Come tipico dei grandi campioni, anzi dei fuoriclasse, Peter Sagan non è sazio dopo il terzo successo consecutivo nella prova in linea dei Mondiali di Ciclismo su strada, ottenuta a Bergen, in Norvegia, al termine di una gran volata che lo ha visto prevalere al fotofinish sul corridore di casa Alexander Kristoff. Un tris straordinario, iniziato a Richmond 2015 e proseguito a Doha 2016. 

Il prossimo percorso iridato sarà affrontato in Austria (Tirolo) tra dodici mesi. Un tracciato più duro, forse per corridori diversi dallo slovacco, che vuole comunque provarci. Pensare al poker sembra al momento utopistico, ma con Sagan, per dirla come lui, niente è impossibile. E il fenomeno in maglia arcobaleno approfitta di un evento promozionale in mountain bike, proprio in Austria, a Lienz, per concedersi ai taccuini di Claudio Ghisalberti de La Gazzetta dello Sport. Prima una battuta: "Domenica mi sono rotto il c.... per 270 chilometri per questa maglia a striscette", poi una rapida riflessione sui tre Campionati Mondiali vinti consecutivamente: "Differenti percorsi, differenti avversari, differenti ambienti e sempre la stessa maglia. Forse questa è stata la più difficile da conquistare. Quando ho realizzato di avere vinto? Dopo la linea d'arrivo". Un Sagan che spiega così la dedica a Michele Scarponi, scomparso in primavera e suoi compagno di squadra ai tempi dei primi passi nel mondo del professionismo: "Eravamo amici, forse anche perché di carattere abbastanza simile. Non ho mai visto Michele triste, arrabbiato, abbattuto. L’ho sempre visto felice, positivo, solare. Scarpa era energia positiva e io mi sono trovato sempre bene con lui così. Abbiamo passato anche del tempo assieme lontano dalle corse. Mi ricordo di una bellissima cena a Livigno. Michele sapeva fare gruppo. Così anche in corsa, appena lo vedevo, ci andavo a parlare".

Tra i nuovi obiettivi di un fuoriclasse che ha vinto quasi tutto (mancano alla sua bacheca una Milano-Sanremo e una Parigi-Roubaix), non ci sono però classiche come Giro di Lombardia e Liegi-Bastogne-Liegi. Classiche troppo dure per un corridore possente come lo slovacco: "Sono quasi 80 chili. Non date retta a quelli che dicono 73-74, il mio peso forma varia dai 78 ai 79. Come faccio a vincere quelle corse?", la spiegazione chiara dell'iridato itinerante. Eppure, al prossimo campionato Mondiale, in Tirolo, Sagan fa più di un pensierino, nonostante il percorso si annunci più duro di quello di Bergen: "Non ho già abdicato, niente è impossibile. Domenica il dislivello è stato di 3.600 metri, non siamo mica lontanissimi, l'anno prossimo sarà di 4.800. Con una preparazione adeguata credo di poterci puntare, poi vediamo. Se trovo la condizione come quando alla Tirreno-Adriatico (nel 2012, ndr) sono arrivato con Nibali…". Alla domanda su cosa avrebbe fatto nella vita se non avesse fatto il corridore, Sagan risponde così: "Ogni tanto mi fanno questa domanda ma non ho mai risposto. Non lo so, ho sempre fatto il corridore. Magari in futuro, tra 3-4-5 anni cambio specialità e provo a vincere il mondiale marathon di mountain bike". A proposito di mountain bike, qualche rimpianto per aver puntato su questa disciplina invece della prova su strada alle Olimpiadi di Rio de Janeiro? "Non sono pentito. Lo scorso anno a Rio è stato uno dei giorni di gara più divertenti della mia vita. Anzi, forse il più divertente in assoluto. Rifarei quella scelta".