Ironman. Mai definizione - coniata per descrivere la durezza e le difficoltà del triathlon categoria "super lungo" - sarebbe potuta essere tanto adatta per identificare Alex Zanardi, uno che di ferro sembra fatto per davvero e che di abbandonare lo sport non ci pensa neanche. E' notizia di ieri che Zanardi è giunto al 167' posto nell'Ironman hawaiiano di Kona, in mezzo ad alte temperature e a un'umidità degna di una palude tropicale, migliorando il suo precedente record personale di ben sette minuti, nonostante una frazione a nuoto percorsa sotto i suoi standard a causa di un'indigestione.

Ovviamente Alex ha trionfato nella sua categoria, ma il risultato clamoroso rimane quello complessivo, quel centosessantasettesimo posto in classifica generale, tra atleti e appassionati di tutto il mondo. E, in perfetto stile Zanardi, il bolognese ha già mosso lo sguardo verso l'orizzonte olimpico, quello a cinque cerchi di Rio de Janeiro 2016, con l'intento dichiarato di bissare il successo di Londra 2012. In un mondo come quello sportivo, in cui il rischio di scadere nella retorica è sempre dietro l'angolo, esaltare Zanardi non significa esaltare solo la capacità di reazione dell'uomo di fronte alle difficoltà della vita, ma vuol dire apprezzare la passione verso lo sport che - mai come in questo caso - supera ogni tipo di limiti e barriere. Il tutto condito da un atteggiamento che definire positivo è chiaramente riduttivo, specie se si parla di un campione che prima del terribile incidente che ne ha cambiato la vita primeggiava nelle corse motoristiche (ha corso anche in Formula Uno, per non farsi mancare niente).

E' una storia da "Sfide" quella di Alex Zanardi, una di quelle che lui stesso racconta con una particolare luce negli occhi nel celebre programma sportivo in onda sulla Rai. Si tratta di qualcosa che va al di là del pur sempre affascinante mito del ritorno, quello che narra di discese ardite e di risalite, ma che riscopre invece l'ancestrale tendenza dell'uomo di testarsi oltre i propri limiti, per scoprire fin dove sia possibile spingersi. E niente come lo sport può esemplificare al meglio questo concetto, unendo in sè tanta passione e un pizzico di sana follia. D'altronde, se sei un Ironman - e ormai Zanardi lo è ufficialmente, anche per gli almanacchi del triathlon - non hai bisogno di appellativo migliore per onorare lo sport in tutte le sue diverse sfaccettature.