E pensare che durante la conferenza stampa della vigilia, quando si era ancora in Sardegna, ad Alghero, Tom Dumoulin non voleva sentir parlare di podio. Al massimo un posto in top ten in classifica generale, diceva questo ventiseienne lungagnone olandese soprannominato la farfalla di Maastricht. Tre settimane più tardi, il corridore del Team Sunweb si ritrova invece con il Trofeo Infinito tra le mani, simbolo di un Giro d'Italia  del Centenario, vinto al di là dello distacco rifilato agli avversari diretti. 

Ha resistito a problemi fisici, si è battuto senza mai arrendersi sulle grandi montagne, ha fatto valere il proprio dominio a cronometro, e alla fine è lui a festeggiare in Piazza Duomo a Milano. Un Giro considerato a lungo incerto, ma che ha avuto il suo vincitore naturale, come indicato subito dopo la cronometro di Montefalco e l'arrivo di Oropa. L'olandese non riesce a trattenere alla gioia: "Non mi sarei mai aspettato di vincere il Giro - le sue parole - magari ci avrei fatto un pensierino per il futuro, magari con un po' di fortuna, ma non quest'anno. Sarei stato molto felice anche con un piazzamento nella top ten: sarebbe stato già un risultato importante per me. Ho rischiato di passare alla storia dalla parte sbagliata (il riferimento è al problema intestinale accusato durante il tappone di Bormio, ndr), ma ora invece ho scritto la storia nel modo giusto. Verrò ricordato per aver vinto il Giro nonostante quell'episodio. E' fantastico". E proprio il giorno dello Stelvio, con la defaillance fisica patita prima della seconda ascesa sul versante svizzero, viene indicato da Dumoulin come il momento della svolta, quantomeno dal punto di vista psicologico: "Ho perso solo due minuti negli ultimi trenta chilometri di una tappa durissima, in realtà poco più di quaranta secondi, considerando il mio incidente. In quel frangente mi sono detto che forse ero un corridore migliore di quanto immaginassi. L'ultima settimana è stata lunghissima, ma sapevo che l'ultimo giorno ci sarebbe stata una cronometro a mio favore". Una cronometro che spazza via la delusione per un altro Grande Giro disputato da protagonista, quella Vuelta 2015 persa in extremis contro Fabio Aru e la sua Astana. 

Quella di Dumoulin è la vittoria del passista scalatore per eccellenza, un cronoman eccezionale che è migliorato anche in salita, avvicinandosi ai grimpeur puri e sfruttandone i momenti di scarsa vena. Già, perchè nessuno in questo Giro d'Italia - eccezion fatta per Quintana sul Blockhaus - ha davvero tolto di ruota l'olandese, capace di difendersi con intelligenza senza mai andare in crisi. I problemi di Bormio, le difficoltà di Piancavallo, gli screzi con gli avversari a Ortisei, la resistenza della tappa di Asiago, tutte fasi di corsa in cui Dumoulin poteva crollare e invece è rimasto in piedi, per poi far valere la legge del più forte nell'ultima cronometro, da Monza a Milano. "Non conoscevo i distacchi - spiega l'atleta del Team Sunweb a proposito della conclusiva prova contro il tempo - perchè volevo essere concentrato esclusivamente sulla mia prestazione. Alla fine ho parlato via radio con il mio direttore sportivo, che mi ha detto di non prendermi rischi nelle curve. Poi mi ha spiegato che già a metà percorso avevo recuperato tutto lo svantaggio, e negli ultimi chilometri ho provato a non commettere errori e ad andare sul sicuro. Quando ho superato la linea d'arrivo, tutti hanno cominciato a dirmi che avevo vinto, ma guardando la televisione ho visto che il gap con Quintana era ancora di soli tre secondi. A quel punto mi sono infuriato: non avevo ancora vinto. Per fortuna alla fine è andato tutto nel verso giusto". Quali obiettivi nel futuro dell'olandese? Magari un Tour de France già dall'anno prossimo? Dumoulin non vuole parlarne: "Il mio futuro si chiama birra e barbecue, non penso ad altro in questo momento".