Un maglia bianca con l'iride sul petto non trionfava al velodromo di Roubaix dal 1981. Trentasette anni, tanto è passato dal trionfo di Bernard Hinault su Monsieur Roubaix, Roger De Vlaeminck, prima che un altro campione del mondo alzasse le braccia e vincesse la Parigi-Roubaix. La portata dell'impresa compiuta ieri pomeriggio da Peter Sagan è denotata anche da questo fatto storico, ma lo slovacco ha vinto da grande campione, con un'azione partita a oltre cinquanta chilometri spinta da rabbia, frustrazione e voglia di rivalsa.
Rabbia, perché tutti ormai lo criticano. L'ultimo, in ordine di tempo, è stato l'erede di Monsieur Roubaix, quel Tom Boonen presente in gruppo fino alla scorso anno e che proprio prima della corsa sulle pietre criticò le dichiarazioni rilasciate da Sagan al termine del Giro delle Fiandre, dove lo slovacco accusò gli avversari di correre per non farlo vincere. "Stia zitto e corra", questo il sunto del Tommeke pensiero, questo è ciò che ha fatto il tre volte campione del mondo ieri pomeriggio quando, sul tratto d'asfalto seguente Mons-en-Pevele, ha attaccato lasciando tutti di sasso. Un inseguimento verso i fuggitivi risoltosi in un amen per dare il via ad un altro inseguimento, quello verso la gloria e verso la sua seconda Monumento in carriera.
Frustrazione, per le continue sconfitte e conseguenti piogge di critiche da parte di chi, forse, il sedere sulla sella non lo ha nemmeno mai messo. Avere un talento sconfinato come quello di Sagan e vedersi sfuggire tante vittorie prestigiose è fonte di delusione e di ovvia frustrazione, ma il campione slovacco è capace di trasformare questi sentimenti in benzina per le proprie gambe, in modo tale da ottenere vendetta sportiva, che coincide anche nel creare la sua voglia di rivalsa verso chi non crede ancora in lui e nelle sue capacità. In questo, Sagan, è il migliore al mondo, è capace di trovare motivazioni inattese quando nessuno se lo aspetta, spinto dalla voglia di continuare a sorprendere, anche quando tutti lo danno per spacciato. E' capitato anche ieri, nel momento in cui il gruppetto con Van Avermaet ed i Quickstep ha cominciato a darsi cambi regolari ed il vantaggio del campione del mondo era sceso attorno ai trenta secondi. Lì, ha fatto nuovamente la differenza grazie a nuove accelerazioni sui tratti in pavé sospinte da riserve d'energia nascoste e con l'aiuto di Silvain Dillier, fuggitivo della prima ora che correva ascoltando il richiamo della gloria.
La volata al Velodromo era forse la cosa più scontata della giornata di ieri e così il suo esito. Un capolavoro tattico ha premiato il più forte, colorando il cielo di Roubaix con uno splendido arcobaleno.