La stagione Nba attuale è a dir di molti una delle regular season più brutte di sempre. Il 60% delle franchigie gioca in qualche modo condizionata, vuoi a causa degli infortuni o della sproposita quantità di talento che si intravede nel prossimo, incombente, draft. Ma ,nella mediocrità generale, vi sono due team che hanno scelto di osare, Golden State Warriors e Portland Trail Blazers sono le note liete e nuove di questa annata. Entrambe hanno deciso di puntare alla vetta della West Conference, cedendo le proprie prime scelte ma consapevoli di ottenere elementi utili sin dall'immediato. D'altro canto i primi sono costretti a vincere; hanno probabilmente sostituito gli Oklahoma City Thunder nella, immaginaria, classifica di "franchigia più cool della lega"; sono giovani, giocano una stupenda pallacanestro di attacco, seguono l'onda degli scorsi play-off e poi... E poi hanno come leader carismatico Stephen Curry, vero e proprio giocatore di culto: volto da infante, arsenale di cross-over diabolico e rilascio paradisiaco. Eppure “quegli altri”, al netto delle prestazioni in campo, sono ancor più vincenti dei gialloblù. In quanto tali perché non vengono celebrati? Il differente potere mediatico è facilmente spiegabile, la ventosa, nevosa e portuale Portland non è certo la snob e selettiva San Francisco. Che poi i Warriors giochino nella ben più pittoresca Oakland e non nella "City" è ininfluente, la baia ha sempre il suo fascino. Fatto sta che Portland continui a trovarsi benissimo nella sua situazione di undersize, tanto ché nonostante un fisiologico calo vissuto nell'ultimo mese continua ad essere la seconda forza della complicatissima West Coast. I segreti del successo sono molteplici e soprattutto tangibili, a differenza dei vantaggi che emergono della storia che vuole la squadra così vincente grazie alle clip che i vari giocatori visionano nelle interruzioni di gioco, sicuramente variabile a favore di Portland, ma più facilmente chiave associabile ad una sorta di effetto placebo che non ad un upgrade per i cestisti.
Per quanto riguarda il mero punto di vista tecnico i Blazers stanno toccando vette celestiali per quanto riguarda la casistica delle percentuali al tiro. Guidano la lega in percentuale sia nel tiro da tre (39.5%) che nelle conclusioni dalla linea della carità (82.1%). In più sono secondi nei rimbalzi catturati, terzi per quanto riguarda gli assist smistati e solamente quint’ultimi per quanto riguarda le palle perse. Fantascienza. D'altro canto le suddette statistiche non sono che il risultato di un equazione dove il valore dei due guy-to-guy Lillard ed Aldrige vengono espressi al quadrato a differenza di quelli dei compagni. Il primo è il nuovo volto della lega, sta rapidamente cogliendo l'eredità di Irving come successore di Cp3 nell'olimpo delle point-guard ed è già pronto a minare la sicurezza dei vari record riguardanti il tiro da tre punti. Come se non bastasse sta riscrivendo la definizione del termine Clutch sulla Treccani del basket statunitense. Il secondo ha però grossi meriti nelle percentuali della squadra, difatti offre a coach Stotts la possibilità di rendere il gioco di Portland più versatile. Alle volte più interno, schiacciando la difesa e creando quindi spazio per i tiratori, altre più esterno, difatti sfruttando il tiro dalla media (44.01%) di Aldridge si viene a creare una zona vuota al di sotto del canestro che può venire sfruttata come corsia per attaccare il ferro. Inoltre all'ottava stagione da Pro il 12 ha finalmente raggiunto la doppia doppia di media, il che sommato allo strabiliante record di 27-9 dei Trail Blazers lo candida fortemente al premio di MVP della regular season. La storia di LaMarcus Nurae Aldridge inizia il 19 luglio del 1985 a Dallas, Texas. Alla nascita pesa poco meno di 5 kg ed è "lungo" 55 centimetri e spiccioli, lo stupore è nullo, le leggi di Gregor Mendel sono ormai più che conosciute dai medici, e l'essere figlio di Georgia (1.88 m) e Marvin (2.01 m) è segno di un ereditarietà genetica simile a quella degli Abatutsi. L'infanzia di Aldridge non è semplice. Il nonno ha molti problemi ed è solito alzare il gomito causando problemi in casa, oltretutto il padre è una figura assente nella vita del giovane.
LaMarcus ha da poco compiuto dieci anni quando Georgia decide che così non va più bene e caccia Marvin. Il primo amore di Aldridge è il football. Dallas è capitale della palla ovale; i Cowboys sono la seconda squadra più vincente di sempre in NFL ed hanno un ritorno economico inferiore solamente a quello del Manchester United come non esserne un fan? Eppure lo sport di famiglia è un altro, e viene praticato con un pallone di forma sferica solitamente di color arancione. A casa Aldridge si gioca a basket. Disciplina in cui Marvin eccelleva, tanto da essere considerato una vera e propria stella della propria squadra liceale all'epoca degli studi. Ma c'è un problema: LaMarcus è alto, molto alto, eppure non riesce a giocare a pallacanestro, tanto che dopo "la conta " è spesso l'ultimo giocatore scelto nella formazione delle squadre, nel corso della sua infanzia il basket non è che una continua umiliazione. I centimetri continuano ad aumentare ma per il texano non sono che un problema, ne risentono le già scarse capacità di coordinazione e gli rendono impossibile rendersi utile durante le partite. In questo difficile momento della vita di Aldridge prende la situazione in mano il fratello maggiore, LaVontae. Il quale cerca di spiegare al ragazzo come la pallacanestro non sia che un gioco azione e reazione; una complessa partita a scacchi che richiede velocità, intelligenza e capacità di anticipare le mosse. Durante questi anni LaMarcus lavora duramente sui propri fondamentali, pressato dal fratello che ne intravede il potenziale e che ritiene impossibile diventare un giocatore senza le capacità basilari. A scuola cerca di eccellere sia nello studio che nel basket; a 13 anni, mentre frequenta l'8th grade ha ormai raggiunto i 2,07 metri di altezza e con una sempre più crescente confidenza nei confronti del proprio corpo inizia a mostrare le proprie abilità. Viene selezionato e frequenta la Seagoville High School nel 2000, nell'anno da freshman mostra piedi veloci, sapienti movimenti in post, un tiro dalla media già notevole ,seppur acerbo, ed importanti qualità sull'altro lato del campo.
Nell'annata da sophomore Aldridge compie passi da gigante, complice la sfida che intraprende con Chris Bosh, senior e leader alla Lincoln High, la squadra più forte della nazione. Nel primo incontro fra i due LaMarcus segna 20 punti e coglie 11 carambole, le statistiche oscurano Bosh, ma la prestazione non è sufficiente e la Lincoln si aggiudica l'incontro. I complimenti di Chris non sono sufficienti per Aldridge, il quale ,spinto da questa nuova rivalità, inizia a studiare video del senior in preparazione del prossimo confronto. Parallelamente LaMarcus continua a crescere ed acquisisce movimenti terrificanti per un giocatore con i sui centimetri e chili, diventando un giocatore di impatto per la sua squadra. Nel frattempo lega con Robert Allen, allenatore della Seagoville e sostituto della figura paterna nella vita dell'adolescente. Nel successivo incontro fra Bosh e Aldridge il secondo segna 26 punti, raccoglie 15 rimbalzi e schiaccia ben 7 volte. I paragoni fra i due iniziano ad essere valutati nel paese, sostenuti dallo stesso Allen coach di Bosh prima e di Aldridge poi, il quale però aggiunge che LaMarcus diventerà un giocatore completo e molto più dominante dal punto di vista fisico rispetto a Bosh. Nel successivo anno da Junior Aldridge guiderà le classifiche dei punti e dei rimbalzi relative alla zona "Texas Class 4A" tirando con il 66% dal campo e collezionando 4 stoppate a partita. Al termine della stagione viene inserito nel team USA che disputerà i campionati del mondo Junior in Francia, assieme a giocatori del calibro di Kevin Durant e Ty Lawson eletto MVP della competizione. Nell'ultima annata del liceo Aldridge segna 28.9 punti di media, vince il campionato statale e viene selezionato come McDonald’s e Parade All-American, oltretutto mantiene ottime medie a scuola e viene nominato come "ISD studente-atleta dell'anno" per la città di Dallas.
È ormai riconosciuto come uno dei 20 migliori prospetti della nazione ed una sua ipotetica scelta al draft dell'anno successivo non scenderebbe sotto la dieci. Euforico Aldridge decide di rendersi eleggibile per il Draft 2004. È ormai pronto a sfidare il mondo dei Pro quando subisce un infortunio da stress alla schiena, le quotazioni del texano calano rapidamente e due giorni prima della deadline, quando è ormai chiaro che verrà scelto al secondo turno, decide di ritirarsi dal draft per quell'anno e tentare un avventura al college. Riceve quindi una chiamata e conseguente borsa di studio dalla University Of Texas. Viene subito ritenuto pronto nonostante l'infortunio ed il coach Rick Barnes lo mette regolarmente in quintetto base. Ma dopo solo 16 incontri in cui realizza 9.9 PPP e prende 5.9 RPP subisce un infortunio all'anca sinistra contro Nebraska. Stagione finito, torneo NCAA compromesso per Texas e draft rimandato; con Milwaukee che dovrà ripiegare su Andrew Bogut al momento di selezionare un lungo con la prima scelta assoluta nel draft 2005. La stagione da sophomore vede un Aldridge irrobustitosi nella parte superiore del corpo e migliorato nel rilascio del pallone, unici elementi che poteva allenare durante il suo infortunio. La caparbietà del texano stupisce coach Barnes che decide di fare di Aldrige l'uomo chiave della sua squadra. L'anno di palestra e sudore dimostra sin da subito i suoi frutti e le medie di LaMarcus nei 37 match disputati nella seconda stagione di college basket quasi raddoppiano. 15 punti e 9.2 rimbalzi con 2 stoppate ad ogni allacciata di scarpe. Al torneo NCAA Texas University viene sconfitta alle final eight da UCLA dopo un overtime, fallendo dunque l'assalto alle final four. La stagione collegiale di Aldrige sta volgendo al termine e finalmente giunge la volta buona. Si candida per il draft 2006 e viene selezionato con la seconda scelta assoluta dai Chicago Bulls dopo che i Toronto Raptors alla ricerca di un lungo mobile gli avevano preferito il nostrano Andrea Bargnani, il brutto anatroccolo è ormai diventato un cigno ed è pronto a spiegare le sue ali. Oltretutto commentando il draft con il senno di poi potremmo aggiungere De gustibus non disputandum est, con buona pace dei tifosi Raptors e per la felicità dei supporter Blazers. Aldridge viene immediatamente mandato dai Bulls a Portland ,all'epoca non il massimo della tranquillità come testimoniava il soprannome di "Jail Blazers", in cambio di Tyrus Thomas, Viktor Khryapa e la scelta dei Blazers stessi.
All'inizio della stagione le mele marce sono state ormai esiliate ed il rookie salta le prime 7 partite della stagione per un infortunio patito durante l'estate, ma nei successivi quattordici incontri realizza 8.4 punti a partita con il 44% dal campo, salvo poi diventare titolare grazie all'infortunio occorso a Joel Przybilla e disputare un mese di marzo da 14 & 8. Il 31 marzo durante una partita contro i Los Angeles Clippers gli viene riscontrato un irregolare battito cardiaco, immediatamente abbandona il campo e viene portato al Providence Hospital. Dove gli viene diagnosticata la sindrome di Wolff-Parkinson-White, in pratica è una malattia da anomala conduzione cardiaca che può causare tachicardia e quindi un rapido quanto apparentemente immotivato aumento del battito cardiaco. A causa dell'infermità l'ala forte è costretta a terminare la propria stagione in anticipo. Verrà selezionato per il first-rookie team grazie ai 9 PPP ed i 5 RPP totalizzati alla prima stagione. L'anno successivo ha un inizio difficoltoso, non è più un rookie e gli adattamenti difensivi lo costringono a 15 partite disastrose che lo stesso Aldrige soprannominerà "The worst Funk of my life", successivamente ritrovata la fiducia nel suo fade-away dalla mid-range segnerà 20 punti in 14 delle ultime 28 partite, totalizzando alla fine dell'anno 18.1 punti e 7.5 rimbalzi per ogni partita disputata. Oltretutto il texano eviterà gravi infortuni disputando 81 delle 82 partite della regular season.
Se la stagione 2009-2010 è stata per Aldridge un'annata transitoria in cui ha avuto come unico hilights la firma del contratto quinquennale da $65 milioni la successiva 2011-12 è stata fondamentale per la crescita del giocatore. Complici gli infortuni di Brandon Roy e Greg Oden sarà riconosciuto come leader del team ed al termine dell'anno verrà eletto per due volte miglior giocatore della settimana, diventerà il terzo Blazers di sempre a ricevere il premio di miglior giocatore del mese, e sarà inserito nel terzo quintetto NBA arrivando alle spalle di Kevin Love nella classifica per il Most Improved Player. Per la prima volta il texano supera il ventello di media (21.1) ed aggiunge regolarmente 8 assist al proprio bottino. Nel 2011-12 la stagione inizia solamente a Dicembre a causa del lockout ma nonostante un suggestivo spot "Rise With Us" ,dove sia Oden che Aldridge e Roy annunciavano di voler finalmente giocare tutti e tre assieme, la possibilità di vedere i tre talenti sullo stesso parquet evapora con il, maledetto, ritiro della sesta scelta assoluta e con l'ennesimo infortunio alle ginocchia del centro. Aldrige diviene quindi leader e capitano della squadra dei "Rip City Trail Blazers", così soprannominati dopo le varie vicissitudini. Nella stagione prende moto un ennesima campagna; "send LA to LA", il cui scopo è quello di mandare LaMarcus Aldridge agli All-Star game di Los Angeles, in questo caso la proposta ottiene l'effetto sperato e Aldrige disputa la partita della domenica degli ASG allo Staples Center.
La stagione successiva vede la riconferma di Aldridge come All-Star e la nota lieta di Lillard ROY come fu a suo tempo Brandon Roy; LaMarcus realizza il proprio massimo in carriera di assist contro gli Altlanta Hawks, otto, e continua a migliorare le sue medie sino a concludere la stagione a 21.1 PPP, ed i record in carriera di 9.1 RPP e 2.6 APP, tuttavia cifre non sufficienti per evitare ai Blazers di rimanere fuori dai play-off per due anni di fila. Abbiamo già analizzato la stagione attuale ma più del dettaglio Aldridge sta migliorando le proprie medie a partita in punti, rimbalzi e assist (23,10, 2.4) pur scendendo leggermente rispetto alle sue usuali percentuali. Percentuali che rimangono eccellenti nelle conclusioni dalla mid-range, 40.1%, ma che non si distaccano dalla media NBA dalle zone nei pressi del ferro. Dimostra ancora una volta di essere un eccellente tiratore di catch and shoot, soprattutto dalla media, con il 50.7% e nel fondamentale del tiro dal palleggio al 40.5%. Per quanto riguarda i rimbalzi è il quinto miglior rimbalzista della lega, dimostra ancora una volta l’altissimo QI evidente nei 70.3% di carambole colte in situazione solitaria senza contrasto, inoltre dimostra una ormai inusuale abitudine nel tagliafuori che gli consente di catturare il 60% di rimbalzi che cascano nella sua zona. Non è il migliore a fare niente eppure ad oggi è l’unico candidato al premio di MVP che non risponda ai nomi di LeBron James, Kevin Durant e Paul George… Non una brutta compagnia.