Alberto Contador è senza dubbio il simbolo del ciclismo attuale, il protagonista indiscusso degli ultimi vent'anni. Una questione di vittorie, di carisma, di classe. Quando si parla di grandi giri - Giro d'Italia, Tour de France, Vuelta - Alberto Contador rientra di diritto nella ristretta cerchia dei favoriti alla vittoria finale. Anche i grandi, però, devono scendere a patti con il crepuscolo. Lo spagnolo, classe 1982, è all'ultima avventura di carriera. 35 anni, o quasi, una vita ciclistica destinata di qui a poco a tramontare.

"Se non credessi nella vittoria, non sarei qui". Provvede lo stesso Contador a cancellare i dubbi di tifosi ed addetti ai lavori. Una forte carica emotiva spinge il Pistolero verso questa impresa difficile. Vuole onorare il contratto con la Trek - oasi felice dopo gli screzi alla Tinkoff - vuole respingere le voci di un possibile declino. Combatte, Contador, da una vita. Con il Tour - un rapporto complicato, dai primi successi alle recenti batoste - con la malasorte - diversi infortuni, cadute frequenti, specie nelle ultime stagioni. 

Foto: Trek Segafredo
Foto: Trek Segafredo

L'impressione è che il cavaliere di Pinto non abbia la stessa consistenza del passato, persiste, nel suo "Io", quell'incredibile voglia di primeggiare, in qualsiasi contesto, in qualsiasi corsa. Un "Io" che va ad impattare con le minori possibilità a livello fisico. L'ultimo Contador di stagione è quello del Delfinato, sballottato in salita, sulle sue ascese, dai rivali principali presenti alla Grand Boucle. Chiusura in difetto, oltre la decima posizione, con Fuglsang davanti a sgambettare per ribaltare Porte e classifica. Un 2017 non certo entusiasmante, secondi beffardi, alla Volta a Catalunya, come alla Vuelta a Andalucia. Lo spauracchio Valverde, poi Henao alla Parigi Nizza. Lì, un lampo. La scorribanda di Pantano, lo scatto di Alberto sulla Cote de Peille. Un assolo da lontano, alla Contador, la feroce resistenza sul Col d'Eze, una sortita non premiata. 

Contador deve aggrapparsi a questo, al suo talento, all'innata capacità di trovare nelle pieghe del Tour situazioni favorevoli. A cronometro concede qualcosa a Froome e Porte, in quota deve dimostrare di reggere un passo importante. Gestire con intelligenza le tre settimane, sfruttare esperienza e immaginazione, ricorrere al coraggio nei naturali momenti di crisi. Il Tour, spesso, si decide in territori "inanimati", non costruiti per rompere l'equilibrio. Quella è la linfa vitale di Contador, un fuoriclasse che conosce i suoi limiti, ma sapientemente li cela, un campione in grado di oscurare le difficoltà per prendersi la ribalta. 

Per lanciare l'offensiva, Contador può disporre di una squadra di discreto livello. La Trek, di certo inferiore a Team Sky e Movistar, si presenta ai nastri di partenza piuttosto completa. John Degenkolb deve far valere la sua forza allo sprint, ma l'attenzione è tutta per Contador, proteggere ed aiutare il capitano è l'obiettivo primario. In montagna, spiccano le figure di Mollema - discreto al Giro - e Pantano, senza dimenticare Felline, fondamentale in diversi frangenti. Poi tocca a lui, ad Alberto.