ORIGINI- Essendo italiani quando si legge la parola Nuggets è inevitabile, siamo onesti, andare a tirare fuori i celebri "pollini" di Mc Donalds. Tuttavia gli ex Denver Rockets, decisero di cambiare il proprio soprannome in Nuggets, ovvero "pepite", poichè il Colorado si trova in una regione ricca di miniere d'oro. Coloro i quali si aspettavano una storia fatta di polli famosi che giocano a basket rimarranno delusi, ma la vita va avanti.
IL RECENTE PASSATO- A tal proposito, introduciamo il concetto del "there's no such thing as gratitude" forse quello più chiave quando si parla di NBA e tutto quello che le sta intorno. Primavera del 2012, Colorado, Denver. Gli uomini di George Karl stanno disputando una Regular Season unbelievable, a ridosso delle superpotenze Oklahoma City e San Antonio Spurs nella Western Conference. I Playoff sono ormai ad un passo, le aspettative e le speranze sempre più alte. Questo, a detta di tutti, è il miglior momento della franchigia da quando Carmelo Anthony è partito per la "grande mela". La macchina che sembrava perfetta tuttavia si inceppa: il primo passo è quello dell'arrivederci al parquet di Danilo Gallinari, uomo da 16 punti a partita, vera e propria chiave della manovra offensiva. Denver cercherà di riprendersi ai Playoff, ma l'altra favola della Lega, quella dei Golden State Warriors, ha la meglio e si concludono così prematuramente i sogni di gloria degli azzurri del Colorado. George Karl fa quello che può, anzi fa molto di più, guadagnandosi con pieno merito l'award di Coach of The Year. Bello, bellissimo. Peccato che un paio di secondi dopo la dirigenza lo lascia a casa, per far spazio a Brian Shaw. Non sarà mai chiaro cosa sia successo tra Karl e la dirigenza, la cosa più probabile è che altro non sia che nothing but business, dopotutto questa è l'NBA, prendere o lasciare. Il nuovo allenatore non vince certo la lotteria accettando l'incarico, perchè come detto, quello del Gallo, il quale è costretto ad operarsi nuovamente a causa di una precedente diagnosi errata, è solo il primo di una serie infinita di infortuni che tagliano letteralmente le gambe a metà squadra: JaVale McGee, Chandler, Lawson, Nate Robinson e, soprattutto, Kenneth Faried, uno dopo l'altro si vanno ad accomodare in infermieria, rendendo pressochè impossibile a Shaw qualsiasi tipo di miracolo Playoff. Denver finirà la stagione da undicesima ad Ovest, con appena il 44% di vittorie.
DAYS OF FUTURE PAST- Mentre le squadre più blasonate si davano battaglia in una delle migliori versioni Playoff dell'ultimo millennio, in Colorado ci si infila infradito e costumino sin da maggio. Il periodo di invisibilità continua con la sessione del Draft, nella quale i Nuggetts non sono stati altro che spettatori.
26 giugno 2014, Colorado, Denver. Senza nessun preavviso arriva il primo colpo dal mercato: il ritorno di Arron Afflalo. La shooting guard torna all'ovile dopo la parentesi agli Orlando Magic, nella quale ha ben figurato nonostante una compagine senza alcun tipo di obiettivo, registrando i suoi carear highs sia per quanto riguarda la realizzazione con 18,2 punti di media a partita, sia per gli assist diventati 3,4. In Florida vanno Evan Fournier e la 56esima scelta protetta del Draft, la quale si rivelerà essere niente di meno che Roy Devyn Marble.
Il mercato delle trade si apre e si chiude così, d'altra parte, in una squadra dove non c'è un vero e proprio franchise man è difficile imbastire qualsiasi discorso con qualcuno, e la riprova è che Denver è una delle due o tre squadre della Lega che non si è mai interessata a nessuno dei big costless agents di questa estate.
Quando non hai gli uomini per fare mercato, l'unica cosa che resta da fare è concentrarsi su quel che si ha in casa. I Nuggets sono fortunati, perchè il potenziale del proprio locker room è devastante. Così come dalle fenici, uno ad uno tutti gli infortunati risorgono dalle ceneri, tornando ad allenarsi a pieno ritmo, pronti a partire sin dal primo giorno di Training Camp.
IL QUINTETTO- PG: Ty Lawson, SG: Arron Afflalo, SF: Danilo Gallinari, PF: Kenneth Faried, C: JaVale McGee.
Lo starting five a disposizone di Brian Shaw ha un obiettivo minimo, ovvero quello di tornare ai Playoff, ma non ha un obiettivo massimo. Inutile creare false speranze o gettare fumo negli occhi ai tifosi, questa squadra può e deve sorprendere, ma ci vorrà del tempo, forse più di quanto crede la gente che sta attorno a questo team. Il ritorno di Danilo Gallinari è sicuramente la notizia più bella che il basket italiano potesse ricevere, specialmente dopo un orgoglio nazionale ritrovato grazie agli exploit di Belinelli con la maglia degli Spurs. Dopo aver viaggiato nella sua ultima stagione con una media di 16,2 punti, 5,2 rimblazi e 2,5 assist, il bell'italiano nato l'8/8 dell'88 aveva sfiorato l'All Star Game, prima dell'infortunio. Come da lui stesso dichiarato, l'obiettivo principale della stagione che verrà sarà quello di tornare a quel livello, per poi non fermarsi più.
La velocità ed il dribbling di Lawson e Robinson, la potenza sovrumana di Faried e Hickson, le triple di Gallinari, Foye e Afflalo, la maturità tattica di Gallinari, Chandler e Mozgov, le stoppate e l'imprevidibilità di McGee: questa squadra può contare su ogni singola di queste caratteristiche. La parte più difficile tuttavia, sarà quella di metterle tutte a disposizione del gruppo e non del singolo, aspetto tutt'altro che facile da mettere a punto. Un altro aspetto molto importante che dimostra il potenziale di questo roster è dato dall'anagrafica: Tutti i giocatori sono ora nel loro prime delle forze, viaggiando tutti intorno ai 26-28 anni., addirittura 24 nel caso di Faried.
UOMO CHIAVE- Non ce ne vorranno tutti gli italiani ma l'unico atleta in grado di cambiare radicalmente le sorti di questa franchigia è uno ed uno solo: Kenneth Faried.
The Manimal è tornato bene e forse meglio di prima. Ripresentatosi ai nastri di partenza della spedizione americana ai Mondiali spagnoli, l'Mvp 2013 dell'All Star Game tra rookies e sophomores, si è conquistato con la forza un posto nel quintetto di Coach K, al fianco di Anthony Davis. Pur essendo gigante come una montagna, il suo fisico è propenso alla velocità sfidando ogni sorta di legge fisica, permettendogli così di giocare da puro 4 o, all'occorenza, addirittura da small forward. Nonostante i tanti dubbi e le pressioni che il Team Usa aveva contro, Faried è stato uno dei trascinatori all'inevitabile medaglia d'Oro. I Nuggets avranno bisogno di lui come uomo a tutto campo, specialmente in transizione difensiva, uno degli aspetti sul quale Coach Shaw dovrà lavorare maggiormente.
OBIETTIVI- Come detto in precedenza questa squadra ha prima di tutto l'obiettivo di rimanere sana, di preservare i propri atleti così da poter ambire a quacosa di importante a fine anno. Tornare tra le prime 8 dell'Ovest è sicuramente la prima battaglia da conquistare, ma per vincere la guerra ci sarà bisogno di una condizione atletica di squadra più che eccellente. Il Pepsi Center, dall'alto dei suoi 19'155 spettatori, sarà come sempre l'uomo in più.