Con il Giro di Lombardia disputato ieri e concluso all'undicesimo posto, a oltre un minuto di distacco dal vincitore Esteban Chaves, si chiude di fatto la stagione ciclistica 2016 di Fabio Aru. Iniziato con grandi aspettative, l'anno dello scalatore sardo si è rivelato forse più complicato del previsto, con l'esordio al Tour de France come unico grande giro corso, e soprattutto con un ritmo mai trovato a causa di una programmazione troppo frastagliata.
Già, perchè Aru è un corridore che ha bisogno di mettere diversi chilometri nelle gambe per esprimersi al meglio in salita. Non è un caso che le sue migliori prestazioni stagionali siano giunte nella terza settimana della Grand Boucle (eccezion fatta per l'ultima tappa di montagna, dove andò in crisi anche a causa di condizioni climatiche avverse) e nella successiva prova in linea alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, corsa con grande intelligenza in supporto al capitano e compagno di squadra Vincenzo Nibali.
Ora però lo Squalo dello Stretto è pronto a intraprendere una nuova avventura con un nuovo team, lasciando ad Aru i gradi di prima punta della squadra kazaka. Ma starà al sardo meritarseli, anche perchè il giovane colombiano Miguel Angel Moreno già scalpita dopo aver conquistato quest'anno Giro di Svizzera e Milano-Torino. A conti fatti, la scelta di disputare il solo Tour de France nel 2016 non ha pagato: Fabio ha pagato - come era naturale e prevedibile - l'impatto come una corsa particolare come quella francese, andando in difficoltà in salita sia sui Pirenei (ad Andorra) che sulle Alpi (Col de Joux Plane). In mezzo, qualche tentativo coraggioso di attaccare la maglia gialla Chris Froome. Attacchi prontamente rispediti al mittente dal Dream Sky Team, nonostante una buona prova nella cronoscalata di Megève. Ma se il debutto alla Grand Boucle non è stato poi così negativo, è stato invece il resto della stagione a non essere all'altezza delle qualità del ventiseienne corridore italiano. Solo una vittoria infatti in questo 2016, costruita peraltro in discesa, nella terza tappa del Giro del Delfinato, in un corsa in cui si sperava che il sardo stesse affinando la condizione per il Tour.
Condizione mai realmente trovata, forse perchè Aru avrebbe avuto bisogno di correre con maggiore costanza da marzo a settembre, senza i vari stop and go imposti da una programmazione rivelatasi difficile da comprendere. Non è andata meglio nelle corse di un giorno: male all'Amstel Gold Race, fuori causa per problemi alla schiena nelle successive Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, Aru ha saltato buona parte della primavera ciclistica per allenarsi in altura al Sestriere, in preparazione alla campagna di Francia. Forfait anche alla Vuelta, di cui era campione uscente, e nuova apparizione agli Europei di Plumelec, in cui ha corso ancora una volta per i compagni - come accaduto a Rio - senza poter fare la differenza su un percorso poco selettivo. L'ultima speranza di successo era affidata alla classica delle foglie morte, a un Giro di Lombardia forse mai così duro come quello visto ieri con arrivo a Bergamo. Aru ci ha provato, ha lottato, ma ha capito poi di non essere in grado di competere per la vittoria, dando via libera al suo splendido compagno di squadra Diego Rosa, a un passo da un successo che sarebbe stato meritatissimo. Ora il corridore sardo è già rivolto alla prossima stagione, in cui potrebbe prendere parte al Giro d'Italia, che partirà dalla sua terra, per vestire una maglia rosa che darebbe tutto un altro sapore al suo 2017.