Chris Froome ha conquistato il suo secondo Tour de France. Si può discutere sul fatto che l'abbia vinto nella prima settimana oppure dopo l'attacco nella prima tappa pirenaica, correndo poi in pieno controllo degli avversari. Quest'ultimi, soprattutto la Movistar, in particolare Alejandro Valverde e ancor di più Nairo Quintana, magari avranno il rammarico di non averlo messo in difficoltà quanto avrebbero potuto e dovuto. Occorre però sottolineare che la Sky, con il suo modo di affrontare la corsa, sembrava davvero un totem, un autentico baluardo inattaccabile, mettendo davvero paura alla concorrenza. Questo team da quando è apparso nel ciclismo ha davvero rivoluzionato le metodologie di allenamento e il modo di approcciare alle gare.
Tutto si basa su principi scientifici e matematici, dati elaborati al computer, tabelle da rispettare senza sgarrare sui watt, relativi alla potenza massima ed in base a quella impostare la frequenza di pedalata. Per il team Sky la pista è un'importante palestra dove esercitarsi allo scopo di imparare cosa riserveranno le prove su strada. Secondo la metodologia britannica vige il principio della meritocrazia; chi dimostra di avere talento e capacità avanza nelle gerarchie di squadra perchè l'obiettivo è la vittoria. Chris Froome ha iniziato come gregario di Sir Bradley Wiggins, dimostrando sul campo di valere di più, potendo quindi lottare per il trionfo in una grande corsa a tappe. Ha fatto suo il Tour nel 2013, la scorsa stagione non ha avuto fortuna, gli incidenti non lo hanno risparmiato e gli hanno dato maggior vigore per riprovarci quest'anno. Magari a tanti non piacerà il suo modo di correre, questa sua caratteristica "frullata" (il modo di mulinare i pedali velocemente), così lontana dalla "danza" di Alberto Contador. Ma il keniota bianco ha dimostrato di essere concreto e vincente. Definire Chris Froome e i suoi compagni dopati, sulla base di semplici illazioni, che assomigliano a chiacchere da bar, appare ridicolo e irriguardoso. I francesi dovrebbero applaudire il vincitore della Grand Boucle ed essere orgogliosi di quanto fatto dai loro giovani Romain Bardet e Thibaut Pinot; il futuro sarà dalla loro parte.
Froome ha dimostrato di essere umano sulle Alpi e non il robot che molti credevano; solo non c'è mai stata quella crisi in cui speravano i suoi rivali. Chris infatti ha potuto contare su dei validi gregari come: Gerraint Thomas, Richie Porte e Wouter Pouls che hanno avuto il merito di non lasciarlo solo quando bastava pochissimo per perdere il primato. Nell'albo d'oro del Tour de France alla voce del vincitore ci sarà scritto solo il nome dello stesso Chris Froome ma una buona fetta del suo trionfo appartiene anche ai suoi gregari.