Il buio della notte era già calato sul Bird's Nest, il famoso Nido d'Uccello che identifica lo Stadio Nazionale di Pechino, quella sera di sabato 16 agosto 2008. La finale dei 100 metri piani maschili, senza alcun dubbio la gara più attesa di ogni Olimpiade che si rispetti, fa palpitare anche gli spettatori cinesi presenti alla XXIX edizione dei Giochi estivi a cinque cerchi. Cento metri che volano via in un attimo, tra l'esplosività di atleti americani e soprattutto giamaicani. Già, la Giamaica. Una nazione che sforna senza soluzione di continuità velocisti di altissimo livello.
In quel 2008 è Asafa Powell il giamaicano più conosciuto dal grande pubblico. Fisico compatto, 190 cm per 88 kg, Powell si candida come il principale favorito per la medaglia d'oro di Pechino, stante anche la squalifica di Tyson Gatlin, poderoso sprinter statunitense primo alle Olimpiadi di Atene del 2004 con il tempo di 9"85. Gatlin non c'è, trovato positivo al testosterone nel 2006. C'è invece ma è malconcio un altro americano, quel Tyson Gay infortunatosi nei Trials di quella stessa stagione. Problema muscolare agli adduttori e Olimpiadi di Pechino fortemente condizionate per Gay, un po' come Powell, a sua volta reduce da un lungo infortunio.
Nelle batterie comincia a farsi vedere così un lungagnone giamaicano, Usain Bolt il suo nome, noto agli addetti ai lavori e agli appassionati per essersi affacciato alla velocità pura con grandi risultati in quel 2008, facendo segnare addirittura il record del mondo il 31 maggio a New York, con il crono di 9"72, di due centesimi più basso del primato fino a quel momento detenuto dal connazionale Powell. Eppure il grande pubblico non conosce ancora questo gigantesco giamaicano che pare troppo alto per poter competere su una distanza così breve. Troppo lento nel mettere in moto quelle lunghe leve, si dice. Bolt sembra far spallucce, e intanto si qualifica con il miglior tempo per la finale, con un 9"85 che lo mette davanti anche al suo più famoso connazionale (9"91 il crono di Powell), mentre si deve arrendere in semifinale l'acciaccato Tyson Gay, primo degli esclusi in 10"05".
La finale sembra così un affare a due in casa giamaicana, con Bolt che ha dalla sua un'inerzia favorevole. I cento metri percorsi da Usain entreranno nella storia: Bolt, dopo la solita partenza vagamente a rilento, ai cinquanta metri sta già facendo il vuoto, ai settanta ha già vinto. Gli ultima trenta metri sono uno show personale, con il giamaicano meno atteso che rallenta clamorosamente per festeggiare.
Eppure il tempo gli dà ragione: 9"69", nuovo record del mondo. Powell scoppia, e con il suo 9"95 non è neanche sul podio, dove salgono invece per l'argento Richard Thompson da Trinidad e Tobago (9"89) e lo statunitense Walter Dix (9"91) per il bronzo. Il grande pubblico comincia a familiarizzare con le movenze del nuovo tiranno della velocità, che si inventa un'esultanza tutta sua e non ha paura di urlare al mondo di essere il più forte, imbattibile (anche sui blocchi prima della partenza).
E il suo show olimpico non finisce quella sera del 16 agosto, ma si prolunga fino alla finale dei 200 metri, probabilmente la sua vera distanza per caratteristiche fisiche e tecniche. Due giorni dopo ecco il bis, ancora una volta un trionfo senza precedenti e, soprattutto, senza rivali: 19"30, altro record mondiale frantumato (quello di Michael Johnson, 19"32, resisteva da ben dodici anni) con la medaglia d'argento, l'americano Shawn Crawford, distante ben 66 centesimi, margine più ampio di sempre sul secondo classificato della storia olimpica della specialità. Bolt è un lampo nella notte, corre veloce, troppo veloce per non alimentare sospetti. C'è chi torna indietro a Seoul 1988 e a Ben Johnson per scomodare uno dei casi di doping più famosi della storia dell'atletica. Ma Bolt non se ne cura, si fa beffe dei suoi detrattori sostenendo di mangiare pollo fritto prima delle gare, e alla fine si prende il terzo oro (con altro record mondiale abbattuto) anche nella staffetta 4X100, mentre gli americani abdicano già in semifinale (pasticcio nel passaggio del testimone tra Patton e Gay).
Quello di Pechino è solo l'inizio di una serie di trionfi, praticamente ininterrotta, che vedrà Bolt stravincere anche alle Olimpiadi di Londra quattro anni più tardi, con ori mondiali assortiti agguantati apparentemente senza difficoltà nelle rassegne iridate di Berlino 2009, Daegu 2011 (dove però si fa squalificare per falsa partenza nei 100 metri) e Mosca 2013, in attesa dell'ultima fermata a cinque cerchi, quella di Rio de Janeiro.