Sud Africa, Coppa del Mondo 1995. A Città del Capo si gioca la semifinale fra Inghilterra e Nuova Zelanda. Passano solo due minuti e la palla arriva a un ragazzo di 118 chili distribuiti su un metro e 96 di altezza. Fisico da puglie, velocità da centometrista: messa al sicuro la palla, il ragazzo comincia a correre verso la linea di meta opposta. E chi lo ferma? Ci prova dapprima Tony Underwood, ma niente da fare; un frontino in faccia ne spegne le velleità. Ci prova poi Will Carling, capitano del XV bianco: opta per la francesina, ma è come fargli il solletico. Il gigante nero sembra per un attimo perdere l'equilibrio, ma dopo un attimo è già in piedi, ancora con il motore al massimo della potenza, lanciato verso l'obiettivo finale. L'ultimo ostacolo si chiama Mike Catt, estremo inglese, ultimo baluardo difensivo dei bianchi contro il debordare della marea All Blacks. Ma il ragazzo con la 11 nera risolse drasticamente il problema: prese la più breve e travolse l'inglese, asfaltandolo letteralmente e chiudendo così perfettamente la sua cavalcata regalando i primi 5 punti alla Nuova Zelanda. Ne farà altre due di mete quel giorno Jonah Lomu, quindici in totale a fine carriera. Come lui solo Brian Habana, che di mondiali ne ha però disputati 3.
Quel 18 giugno 1995 il ruby conobbe definitivamente la sua nuova stella. Oggi, 18 novembre 2015, la stessa Ovalia ne piange la scomparsa. La notizia della morte di Jonah Lomu a soli quarant'anni- le cui cause precise ancora non si conoscono - è stato un fulmine a ciel sereno non solo nell'Isola che fa del rugby una religione ma in tutta la comunità di tifosi e appassionati che, grazie alle imprese del gigante neo-zelandese, si sono avvicinati a questo meraviglioso sport. Un campione tanto grande quanto sfortunato, che ha dovuto fare i conti con probelmi ai reni che nel 2003 lo costrinsero alla dialisi e quindi a un trapianto. Ma che, di fatto, fermarono sul più bello la carriera internazionale di Lomu.
Con quel fisico avrebbe potuto tranquillamente essere fra i pesi massimi nelpugilato; con la sua velocità - al liceo fu accreditato di un tempo di 10"8 sui 100 piani - un ottimo sprinter. Jonah Lomu scelse invece di donare talento, velocità e fisico alla palla ovale; la palla ovale di ricompensarlo facendo di lui un simbolo, la stella polare di un movimento che proprio in quegli anni usciva dalla dimensione dilettantistica per entrare in quella dorata del professionismo. E se oggi la Coppa del Mondo di rugby è il terzo grande evento sportivo più seguito al Mondo dopo Mondiali di calcio e Giochi Olimpici, buona parte del merito di Lomu. L'uomo in nero fermato solo dalla Signora in nero.