto in infermeria nell’ultima settimana per una distorsione alla caviglia destra, mentre per Butler i tempi appaiono incerti. Si parla di un mese di stop per la giovane guardia il quale ha alzato bandiera bianca a causa di un infortunio al gomito destro patito nel match di quasi una settimana fa con i Clippers. Scongiurata l’ipotesi dell’intervento chirurgico, il texano sarà valutato passo dopo passo nel percorso riabilitativo/fisioterapico al quale si sta già dedicando. Nella peggiore delle ipotesi, l’uomo attualmente più prolifico di Chicago (20.2 punti) rientrerà ad aprile inoltrato. Perso anche il talento della Marquette University, Thibodeau ed i suoi superstiti si trovano davanti un periodo di fuoco. Il calendario di questo mese non sorride con il doppio confronto con Toronto, il match della prossima settimana con Oklahoma, e gli imminenti due impegni ravvicinati con San Antonio e Memphis. La classifica di Est infine, raccomanda bassi margini di errore: i Bulls sono infatti impegnati in una corsa serrata verso il secondo posto insieme alle tenaci Toronto e Cleveland. Occhi puntati pure su Washington, più distante ma comunque pronta ad inserirsi nella lotta. Un piano d’emergenza potrebbe virare sul mercato che presenta situazioni valide in chiave free agent. Nate Robinson scaricato da Denver, sarebbe entusiasta di ritornare allo United Center. Ronnie Brower e Mike James sono gli altri nomi che bollono in pentola. Comincia la vera salita.

DENVER NUGGETS

I Denver Nuggets hanno scelto di cambiare volto, perché la franchigia del Colorado non si riconosceva più. Il primo passo è già avvenuto con il licenziamento di Brian Shaw. Un divorzio che a dirla tutta era nell’aria da tempo. L’ex assistente dei Pacers, era sbarcato nella Western Conference con un curriculum di tutto rispetto. Il suo ottimo lavoro ad Indianapolis come assistente di Vogel era stato un biglietto da visita sufficiente a convincere i vertici gialloblu delle sue capacità che avrebbero aiutato a rilanciare il team dopo il licenziamento di George Karl. Buone speranze e grandi aspettative dissolte inesorabilmente nell’arco di 56 vittorie e 85 sconfitte. “ Ringrazio tutta la famiglia Nuggets, il GM Connelly, i giocatori ed i tifosi del periodo trascorso insieme. – ha fatto sapere per mano del suo agente l’ex tecnico - Il tempo ed i sacrifici consentono ad un club di lottare per qualcosa di importante. Solo un progetto tecnico multilaterale, condiviso da tutti gli organi del gruppo mirante lo stesso obiettivo permette di cogliere i risultati. Sono orgoglioso del mio staff ed auguro a Denver un futuro migliore “. Un saluto composto, nel quale Shaw richiama alla coesione dell’ ambiente, considerato elemento cardine per ogni riuscita. La compatezza è il punto critico nel matrimonio appena evaporato, mentre le voci sul pessimo impatto del coach sulla squadra si sprecano. Entrambe le parti sono uscite sconfitte, ma intanto i Nuggets hanno voltato pagina grazie alle due vittorie di fila con l’assistente tecnico promosso ad interim Melvin Hunt. Un doppio sorriso latitante da inizio gennaio, che ha rinfocolato le teorie sullo scarso feeling tra spogliatoio ed il vecchio allenatore. Da sottolineare l’atteggiamento grintoso con la quale Denver ha piegato Milwaukee, nel primo atto senza Shaw, con i 26 punti di Danilo Gallinari. Massimo stagionale del Gallo che a dicembre aveva esplicitato le sue incomprensioni con le linee tecniche di allora: “ Non so perché non gioco, ma credo che la mia situazione non cambierà ” aveva raccontato ai media. Quello all’ombra del Pepsi Center si profila comunque uno scenario fitto di punti interrogativi. Naufragato anzitempo la meta post-season, in Colorado sono chiamati a ripristinare un nuovo piano societario, a partire dal ruolo dell’allenatore. I nomi non mancano: Mark Jackson, Alvin Gentry, Avery Johnson, Vinny Del Negro (scartato già nel 2013) ma soprattutto la suggestione Mike D’Antoni sono le piste più accreditati per la panchina. Il compito adesso passa alla dirigenza chiamata a decidere quale futuro riservare all’ambiente Nuggets.

INDIANA PACERS

“ Il meglio deve ancora venire “ è il motivetto che anima i Pacers di questo momento e come dargli torto? Con una seconda parte di 2014 trascorsa fra le acque stagnanti, il futuro della franchigia di Indianapolis sembrava destinato all’anonimato dell’ Est. Conference nel quale si sono distinti in positivo negli ultimi anni. Il brutto infortunio di agosto di Paul George, riferimento per eccellenza della squadra si era poi presentato come un campanello d’allarme. Il segnale per una stagione di transizione confermato dall’addio di Stephenson, ma il meglio doveva ancora venire. L’ Indiana di marzo è una lontana parente di quella del periodo dicembre- gennaio (10-22) merito di un’infermeria che ha smesso di creare problemi a Vogel (C.J. Miles, Stuckey, Watson, Mahinmi e Hill i più colpiti), costretto a designare 14 quintetti diversi dall’inizio della stagione e della fiducia nei propri mezzi ritrovata dal collettivo non più incerottato. “ Eravamo in grosse difficoltà, sembrava stessimo crollando pezzo dopo pezzo – spiega Luis Scola –Poi finalmente abbiamo iniziato a recuperare i nostri uomini, abbiamo ritrovato il bel gioco ed infine le vittorie. “ I Pacers matatori del 2013-14 sono in universo parallelo, ma il ritorno alla miglior forma costituisce la rampa di lancio per la rincorsa ai PO(specie sulla costa Atlantica). Agganciati di recente, ai danni di Miami, grazie ad un filotto di 4 trionfi di fila. Battendo chi ti precede, la fiducia aumenta: “ Tutti noi siamo convinti dei nostri mezzi, i playoff sono alla nostra portata proprio perché siamo ancora tra i top club di East – ha dichiarato Hill dopo il successo su Cleveland – Nonostante quello che dice il nostro record negativo noi ci siamo “. L’impresa di un tempo è tramutata in missione possibile, nonostante l’assenza di George, tornato ad allenarsi gradualmente con il resto della squadra, il cui ritorno non è stato ancora definito. Frank Vogel che conosce bene il valore del suo numero 24, preferisce focalizzarsi sulla sua truppa piacevolmente ritrovata: “ La nostra idea di gioco ed il nostro atteggiamento non sono legate al recupero di George. Lavoro con il materiale disponibile com’è giusto che sia. – aveva detto qualche settimana fa l’allenatore - Se dovesse recuperare per questa stagione ben venga perché con lui il salto di qualità è garantito. Ma sul rientro è presto per parlarne. E’ doveroso considerare chi si ha prevalentemente a disposizione. “ Ad Indiana è già tornato in qualsiasi caso il sole ed il meglio (forse) deve ancora venire.

MEMPHIS GRIZZLIES

”Vincere questo riconoscimento è qualcosa di davvero importante, è speciale. Non mi aspettavo di essere scelto come il migliore di tutti. Ringrazio chi ha creduto in me". Così parla Marc Gasol ai microfoni de Gazzetta.it in occasione della consegna del titolo di miglior giocatore europeo 2014. Il centro catalano, che nella manifestazione organizzata dalla Rosea ha preceduto Tony Parker e Dirk Nowitzki, è un concentrato di affidabilità e vigoroso apprendimento. Di strada ne ha fatta, tanto da non essere più additato come “il fratello di…”. A suo agio in difesa, reattivo nella visione del gioco e spietato in attacco è logicamente il migliore prodotto che il Vecchio Continente possa proporre in Nba. Memphis è la sua casa, da cui potrebbe decidere di separarsi nella prossima estate (in ribasso le quotazioni di New York) ma con il quale sogna l’impresa: “ Possiamo giocarcela con tutte. I Warriors? Sono bravi, tra le migliori della Lega, ma è difficile dire chi è la più forte. Molto dipende dal momento, c’è chi rallenta nella fase regolare e poi dà il meglio ai playoff. Come vedo le finali di Conference? Non posso escludere la mia squadra. Da noi prevedo un Memphis – San Antonio, mentre ad Est dico Chicago – Miami “. Magari con una sfida tra fratelli nella serie più importante della stagione. Coach David Joerger, reduce dal trionfo sui Rockets grazie al canestro vincente proprio di Gasol, vede girarsi le porte del mercato grazie all’arrivo, mediante contratto biennale parzialmente garantito, di JaMychal Green, promosso dopo due decadali. “ Questa ala ci ha stupito per le sue grandi potenzialità – ha confessato il GM Chris Wallace – Era quello che cercavamo, ci ha colpito dal punto di vista umano. E’ un ragazzo umile, lavora bene ed è già in sintonia con il gruppo. “ Collettivo notoriamente granitico che ha subito qualche venatura nei giorni scorsi con il caso Tony Allen. Il lungo non è stato convocato per la sfida settimanale contro gli Utah Jazz, per motivi disciplinari. Alla base dell’esclusione un alterco durante l’allenamento con Calathes degenerato poi con lo staff tecnico. Rientrato il caso con le scuse del cestista, la franchigia ora si prepara a vivere le battute cruciali del campionato all’insegna della lotta serrata: siamo ad Ovest man!

OKLAHOMA CITY THUNDER

Westbrook Westbrook e ancora Westbrook. Sarebbe più corretto scriverlo un’altra volta così da evidenziare al meglio le quattro triple doppie consecutive che hanno illuminato gli ultimi trascorsi del play californiano. Indiana, Phoenix, Portland e Philadelphia i palcoscenici che gli hanno consentito di eguagliare quanto fatto da sua altezza Michael Jordan nel 1989. Nemmeno la frattura allo zigomo destro rimediata in Oregon, è riuscito a frenare l’estro della Ninja Turtle che divide gli appassionati e fa parlare. Vivace, incontenibile e portentoso per alcuni. Esagerato, egoista, irresponsabile per altri, i quali rafforzano la loro tesi con l’ ingenuità commessa giovedì notte. Dove ad un passo dalla sirena RW spreca l’ultimo possesso finendo con il piede sinistro sulla linea laterale. “ Avrei dovuto passarla ad Ibaka – riconosce l’uomo mascherato a fine gara – Ho commesso un grave errore “. Sfumata la terza vittoria di fila, i Thunder si sono rimessi subito al lavoro dato che il tempo scorre e la dispendiosa lotta all’ultimo posto valido per accedere alla fase più importante della stagione non conosce pause. I New Orleans Pelicans sono ad un sola vittoria dai fulmini, in grado fin qui di fronteggiare la minaccia di Anthony Davis e co. grazie soprattutto al suo uomo più discusso: Russell Westbrook naturalmente. Il cestista più in forma dell’ Nba, come confermato dal quartetto di partite di cui sopra e dalla nomina di miglior giocatore del mese di febbraio della Western Conference. Un occhio al campo ed un alla lista dei degenti per Oklahoma la quale nutre grande attesa per il rientro di Kevin Durant, fermatosi da fine febbraio per un altro intervento al piede destro. L’ MVP 2014 della regular season ha promesso di rientrare prima della fine della stagione, facendo tirare un sospiro di sollievo ai tifosi ed al suo allenatore, premiato anche lui a febbraio con la palma di migliore allenatore del mese. Nel lungo sentiero per acciuffare il 28esimo pass utile per vivere il sogno dell’anello, c’è la speranza di poter fare di nuovo affidamento su Steven Adams. Cresciuto sensibilmente rispetto al suo anno da matricola e vicino al rientro dopo l’operazione alla mano.