Piangono tutte alla fine del gigante femminile olimpico. Lo fa Mikaela Shiffrin, che lascia sfogare tutta la tensione accumulata in questi giorni; lo fa Ragnhild Mowinckel, sorpresa ma non troppo di questa gara, seconda a coronamento di una stagione che dopo tanti anni di promesse l'ha vista tramutarsi in una solida realtà per quanto riguarda la lotta al vertice; e piange anche Federica Brignone, terza dopo la prima manche e terza a fine gara, per quei sette, maledettissimi centesimi che l'hanno separata dall'argento, ma anche per una medaglia cercata e voluta con tutte le forze, malgrado la pubalgia di inizio stagione che l'ha tormentata e rallentata. Ma che non le ha impedito, a vent'anni dall'ultima volta (oro di Deborah Compagnoni a Nagano 1998), di rimettere il tricolore su un podio olimpico nello slalom gigante femminile.
E alla fine il bottino rischia anche di andare stretto alle italiane: tre azzurre nelle prime cinque al termine della prima manche, con Manuela Moelgg in testa, Federica Brignone terza e Marta Bassino quinta e in posizione d'attacco; assieme a loro Sofia Goggia, decima. E se la bergamasca dissemina la seconda discesa di tanti errori e finisce lontana dal podio, Marta Bassino veleggia leggera fra le porte ma si deve arrendere per soli 9 centesimi a Viktoria Rebensburg, momentanea leader della corsa e fermatasi a un passo dalla terza medaglia olimpica consecutiva nella specialità.
Ma oggi era davvero difficile fare meglio di Mikaela Shiffrin: l'americana si era già appostata in ottima posizione d'attacco dopo la prima manche, butta giù il garone e si piazza davanti a tutti con 39 centesimi sulla Mowinckel e in attesa della risposta della Moelgg. Di fatto, però, con l'oro già in saccoccia: perché l'azzurra va in affanno fin dalle primissime battute e perde presto il contatto con la possibile prima vittoria in carriera prima, e con il podio poi, chiudendo amaramente una gara che sembrava promettere per lei ben altre gioie.
L'instagram della giornata, però, è tutto nel pianto a dirotto della fuoriclasse statunitense. La fine di un incubo per lei, che con la vittoria di oggi entra nel ristretto club di elette capaci di fare bottino olimpico pieno in tutte e due le specialità tecniche: il ruolo della favorita, la pressione dei media, gli ultimi errori in Coppa del Mondo che avevano acceso le prime avvisaglie di un possibile allarme, il divieto assoluto di fallire l'appuntamento più importante e, non ultimo, lo stillicidio di rinvii che il bizzoso meteo coreano aveva imposto alle gare nelle giornate precedenti. Troppo, anche per le solide spalle di una ragazza che a 22 anni ha già vinto tutto o quasi. E che per una volta ha fatto vedere a tutti il suo lato umano.