Se cercate in un qualsiasi dizionario la definizione del termine talento, approssimativamente la risposta è: “ L'inclinazione naturale di una persona a far bene una certa attività. “ Qualora però l’illustrazione del manuale non vi abbia soddisfatto e siete alla caccia di una prova empirica, allora è il caso che prenotiate un soggiorno in Oregon, precisamente a Portland. Nella città che si affaccia sull’Oceano Pacifico il talento è di casa. Tante le figure di spicco internazionale che qui ne hanno preso i Natali. Dal regista Gus Van Saant, autore del film “Will Hunting – Genio Ribelle” interpretato da un giovane Matt Damon e dal compianto Robbie Williams, al mondo del fumetto che ha sfornato diversi talenti, tra cui Matt Groening papà de “ I Simpson “, senza dimenticare la scienza e la letteratura, con Linus Pauling; vincitore di due premi Nobel per i suoi lavori nel campo della chimica e Chuck Palahniuk scrittore ed autore del best-seller Fight Club. Anche il basket Nba può dire la sua: nella contea di Multnomah è nato e cresciuto Erik Spoelstra, tecnico dei Miami Heat e sempre da qui è decollato il progetto dei Portland Trail Blazers.
Era il 1970, l’Nba cresceva ed una cordata di imprenditori, decise di sborsare una cifra vicina ai quattro milioni di dollari per l’iscrizione dei Portland Trail Blazers. I primi anni poco proficui a livello di risultati di squadra furono preziosi per i giovani cestisti reclutati dal Draft, come Petrie e Wicks. Successivamente ad un periodo all’insegna dell’adattamento nel nuovo mondo, i Blazers il cui nome fu scelto per mano dei suoi tifosi (componente chiave nella storia del club) riuscirono a ritagliarsi un proprio spazio. Merito di un affinità sempre maggiore tra gli elementi del roster, che aggiunse - sempre via College - al suo interno la stella Bill Walton. Una serie di fortunati eventi ed una splendida condizione fisica di quest’ultimo regalarono poi a Portland nel 1977 il primo e unico titolo della storia. La stagione dell’allora team guidato da Jack Ramsay aveva spinto a ritenere possibile la nascita di una nuova dinastia cestistica, sulla falsa riga di Celtics e Lakers. Niente di più falso. Perché Walton, trascinatore nella stagione precedente dell’anello, perde l’ultima fase della season per infortunio, lasciando i suoi compagni in balia delle difficoltà. A complicare le cose ci pensa il Draft di quello stesso anno. Quando coach Ramsay preferisce Mychal Thompson ad un certo Larry Bird. E’ la prima crepa di un rapporto fin lì ameno tra Portland ed il Draft, destinato a sgretolarsi nel divenire. Nell’ incontro del 1984 tra le università e le squadre Nba, infatti, i giocatori in vetrina sono molti. I Blazers sparano la cartuccia della prima scelta verso Sam Bowie, centro di belle speranze, a scapito di Michael Jordan, Charles Barkley e John Stockthon. Cosa abbiano combinato i tre bocciati è cosa nota. Così come il percorso della franchigia, sempre presente nell’Olimpo dei playoff negli anni ’80, ma mai così in forma da poter competere per qualcosa di più blasonato della semifinale. Con il cambio di proprietà, avvenuto nel 1988, si apre uno scenario delicato. Problemi all’interno dello spogliatoio suggeriscono il licenziamento del tecnico Schuler, delegittimato nel corso della stagione 88-89 a favore di Rick Adelman. Con il tecnico californiano, i Blazers conquistano l’accesso alle Finals per due volte, perse rispettivamente con Detroit Pistons e Chicago Bulls, intervallate nel 1991 dalla miglior regular season della storia del club (63-19). Sembra essere tornato il sole sulla franchigia dell’Oregon, che continua a fare incetta di postseason abbandonate nelle prime battute. Ecco di nuovo una scossa, la reputazione del team viene messa in discussione ad inizio terzo millennio, è un periodo nero dove non mancano risse tra compagni (Sabonis - Wallace) , l’approdo di giocatori denunciati per reati a sfondo sessuale (Patterson) e condanne per possesso di droga per altri (Stoudemire, Woods e l’indisciplinato Wallace). Il Presidente Bob Withsitt capisce di aver fallito e si mette da parte. Spetta a John Nash l’opera di depurazione del team, che coincide con la mancata qualificazione ai playoff nel 2003/04 dopo ventuno anni di onnipresenza. Nel 2006 inizia ufficialmente il nuovo corso, sbarca da Chicago l’ala LaMarcus Aldridge ed arriva la guardia Brandon Roy, pedine funzionali in un roster di buon calibro. Il Draft del 2007 conferma la pessima relazione di Portland nella scelta dei talenti, visto che preferisce Greg Oden, considerato l'erede di Shaquille O’Neal, ma fuori dal progetto dopo 82 partite, all’ala Kevin Durant. Tuttavia il karma regala un’altra possibilità alla Rip City nel 2012, quando la sesta scelta al primo giro consegna al neo arrivato Terry Stotts, il playmaker Damian Lillard, ad oggi eroe della tifoseria.
QUI PORTLAND - Quintetto: Damian Lillard, Wesley Matthews, Nicolas Batum, LaMarcus Aldridge, Robin Lopez. Poche storie, i Portland Trail Blazers sono tra le
pochissime del panorama Nba a non aver cambiato i propri connotati. Il motivo è semplice: se per le squadre alla ricerca di se stesse la ragione è dettata dal tanking, all’ombra del Moda Center è stata la prova di un gruppo unito e della conseguente intesa acquisita nel corso del’anno ad aver decretato una sorta di immobilismo in chiave mercato. Con le doverose precisazioni, la linea guida tracciata dalla società dell’Oregon è molto simile a quella dei campionissimi dei San Antonio Spurs. Simile si, ma non del tutto uguale. Operazioni, seppur di contorno, sono state compiute dagli uomini mercato del team. Lasciato partire senza rimpianti Mo Williams, la società ha puntato forte sull’esperienza ed affidabilità di Chris Kaman e Steve Blake. Il centro del Michigan, partito molto bene in questa preseason, avrà il compito di non sfigurare nel cruento duello con il collega di reparto Robin Lopez, stimolato anche dal fatto di essere giunto in una squadra costruita per i playoff, come non gli succedeva da tempo(unica apparizione postseason con i Clippers nel 2006). Sei invece le apparizioni in carriera di Steve Blake nella seconda fase della stagione, l’ultima con Golden State lo scorso anno. Appare chiaro come il biennale firmato a luglio non significhi un semplice premio fedeltà. Se il playmaker ha scelto di tornare per la terza volta nella Rip City, sa anche a cosa va incontro. Per scalare le gerarchie di Stotts, che ha chiuso la recente annata con il quintetto titolare più utilizzato delle Lega, dovrà lavorare duramente. Superati definitivamente i guai al gomito destro, la piazza si aspetta grandi cose da lui.
LA COPPIA CHE VALE - La brillante cavalcata compiuta nel 2014, ripartirà soprattutto con il contributo di Damian Lillard. Il fiore all’occhiello della squadra dell’Oregon è senza dubbio il cestista di Oakland. La sesta scelta al primo giro Draft del 2012, incarna in pieno i valori della sua squadra: frizzantezza, briosità e volontà di crescere. Una proprietà non da poco, riscontrata anche dal GM Neil Olshey, che ha recentemente esercitato l’opzione sul quarto anno di contratto del giocatore. Con l’esperienza della guardia, Portland si è rivelata ancora una volta la piazza ideale per la formazione dei giovani. Ad avvalorare la tesi c’è il premio Rookie of the Year del 2013, e la crescita nei numeri raccolti nello scorso campionato. Meno minuti giocati ma maggiore produzione offensiva (2013 19.0 – 2013 20.7), una media nel tiro da tre punti superiore all’intero parco giocatori Nba (34.9 contro il 39.4 del n° 0 ), senza dimenticare la prima convocazione All-Star Game. L’adulazione dei supporters nei suoi confronti è poi lievitata esponenzialmente dopo il Buzzer-Beater siglato nella gara chiave dello scorso primo turno playoff contro gli Houston Rockets. Una tripla letale, utile per chiudere la pratica con i texani ed accedere al secondo step della postseason come non accadeva da quattordici anni. Al suo fianco ci sarà LaMarcus Aldridge, simbolo della rinascita Blazers e reduce dalla sua miglior annata in carriera con una media di: 23.2 punti, 11.1 rimbalzi e 2.6 assist. Il motore della Rip City sono loro due, al tecnico Stotts il compito di tirare fuori - ancora una volta - il meglio da questo brillante duo.
COSI' IL FUTURO - La missione della franchigia è quella di ripercorrere le tappe affrontate nel 2014, con il desiderio se possibile di raccogliere qualcosa in più. In una Conference così difficile e combattuta come quella di Ovest, non sarà facile navigare con continuità nelle zone alte della classifica. Alle arcigne concorrenti della scorsa annata, è poi d’obbligo aggiungerne una nuova, ossia i Dallas Mavericks. Sarà importante per R.Lopez e co. partire con grande ordine e fame di riscossa, così come fecero proprio un anno fa. Le undici vittorie di fila messe a referto nel mese di novembre, funsero da biglietto da visita per quella che sarebbe poi stata la migliore annata del terzo millennio. Prematuro soffermarci sui playoff, ma è chiaro che la sonora lezione impartita in semifinale dai San Antonio Spurs ha inorgoglito l’intera organizzazione, assumendo il valore di punizione pedagogica. Adesso è giunto il momento delle conferme, Portland va incontro al suo destino consapevole dei propri mezzi a testa alta, ora può.