La Zarina sbotta e sbatte la porta. Ferita, pugnalata alle spalle da un mondo, quello dell'atletica, cui ha dato tanto. Annuncia il ritiro, ora divenuto ufficiale dopo che già lo aveva minacciato alla vigilia dei Giochi, qualora non le fosse stata concessa la possibilità di gareggiare a Rio. Detto e fatto. Niente ultima recita sul proscenio Olimpico, per la quale aveva anche preparato un numero speciale, il tentativo di record a 5,10. Nessuna uscita di scena da trionfatrice, nessuna folla da incantare e far cadere adorante ai propri piedi. Rimane invece in bocca il sapore amaro come fiele per una sconfitta non maturata sul campo - nello sport come nella vita si sa, la differenza fra il sogno e la realtà spesso sa essere stridente e dura da mandare giù - ma figlia di una sentenza, quella della Iaaf che ha escluso da Rio tutta l'atletica russa, che non ha fatto distinzione fra sporchi e puliti, fra dopati e chi con quel sistema diffuso di mistificazione sportiva non ha mai voluto averci a che fare.
"Dio vi giudicherà per quello che avete fatto a me e al mio Paese" tuona la Isinbayeva, fresca di elezione nella commissione atleti del Cio. La furia gioca brutti scherzi e porta a qualche uscita a vuoto - difficile che la fresca campionessa olimpica Ekaterini Stefanidi possa trovarsi d'accordo con l'affermazione che il suo non è un oro così luccicante perchè maturato in assenza della Zarina - ma racchiude meglio di ogni altra cosa tutta la delusione accumulata da Isinbayeva per una decisione che a molti è sembrata ingiusta.
E così, mentre mestamente scorrono i titoli di coda sulla sua carriera, a noi non resta altro che prendere atto che un'era è finita. Due titoli Olimpici, tre titoli iridati, un numero sterminato di record del Mondo. Incantando tutti con fascino magnetico e carisma unico, messi al servizio di un talento fuori dalla norma. Il destino ha giri strani e trova strade sempre nuove per far emergere i propri figli prediletti. Yelena aveva cominciato a 5 anni con la ginnastica, prima di doversi arrendere - quindicenne - all'altezza eccessiva che le ha imposto di lasciare perdere con staggi e polvere di magnesio. Non sarebbe stata lei la nuova Olga Korbut, la nuova Nellie Kim. Per lei il destino aveva in serbo un'altra sfida, una disciplina che da poco aveva aperto le sue porte al mondo femminile. "Perchè non provi il salto con l'asta?" le chiesero. Ha provato e in poco tempo ne ha scritto le leggi e la storia. Dominando, ma anche cadendo e rialzandosi, contro tutto e contro tutti quelli che, con troppo ottimismo, l'avevano bollata come finita. Si legga, per quest'ultimo punto, alla voce Mosca 2013.
Donna, mamma, icona a volte discussa dello sport, ma soprattutto atleta formidabile. Il salto con l'asta riparte da una nuova regina, greca come l'edizione Olimpica che aveva rivelato al Mondo la russa dagli occhi di ghiaccio e dalla bellezza magnetica. Regina nel giorno in cui anche le altre giganti come Suhr e Silva mancano la gara più importante. E ci perdoni Ekaterini se noi, orfani della Zarina, non la celebriamo come di dovere per questo titolo. Ci perdoni se nel giorno dopo la prima cosa che ci viene da dire è solo una: spasiba, Yelena.