L'annus horribilis, a livello di risultati, di Fabio Aru non è ancora finito, ma è già tempo di programmare la prossima stagione. Il sardo da qui alla fine dell'anno correrà ancora sei corse, tra cui la Milano-Torino e Il Lombardia, il denominatore comune di queste sei prove è il fatto che siano tutte di un giorno. Una stranezza per il fuoriclasse azzurro. Il Cavaliere dei quattro mori infatti non ha mai corso delle classiche fino ad ora e, in generale, non ha mai adorato correre le gare di un giorno. Nel 2016 però le cose sono cambiate, perchè il sardo ne ha già completate sette e diventeranno tredici entro la fine dell'anno, ma perchè, cosa è cambiato? “Ci ho riflettuto tanto – risponde Aru sulle pagine della Gazzetta - . Io sono uno specialista dei giri, nessuno può entrare nel mio giardino, questo resterà sempre il mio mondo, ma mi serve un’interpretazione diversa, avere esperienze anche in situazioni di corsa più complesse e meno prevedibili”.
La domanda successiva viene quindi naturale: chi ha convinto il corridore Astana a provare altre situazioni di corsa, quelle dove lui è meno a suo agio? Facile, Vincenzo Nibali. “Con Vincenzo ho davvero parlato tanto quest’anno, il feeling è forte. A parte il mio primo anno, il 2013, in cui ero suo gregario, poi abbiamo sempre avuto percorsi distinti, ci siamo conosciuti poco. In questa stagione siamo invece stati molto vicini, a Rio eravamo in due, ma una sola cosa, per l’affiatamento che c’era".
Il cambio di rotta continuerà anche nel 2017, dove Fabio ha già in programma grandi gare da correre nelle prima parte della stagione: “Posso già dire che correrò la Sanremo. Non l’ho mai fatta, e devo farla, voglio scoprire questo mondo, la velocità sull’Aurelia, la grande tensione che c’è. Tutti me ne hanno parlato, ora voglio provarlo. Anche alle Ardenne ci sarò”.
L'esperienza alle Olimpiadi con la nazionale italiana ha contribuito a far prendere questa decisione ad Aru: “Mi sono divertito. Sono stato molto contento. Ho ritrovato il piacere di correre, senza troppo stress. Ero leggero di testa, e con Moreno abbiamo fatto una grande gara. Molto presente e concentrato, sempre davanti, sempre al punto giusto. Io mi considero uno esperto, ma queste corse sono comunque una novità per me. In Nazionale riesci a dare il 120% delle tue possibilità, ed è tutto uno scoprirsi, avere nuove sensazioni dopo 220 chilometri: nei giri non ci arrivi, qui invece è diverso. Ecco perché parlo di scoperta di un mondo nuovo per me”.
Questo corse poi danno ad ogni corridore qualcosa in più e, ora che nei grandi giri ci sono sempre più tappe incerte, il saper leggere la corsa è diventato fondamentale: “Saper correre con il vento, evitare le “frustrate”, colpo d’occhio, gestione di gara: non soffrirle vuol dire essere più lucidi. È importante”, conclude Aru.