Dopo anni di dubbi e sospetti, ecco che anche Chris Froome cade nella rete dell'antidoping. Il campione britannico in forza al Team Sky, che ha sempre fatto della trasparenza uno dei suoi cavalli di battaglia, è stato trovato positivo lo scorso sette settembre, durante la Vuelta a Espana, da lui vinta pochi giorni dopo. Il farmaco incriminato è il salbutamolo, sostanza che il kenyano bianco aveva già dichiarato di assumere per contrastare i suoi problemi di asma. Stavolta però l'assunzione sarebbe andata oltre i limiti del consentito, con l'UCI che ha diramato un comunicato sulla situazione: Froome positivo anche alle controanalisi, ma non ancora sospeso dalle competiizoni.
Una notizia che gela l'ambiente del ciclismo, negli ultimi anni dominato - per quanto riguarda le grandi corse a tappe - dal britannico, che ora si difenderà nelle sedi opportune, ma che rischia la perdita del titolo di campione della Vuelta 2017 e soprattutto una sospensione della durata di mesi. Impossibile stabilire in questo momento cosa succederà, anche a causa dell'importanza e del peso del personaggio coinvolto. Ma, come riportato oggi dalla Gazzetta dello Sport, un caso analogo ha riguardato pochi anni fa due atleti italiani, Diego Ulissi e Alessandro Petacchi, positivi alla stessa sostanza, entrambi squalificati (nove mesi e un anno). L'Unione Ciclistica Internazionale si è limitata a dare notizia della positività di Froome, senza aggiungere ulteriori commenti. Quel che è certo è che un'eventuale squalifica farebbe saltare tutti i programmi del britannico per il 2018, e dunque anche la sua prima presenza al Giro d'Italia, nonchè il tentativo di accoppiata con il Tour de France del prossimo luglio. Ciclismo sotto choc, da oggi neanche Froome è più intoccabile.