La NBA è, ad oggi, la lega che incarna nel migliore dei modi il concetto di entertainment league. Sviluppata secondo le idee teorizzate dall'avvocato David Stern, la lega dell'intrattenimento si pone gli obbiettivi di divertire il pubblico mantenendo un impronta professionistica e competitiva. Oltre alle varie regole create ad-hoc, come i tre secondi in area o la negligenza sui passi, la NBA tenta di sfruttare i vari frontman che ne calcano i parquet rendendoli uomini copertina e testimonial del prodotto che la National Basketball Association fornisce.
Nel novero dei giocatori copertina rientra sicuramente James Harden Jr. Nell'ultimo quinquennio, grazie alla militanza negli esuberanti Thunder ed alla folta barba, Harden ha saputo presentarsi come vero e proprio giocatore di culto ai fan di tutto il mondo, unendo alle proprie qualità cestistiche un vero e proprio status di personaggio globale. In un intervista, condotta con il comico Pete Holmes, Harden ha dichiarato che un eventuale fallimento nel basket lo avrebbe condotto ad una carriera da cantante rinunciando a quella di profeta, sicuramente nelle corde del cestista come dimostra la folta peluria. Ed è proprio questo lato comico a rendere Harden un personaggio vincente, questa continua voglia di mettersi in gioco e di prendersi in giro come racconta per l'ennesima volta uno spettacoloso spot foot locker dove James mette in mostra il suo personalissimo concetto di "vero talento" davanti ad un attonito Stephen Curry.
Come si diventa Barba?
L'infanzia dello statunitense verte tutta sulle spalle di Monja Willis, la madre di Harden. Difatti il padre, omonimo di James, dopo un onorata carriera nella marina militare perderà la bussola, alternando alcool ad occasionali reclusioni in cella, creando così l'imbarazzo nel cestista che ancora oggi rifiuta di inserire l'appellativo Junior di fianco al suo nome. Harden nasce a Los Angeles ed è sin da tenera età uno sfegatato tifoso di UCLA, college-team dove milita il suo idolo Jason Kapono, terrificante tiratore da dietro l'arco dei sei e settantacinque e futuro giocatore NBA. James vive la propria adoloscenza al Rancho Dominguez di Los Angeles, dove si dimostra un ottimo atleta, seguendo la falsariga del fratellastro Akili Roberson Quarterback per Kansas nel 1997. Vi è però la seria e concreta possibilità che la carriera sportiva del ragazzo non abbia nemmeno un inizio, in quanto il californiano soffre di asma, inconciliabile con i suoi impegni sul campo da gioco.
Nonostante non sia certo il luogo più malfamato di Los Angeles il Rancho Dominguez è comunque noto per essere una fucina di ladri, futuro che Monja, nel frattempo diventata impiegata dell'AT&T, cerca di evitare per i propri figli, spedendo James all'Artesia High School di Lakewood, a circa quindici minuti di Bus dalla residenza Harden. Giunto alla High School James scopre che si tratta della stessa scuola frequentata da Kapone, nel frattempo un altro mancino sta dominando le finali NBA con i San Antonio Spurs. Manu Ginobili.
Harden riesce a controllare i propri problemi respiratori e domina letteralmente durante gli anni alla High School, vincendo per due volte il titolo statale e mostrando un QI cestistico già comparabile a quello di alcuni giocatori NBA. Nel 2007 giunge la chiamata da Arizona State, la prima stagione è a dir poco deludente per la squadra, la quale rimane fuori dal torneo NCAA nonostante il #13 termini il primo anno con 19 punti e 2 rubate a partita ed un ottimo 40% da tre. La stagione 2008/2009 vede Arizona State arrivare al torneo NCAA ma uscire al secondo turno contro Syracuse. Harden continua a migliorare le proprie statistiche al netto di un leggero calo nelle percentuali al tiro.
Celebre l'anedotto che racconta come all'epoca delle scuole Harden vedesse nel nostrano Daniel Hackett un vero e proprio rivale, la parte più curiosa è data dal fatto che l'italiano nei primi anni della formazione fosse solito battere lo statunitense nei confronti diretti resi frequenti dalla residenza in Arizona di ambedue i cestisti. Al termine dell'anno da sophomore al college Harden è ormai pronto per la NBA, e dopo un colloquio a detta di Sam Presti stupefacente viene selezionato con la terza scelta assoluta dai neonati Oklahoma City Thunder. La presa di OKC è tanto sorprendete quanto osceno l'abito indossato dal Californiano per l'occasione, eppure si rivelerà decisiva per le sorti future della franchigia.
Ma come ti vesti?
I primi due anni per il barba sono di ambientamento, si limita ad essere un accettabile sesto uomo, senza strafare. Ma è nella stagione 2011-2012 che la favola Oklahoma acquisisce i contorni di una solida realtà. Statistiche avanzate alla mano James è il tiratore più efficiente della lega ed al termine dell'anno viene eletto NBA Sixth Man of the Year, nonostante un periodo di stop causato dalla mente turbata di Metta World Peace; al secolo Ron Artest, il quale ritenne opportuno celebrare una schiacciata in transizione in questo modo.
Ma è ai play-off che Harden si impone come vero e proprio Top-Player della lega americana. Nelle finali di conference da vita ad un duello strepitoso contro Manu Ginobili, storico sesto uomo degli Spurs nonché idolo del barba ai tempi della High School. Entrambi caracollanti e mancini, QI infinito, tendenti al flopping, maledettamente eccitanti nelle loro giocate e con un innato doppio filo che li lega ai momenti della partita. Sanno sempre cosa fare e quando farlo.
Il culone e la barba di Harden sono ormai un must per la NBA, che si è ormai abituata alle sensazionali e decisive giocate della rivelazione della stagione, fondamentale per le prime Finals nella giovanissima storia dei Thunder. OKC perderà le finali contro Miami complice il calo di rendimento del proprio X-Factor, ma ormai la nomea del #13 ha raggiunto vette esplorate da pochi. Durante l'estate James riesce comunque a portare a casa la medaglia d'oro delle Olimpiadi di Londra, pur giocando una miseria di minuti a causa di un infortunio. Un infortunio occorso in discoteca mentre faceva serata nel mentre della più importante manifestazione sportiva del globo. Giocatore di culto. Amen.
La crescente popolarità di Harden mal si sposa con il minutaggio da seconda linea che ha tenuto negli ultimi anni. Vuole essere centro di un progetto e soprattutto ottenere un compenso da primo violino. Sam Presti si trova dunque dinanzi ad un bivio, privare la squadra del suo uomo in più o perdere ogni qualsivoglia tipo di gioco interno cedendo Ibaka?
Nonostante i numerosi tentativi Harden rifiuta ogni proposta di contratto ed al termine dell'estate 2012 Oklahoma è costretta a salutare il suo "Barba" che a malincuore si trasferisce a Houston firmando un quinquiennale da $80 milioni. Oklahoma si vede così privata del suo anello di congiunzione fra lo stile leggiadro di Kevin Durant e quello "rozzo" ed energico di Westbrook, tanto scattoso quanto inaffidabile in fase di playmaking nei momenti decisivi della partita, situazioni che quindi vedevano il barba nella situazione di portatore di palla.
Nella stagione successiva Harden compie la metamorfosi da sesto uomo di lusso a stella Nba, abbandonando quindi l'etichetta di role player. Viene eletto per la prima volta All-Star e guida Houston ai play-off dove incontra e viene eliminato dalla "sua" Oklahoma giunta alla post-season con il miglior record a Ovest seppur orfana del barba. Concluderà la stagione con 25.9 Punti per partita e 5.8 assist per partita e 4.8 rimbalzi per partita; dimostrandosi un All-round Player di livello eccelso.
Numeri da primo della classe
Ad oggi Harden è probabilmente il miglior giocatore nello spot di guardia di tutta la NBA. Guadagna una quantita esorbitante di liberi 8.9 a partita ed è terzo in graduatoria dietro al mostruoso Kevin Durant ed a Dwight Howard, spesso protagonista del celeberrimo hack-a-dwight. Secondo SinergySports più della metà delle conclusioni di Harden derivano da P&R in cui conduce il pallone o da Isolation, in entrambi i casi il barba si rivela ottimo attaccante e si trova cinquantesimo e trentesimo nelle rispettive classifiche per punto per possesso.
Esorbitante è il rapporto fra transizioni e tiri liberi conquistati dal californiano, il 60% dei contropiedi del #13 terminano con un viaggio in lunetta e nella stagione corrente Harden ha già segnato con fallo dieci volte nella sopracitata situazione di gioco.
Difensivamente l'Harden post-OKC ha subito una netta ed evidente involuzione, una difesa prima arcigna e fisica e ormai diventata poco più che sufficiente in situazioni di P&R ed assolutamente deficitaria in situazioni di isolamento dove Harden concete 1.1 PPP al diretto avversario, un'infinità per un giocatore del calibro del barba, l'ottima difesa in post-up che lo colloca undicesimo nella speciale graduatoria è dovuta alla fisicità del giocatore di Houston, eppure questa statistica non risolleva la situazione difensiva in quanto si tratta di un bacino di informazioni sin troppo piccolo in quanto la posizione di guardia e raramente esposta a queste conclusioni.
Ci troviamo, quindi, di fronte ad un perfetto esemplare di uomo copertina, uno straordinario attaccante che forse necessiterebbe di stimoli che McHale non sa fornire per ritornare a difendere come faceva ai tempi di OKC. Fuori dal campo l'immagine di Harden appare a dir poco complessa e maliziosamente potremmo dire costruita a tavolino. Adepto della bella vita, alterna interviste in cui ha meno vitalità dell'amico Durant a voci che scappano dalla stampa in cui si racconta delle sue scappatelle nei locali di mezzi USA. Protagonista di molteplici spot ironici ha dichiarato che si separerebbe dalla sua barba solamente in caso di un offerta a scopo benefico. Giullare degli spogliatoi di Oklahoma City prima e di Houston poi si è dimostrato anche un discreto trash-talker sul parquet, andando a pizzicare palati fini come quelli di Kobe Bryant e Ray Allen. Ammette di essere un tifoso sfegatato dei 49ers, ma per noi è solamente un uomo di culto da venerare ed amare.
Da grandi barbe derivano grandi responsabilità.
Fear The Beard.