Capostipite di una generazione di scalatori colombiani che sta cominciando a vincere anche nelle corse europee più prestigiose (si vedano i buoni risultati di Esteban Chaves, il trionfo all'ultimo Giro di Svizzera di Miguel Angel Lopez Moreno), Nairo Quintana è giunto a un momento chiave della sua carriera. Dopo essersi rivelato al Tour de France nel 2013, piazzandosi secondo sul podio di Parigi (e concedendo il bis nel 2015), il corridore della Movistar è atteso quest'anno alla vittoria della Grand Boucle.
La sua squadra stavolta sarà tutta per lui, senza quell'Alejandro Valverde che ne condizionava la strategia, finendo per approntare un attacco a due punte poco incisivo e soprattutto ancor meno sincronizzato. Ecco uno dei motivi per cui Quintana non può sbagliare: reduce da un 2016 per certi versi anomalo (non lo si è visto alla Tirreno Adriatico, nè al Delfinato e al Giro di Svizzera), il colombiano da Combita ha però raggranellato successi un po' ovunque, dalla Volta a Catalunya alla Route du Sud, passando in aprile per il Giro di Romandia. Quasi sottrattosi al confronto diretto con i due rivali più accreditati (Chris Froome e Alberto Contador), il giovane Nairo dovrà ora rispondere alle critiche piovutegli addosso lo scorso anno, quando fu a lungo accusato di aver adottato una tattica troppo attendista nella corsa alla maglia gialla di Parigi. Già, perchè in salita sono in pochissimi a reggerne il passo, come dimostrato nel 2015 all'Alpe d'Huez e nelle ultime tappe di montagna, eppure spesso gli attacchi sono tardivi, gli scatti non propriamente decisi, insomma quanto basta per fare di Quintana ancora un incompiuto, nonostante la maglia rosa conquistata a Trieste nel Giro d'Italia di due anni fa.
Il destino gli presenta ora un'altra grande occasione, un Tour particolarmente duro e adatto alle sue caratteristiche, con una sola vera cronometro da disputarsi dopo i Pirenei (poco più di 37 chilometri, neanche per specialisti) in mezzo a traguardi di alta montagna, con il Mont Ventoux che pare perfetto per un'azione solitaria da scalatore puro. Per un corridore che ha concentrato tutta la sua preparazione stagionale per l'appuntamento della Grand Boucle, quest'edizione della corsa francese potrebbe rappresentare uno spartiacque nella carriera del colombiano, fino allo scorso anno considerato ancora tra i giovani (e vincitore della maglia bianca), ora invece assurto al rango di big che non può più sbagliare. Attaccare, dovrebbe essere l'unica strategia di Quintana, senza attendere gli ultimi giorni di Tour, ma prendendo l'iniziativa fin dalle prime tappe di montagna, evitando che uno tra Froome e Contador possa gestire la corsa a suo piacimento. Fondista nato, diesel per scelta, il capitano della Movistar dovrà quindi snaturarsi un po' per cambiare il corso degli eventi e convincere appassionati e addetti ai lavori che è lui lo scalatore più forte del panorama ciclistico internazionale. A ventisei anni è certamente presto per considerarla un'ultima spiaggia, anche se certe occasioni potrebbero non capitare più. E per rendere concreto il sogno di un colombiano in trionfo a Parigi non basterà un Tour de France corso al minimo sindacale, ma un approccio d'attacco sulle grandi salite, là dove si formano i campioni e le grandi imprese vengono ricordate.