E' un Fabio Aru che non nasconde la sua stanchezza quello intervistato oggi in esclusiva da La Gazzetta dello Sport, e che prova a spiegare il suo rendimento nelle due grandi corse appena disputate, il Tour de France, chiuso al quinto posto dopo due giorni in maglia gialla (e una vittoria di tappa alla Planche des Belles Filles), e la Vuelta a Espana, concluso invece in tredicesima posizione in classifica generale, a più di venti minuti dal vincitore Chris Froome.

Per comprendere le difficoltà del Cavaliere dei Quattro Mori nel back to back sulle strade di Francia e Spagna, bisogna risalire alla programmazione della stagione 2017, il cui primo obiettivo era il Giro d'Italia del Centenario, al via dalla sua Sardegna. Saltata la corsa rosa per un infortunio al ginocchio, Aru si è ritrovato in splendide condizioni di forma al Giro del Delfinato, vinto dal compagno di squadra all'Astana Jakob Fuglsang, per poi partire a razzo al Tour, aggiudicarsi una tappa e indossare la maglia gialla sui Pirenei, dopo l'arrivo di Peyragudes. Poi l'inevitabile calo, frutto di una preparazione non adeguata, e la chiusura al quinto posto della generale, risultato comunque di alto spessore. Poche settimane di riposo/allenamento ed ecco di nuovo Fabio al via della Vuelta, corsa durissima per definizione, in cui il sardo ha provato a reggere per le prime dieci tappe, salvo arrendersi alla stanchezza e a una condizione improvvisata (un po' come accaduto al colombiano Esteban Chaves, partito forte e poi crollato dopo un inizio di stagione caratterizzato da un infortunio). "Alla Vuelta ho mostrato la mia professionalità - dice Aru a La Gazzetta dello Sport - sia nei confronti della mia squadra che dei tifosi. Non mi piace non finire ciò che ho cominciato, anche se stavolta ho pagato dazio. Sono comunque molto contento per la vittoria dell'Astana nella classifica a squadre: senza di me non ce l'avrebbero fatta. So che per il team è un successo che ha significato molto. Correre la Vuelta dopo il Tour è davvero molto faticoso e stressante. In passato avevo messo insieme Giro e Vuelta nello steso anno, ma ora posso dire che non c'è paragone, perchè è molto più facile, c'è più tempo per rifiatare". 

Già prima della Vuelta si era a lungo discusso del futuro di Aru, in scadenza di contratto con l'Astana di Alexander Vinokourov, team che ha peraltro trovato una nuova stella nel colombiano Miguel Angel Lopez. Il Cavaliere dei Quattro Mori non vuole esporsi al riguardo limitandosi a dire di aver preferito "concludere la stagione mostrando gratitudine a tutte quelle persone che mi hanno concesso di diventare un corridore professionista e mi hanno dato un'altra vita. Da parte mia, nonostante non fossi al 100%, perchè la Vuelta non era nei miei programmi, mi sono comunque impegnato a fondo. Per me è stata una stagione complicata, al di là dei giorni di corsa - credo siano stati sessantasette - è stata molto stressante. Ma volevo onorare questa Vuelta. Alla fine ero davvero stanco, e mi sono ricordato delle parole di Vincenzo Nibali al Tour de France 2016, quando mi disse di sentirsi morto in alcune tappe (lo scorso anno lo Squalo dello Stretto provò l'accoppiata Giro-Tour, per poi ritrovare la condizione in vista delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, ndr). E' stato comunque importante arrivare a Madrid, soprattutto per capire come il mio corpo avrebbe reagito allo svolgimento di due grandi corse a tappe così ravvicinate. La mia stagione non è però ancora finita: voglio concludere con le Classiche. Parteciperò al Giro dell'Emilia, alla Tre Valli Varesine, alla Milano-Torino e infine al Giro di Lombardia. Poi avrò un bel po' di tempo per riposarmi: ho bisogno di avere le idee chiare su come ripartire nel 2018".