La mancanza di reattività alla stilettata di Fabio Aru, la sofferenza dipinta sulla faccia dopo aver tagliato il traguardo di Peyragudes, tredicesima tappa del Tour de France. Quello che ieri ha perso la maglia gialla è forse il peggior Froome visto negli ultimi anni alla Grand Boucle, d'altronde con due vittorie consecutive è anche abbastanza semplice che lo risulti. 

La forza del keniano, però, è sempre stata la squadra. Il Team Sky negli anni passati lo ha scortato fino al punto da lui indicato, lì dove poi avrebbe lanciato la sua frullata, l'attacco capace di spezzare le resistenze degli avversari e di assicurargli la vittoria di tappa e finale. In questa centoquattresima edizione del Tour de France, la squadra britannica ha sempre fatto lo stesso, potendo inoltre contare su uomini molto forti, forse come mai prima d'ora, ma senza ottenere gli stessi risultati del passato: Froome non ha ancora vinto una frazione, fatto abbastanza particolare per chi ha sempre dominato il primo arrivo in salita e i Pirenei. Quest'anno il britannico ha trovato sulla propria strada due rivali che lo pareggiano in forza sulle ascese francesi e che, a differenza di quelli affrontati in passato, non hanno paura di attaccarlo. Sì, perché Fabio Aru e Romain Bardet sono ormai i rivali del keniano per la vittoria finale. L'italiano lo ha attaccato alla Planche des Belles Fillies, quando ancora tutto il trenino Sky era schierato, e ieri ha lanciato la volata finale. Il francese lo ha messo sotto pressione nella tappa del Massiccio del Giura sfidandolo in discesa e ieri ha sfruttato l'affondo della maglia tricolore per vincere la tappa. 

Il punto in comune degli attacchi a Froome è il punto in cui sono arrivati. Tutti lo hanno sfidato sull'ultima salita o sull'ultima rampa di tappa e ognuno dei tre attacchi ha mostrato come il tre volte vincitore del Tour non sia più il cannibale degli scorsi anni. Il britannico, in salita, è vulnerabile, soffre i cambi di ritmo repentini e le pendenze arcigne, ma la squadra lo salva. Già, la squadra. Guardando allo sviluppo di questa Grand Boucle si può pensare a come sia stata formata l'equipe di Froome: tanti, molti, scalatori forti in grado di far selezione, ma soprattutto di tenere chiusa la corsa intimorendo gli avversari. Quest'ultima è la tattica messa in atto nella tappa di ieri. Il Team Sky si è schierato in massa davanti al gruppo sin dal chilometro zero, dando l'impressione di voler fare la tappa e di un dominio tale da renderli inattaccabili. Anche sul Bales c'è stato un enorme lavoro da parte di Michal Kwiatkowski che ha neutralizzato ogni possibilità di attacco, tra cui anche quello di Contador, e altrettanto è stato fatto da Mikel Landa e Nieve sulle ultime due salite di giornata. La tattica però si è svelata sul muro finale, quando Fabio Aru ha attaccato. Lì tutti hanno capito che la Sky era davanti non per preparare la frullata di Froome, bensì per proteggerlo da eventuali attacchi. Ieri, la squadra diretta da Portal ha bluffato alla grande e per poco non vinceva tutto il piatto. Ora che Bardet ed Aru sono consapevoli di avere più gamba in salita rispetto al keniano, dovranno attaccarlo a fondo, in modo da mettere un vantaggio rassicurante tra loro e Froome in vista della cronometro di Marsiglia che, a questo punto, potrebbe decidere il Tour de France.