Il ciclismo moderno non conosce sosta, ogni giorno il limite si sposta più in là, il dettaglio separa vittoria e sconfitta, la tecnologia oscura il lato umano di uno sport che da sempre è unione di sacrificio e fatica. L'avvento di computer, speciali programmi di allenamento, tabelle da seguire con rigorosa attenzione, la corsa non è più uomo contro uomo, ma è uomo e computer, sulla strada.
Alberto Contador rappresenta un ritorno al passato, non segue uno schema predefinito, ma si addatta al momento. Se la giornata offre uno spunto interessante, un'occasione, Alberto raccoglie la sfida. Sul Mortirolo, la sorte ha posto Alberto a un bivio. Difendersi o rischiare. Sulle prime rampe, via, sui pedali. Il recupero ha esaltato il popolo a bordostrada, perché il ciclismo, negli anni piegato dal doping, resta lo sport della gente. Contador trova ovunque seguaci, perché interpreta il ciclismo in maniera primordiale. Certo, non è scriteriato, sa bene quel che fa, è forse il più intelligente in corsa, perché legge la tappa e i rivali, come nessuno. Al Giro, ha colpito, poi si è difeso, in affanno sul Colle delle Finestre. Uomo, quindi incline alla crisi. Ruote che scivolano sulla sabbia, avversari che scappano. Nella difficoltà, la grandezza. Solo, Contador non cade, accetta il momento e sale cauto. Il Giro è il primo tassello verso la gloria.
Già il Giro, perché Contador riparte dal rosa per colorare di giallo il futuro. Le tre settimane sulle ascese d'Italia possono precludere il successo al Tour? Dopo il primo Grande Giro dell'anno, Contador ha staccato per pochi giorni, qualche allenamento e una rifinitura alla Route du Sud, per incrociare Quintana. Duello in quota, attacco in discesa, primo al traguardo. Contava poco, ma mettere la ruota davanti è un segnale. "La testa conterà quanto le gambe", dice Contador. Lo spagnolo ha meno energie, deve correre d'astuzia, può soffrire la durissima terza settimana, non è detto che non azzardi qualcosa da subito, magari sui Muri d'approccio al Tour. Strappi secchi, indigesti a scalatori come Froome e Quintana. Il britannico segue una filosofia definita, il Team Sky ha un programma ben noto. Demolire i rivali e lanciare Froome, non sempre la corsa aiuta una simil impostazione. Quintana è invece un'ombra, vive coperto, in attesa della scalata. Contador, più vicino a Nibali, vive di sensazioni.
Alberto vuole chiudere tra un anno e mezzo, a fine 2016, ha vinto spesso nei grandi giri, non ha molto da chiedere, ma dentro è spinto da un'ambizione sfrenata, rifiuta la sconfitta, cerca sempre linfa vitale in sfide all'apparenza impossibili. Coppi, Anquetil, Merckx, Hinault, Roche, Pantani, ora Contador, Giro e Tour. Non sempre, in Francia, Contador ha avuto vita facile. Ha scoperto successo e sconfitta, gioia e dolore. Ha vinto e ha perso, senza piegare il capo. Ha attaccato dopo pochi chilometri di corsa per cambiare la storia, davanti a giganti della montagna, leggende di Francia. Si è scontrato con Froome sul Ventoux, è rimbalzato indietro, travolto dal frullare frenetico del keniano bianco. Lo scorso anno, colpito sul pavè, è crollato in discesa, prima di indossare il rosso alla Vuelta. Non è mai anonimo Contador, ama l'azzardo, lo show.
Ripete spesso, Alberto, che quando mette il numero sulla schiena lo fa per vincere, niente di più vero. Non basta, a Contador, il Tour, la corsa tra le corse. Il Tour lo ha vinto, in passato, ora si spinge oltre, con quel sorriso dipinto sul volto da cui traspare una preoccupante tranquillità. Il Tour si vince soprattutto di testa, ha ragione Alberto.