Carlos Sastre Candil (El Barraco, Ávila, 22/4/1975) ha scritto il suo nome a caratteri cubitali nell'albo d'oro del Tour de France. Nel 2008, grazie ad una scalata leggendaria dell’Alpe D’Huez, ha conquistato la maglia gialla racimolando il vantaggio necessario per arrivare fino a Parigi in testa alla Grande Boucle. Sastre ha parlato ai microfoni di VAVEL Spagna per offrire la sua personalissima visione del Tour de France e non solo, analizzando approfonditamente lo stato del ciclismo attuale, e della sua nuova avventura di commentatore per TVE e dell’Alpe D’Huez.
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A maggio ha debuttato come commentatore per TVE durante il Giro d’Italia. Come ha vissuto l’esperienza di essere dall’altra parte in una gara così importante?
"È stata una bella esperienza e, soprattutto, ho cercato di divertirmi. Fortunatamente la gara è stata interessante, ogni giorno succedeva qualcosa e questo ha fatto sì che commentare fosse più facile. Mi sono potuto godere la gara da un punto di vista diverso dal solito".
Quali conclusioni trae dal Giro?
"Non c’è bisogno di fare molti riassunti: c’è stato un corridore più intelligente, che è stato più forte di tutti gli altri, ed è Alberto Contador. Ci sono stati altri ciclisti che hanno fatto una bella gara, ma la loro situazione e l’inesperienza hanno permesso loro di farsi notare, ma non di vincere".
Contador, come dice, ha appena vinto il Giro e aspira al Tour. Secondo lei è possibile una doppietta di Alberto?
"Credo che sarà difficile, ma lo era anche vincere il Giro d’Italia e ci è riuscito. Non penso sia impossibile. Al Tour de France ci sono delle circostanze differenti, ma allo stesso tempo molto simili. Ci saranno ciclisti diversi, ma molto forti. Il Tour sarà molto controllato, ma in qualche occasione ci sarà più libertà, visto che qualcuno lascerà la responsabilità ad altri. Questo renderà la competizione molto più bella e farà sì che entrino in scena altri corridori che, a priori, uno non conta".
Quale strategia pensa che debba seguire Contador? Crede che debba essere più offensivo o conservatore?
"Credo che sarà più conservatore, ha già vinto la prima grande competizione dell’anno ed in questo senso ha la tranquillità che magari qualcun altro non ha. Nonostante sia un ciclista combattivo, sono altri che devono lavorare sodo soprattutto nelle fasi iniziali della gara".
Nel 2009 e nel 2010 ha corso il Giro con buoni risultati, 2° e 8°. Successivamente ha partecipato al Tour con risultati più discreti. Può notare questa perdita di condizione anche in Contador?
"Questa è una circostanza diversa. L’anno in cui vinsi il Tour arrivai alla Vuelta e conclusi terzo. Se Alberto si è riposato bene, come credo abbia fatto, e ha potuto allenarsi, sarà in ottime condizioni. Infatti, è arrivato alla Route du Sud e ha vinto. Questo è dato indicativo. Non credo che aver corso il Giro lo condizioni. Inoltre quest’anno è stato più tranquillo e ha dimostrato che le sua condizioni fisiche erano ottime".
Tra i quattro favoriti per la vittoria del Tour, chi vede con più possibilità di vincerlo?
"Non sono mai stato uno che parla di favoriti, ma al momento non posso dimenticarmi di Purito Rodriguez e di Alejandro Valverde. Sono stati eliminati dalla lista dei favoriti, ma sono corridori che hanno ottenuto buoni risultati, hanno disputato una bella stagione e sono stati un po’ min disparte in questa fase centrale dell’anno in cui si sono concentrati nel recupero e nella preparazione del Tour. Sono due ottimi ciclisti, di gran qualità e non mi sento di scartarli, dato che in una gara di questo tipo possono infastidire i quattro favoriti".
Per quanto riguarda questi due ciclisti che ha menzionato, può favorirli il fatto che non ci siano le solite prove a cronometro?
"Non so se ci sarà qualcuno che ne beneficerà di più, ma senza dubbio ci sarà un ciclista a cui farà meno comodo, Chris Froome, per le sue condizioni di gran cronoman. Sia Nibali che Contador sono grandi cronomen, Nairo Quintana si difende bene, così come Joaquim che Alejandro".
Questa assenza di prove lunghe favorisce o no lo spettacolo?
"Io credo che lo favorisca. Le prove sancivano o limitavano la gara dal momento in cui c’era un dominatore in questo aspetto che aveva riferimenti e dei vantaggi che agli scalatori costa molto ridurre. Il fatto che si giochi tutto nelle tappe di montagna è più intrigante perché fa sì che, per esempio, Nairo Quintana corra in maniera più rilassata pensando a quelle tappe per tirare fuori questa qualità. Altri ciclisti come Purito possono vedere la gara con molto più ottimismo. Non è un percorso che favorisce corridori potenti, ma beneficia lo spettacolo".
Si può dire che il percorso di questo Tour sia migliore di quello di altri anni?
"Non è né migliore né peggiore, ma se guardiamo quello che piace a noi amanti di questo sport, è sicuramente più attraente dei percorsi di edizioni precedenti".
Nella penultima tappa si sale all’Alpe D’Huez, un luogo che le riporta alla mente dei bei momenti. Cosa ricorda della sua vittoria lì nel 2008?
"Avevo il giorno segnato già prima della partenza. Avevo aspettato durante tutta la gara come un cacciatore aspetta la sua preda, provando a mantenere intatte le mie chance di vittoria. Quando è arrivato quel momento, a parte il fatto di contare su una grandissima squadra che ha fatto un lavoro sensazionale, sapevo bene che la mia chance l’avevo venendo dal basso ed è quello che ho fatto. Me la sono giocata. È stata veramente dura, ma mi ha motivato allo stesso tempo. Grazie a questi due aspetti sono riuscito a tirare fuori quel tempo così buono e fare una salita sensazionale, che è stata poi fondamentale per mantenere la leadership fino a Parigi. È stato veramente bello e poi condividere quel momento con persone come Michael Douglas è stato indimenticabile".
Se dovesse dare un consiglio ai ciclisti che dovranno salire l’Alpe D’Huez in questo Tour, cosa direbbe?
"Che attacchino dal basso senza pensarci due volte (ride). È quello che vogliamo tutti noi spettatori: al massimo dal basso, con una battaglia e che arrivi in alto il più forte. Non è un consiglio, è un desiderio".
Cosa ha di speciale questa tappa che la rende così diversa dalle altre?
"Non credo che sia diversa dalle altre. È speciale ed è stata fatta moltissime volte durante il Tour de France. È arrivata quasi sempre nelle fasi finali di gara, dove i ciclisti più forti hanno avuto l’opportunità di emergere. Il fatto che sia così vicina a Parigi permette che il corridore che lì indossi la maglia gialla vinca il Tour. Questo ha reso la tappa ancora più speciale e più semplice da ricordare per tutti".
Crede che sia la tappa più leggendaria del Tour o metterebbe davanti Tourmalet, Galibier o altri simili?
"Ognuna ha le proprie caratteristiche ed in tutte abbiamo visto grandi battaglie. Tutti i corridori che sono riusciti ad emergere in queste tappe sono riusciti a vincere il Tour e rendere grande sia la gara che le montagne. Tutte hanno qualcosa di speciale, ma non sono uno che si limita ad una sola salita. Le montagne sono lì e siamo noi corridori che battagliamo affinché siano mitiche".
Dice che il ciclismo dipende dai corridori affinché sia più o meno spettacolare. Crede che il ciclismo attuale sia differente da quello della sua epoca?
"È differente, cambia in ogni epoca, ma non è molto diverso da quello dei miei tempi. Il più grande cambiamento che ho visto è che ora i ciclisti si limitano molto ai misuratori di potenza. È tutto molto più sofisticato. Da una parte è una cosa buona, perché i corridori eliminano il rischio di vincere o perdere al 50%, ma si perde l’attrazione di quei cali fisici che rendevano epico questo sport. Forse questo manca nel ciclismo attuale, ma vedendo il Giro siamo tornati a vivere tutte quelle circostanze e questo ha fatto sì che tutti vedessimo di nuovo qualcosa di speciale in questo sport. Spero che il Tour sia simile".
Parlava dei misuratori di potenza. Crede che in qualche modo abbiano pregiudicato lo spettacolo, che si è un po’ perso?
"È chiaro che tutto quello che viene controllato al 100% impedisce sorprese, impedisce di alzarsi dalla poltrona. È tutto molto premeditato. Questi non sono gli ingredienti di una buona riuscita, ma al momento questo c’è. La tecnologia nel ciclismo è importante perché aiuta tantissimo il ciclista e gli allenatori per capire molte cose che in altri modi sarebbero difficile da comprendere. Ma d’altra parte, quando viene utilizzato molto ed è tutto estremamente controllato, fa sì che si perde l’incognita della gara. Tutto è necessario nella giusta maniera".
Un altro tema ricorrente nel ciclismo è il doping. È molto tempo che non ci sono grandi scandali sotto questo aspetto. Crede che ora il ciclismo sia più pulito rispetto a qualche anno fa?
"Non credo che sia né migliore né peggiore rispetto ad altri anni. Il ciclismo è uno specchio della società e, se nella società attuale c’è meno corruzione, il ciclismo avrà meno problemi di questo tipo. Nella società c’è meno corruzione? Il ciclismo non è stato così pessimo come ce lo volevano far passare e oggi non è così meraviglioso come lo vogliono dipingere. Tutto ha dei limiti e la cosa importante è che le misure che si prendono per trovare le persone che imbrogliano siano adeguate".
Nel ciclismo attuale ci sono molti corridori giovani, come Quintana, Sagan e Kwiatkowski, che riescono ad essere quasi sempre davanti e non era normale vedere questa cosa prima. C’è un motivo particolare o semplicemente è una generazione molto buona?
"Beh, Contador era giovane come Sagan quando ha vinto il suo primo Tour…c’era anche Andy Schleck. Queste generazioni sono sempre esistite e negli ultimi dieci anni ancora di più. Prima i corridori, ma anche in società, prima di essere capitani, dovevano lavare il ponte della nave, poi diventavano marinai, passavano alle cucine e, infine, se avanzavano in carriera, diventavano capitani. Nella società attuale vediamo marinai vestiti da capitani ed è così anche nel ciclismo. Non è una critica, perché chi ha questa qualità e può sfruttarla a 21 anni ha una virtù, ma non è normale. Credo che la cosa normale sia avanzare poco a poco e, quando si raggiunge una certa maturità e si è pronti a determinati sforzi, si può trionfare in qualche modo. Nel ciclismo, come nello sport in generale, abbiamo visto gente molto giovane che ha mantenuto livelli altissimi per molti anni. Questa è una prova del fatto che le cose sono molto controllate".
Parlando delle nuove generazioni del ciclismo, si dice che non c’è un cambio generazionale per Contador, Purito, Valverde…crede che sia così?
"Qualcuno raccoglierà il testimone, ma eguagliare i risultati di questi ciclisti non è semplice. Sono ai massimi livelli da molti anni".
Qual è la sua opinione sul ciclismo spagnolo attuale? Le manca di più la squadra o la base?
"La prima cosa di cui si ha bisogno è una base solida, che non c’è. Poi, ovviamente, mancano le squadre. Nonostante ciò ci sono dei corridori che stanno andando molto bene, accumulano chilometri ed esperienza. Forse sono ciclisti con caratteristiche differenti e che probabilmente hanno bisogno di più tempo per formarsi. Questa è una cosa che giudico positiva, ma non penso che ci sia una generazione che possa sostituire quella attuale, perché è molto difficile. Nonostante ciò vediamo un Mikel Landa che si è fatto notare al Giro, a ciclisti di Movistar che sono cresciuti poco a poco…anche questo dà speranze".
Suo padre, Víctor Sastre, è una delle persone che sta mettendo del suo per migliorare la base del suo progetto. Come sta andando?
"In realtà sono tre progetti. Il primo è ‘Soy Bici’ (Sono Bici), che è un progetto sociale nei centri educativi e sta avendo molto successo. La Delegazione Provinciale di Educazione ammira molto il progetto e lo ha valutato in maniera molto positiva. Questo ci spinge a continuare. È un’iniziativa necessaria, perché aiuta a sapere come comportarsi quando si vede una persona che va in bicicletta e permette che le città siano più pulite perché promuoviamo l’utilizzo della bicicletta e non quello della macchina per tragitti brevi. Stiamo promuovendo molte cose importanti. Abbiamo anche la Scuola di Ciclismo per insegnare ai bambini ad andare in bicicletta in maniera responsabile, per gareggiare e saper utilizzare il tempo. Infine abbiamo l’Accademia Junior, dove abbiamo sette ragazzi che continuano a studiare e nel frattempo si formano a livello sportivo, che è una cosa buona e permette di educare a certi valori, la filosofia della Fondazione".
Infine, nonostante non le piaccia parlare di favoriti, chi crede che vincerà il Tour?
"Quello che ci metterà meno tempo (ride). Credo che spingersi a fare un pronostico sia difficile quando c’è tanta qualità tutta insieme. Spero che uno dei tre spagnoli che abbiamo tra i favoriti del Tour possa vincere. Tutti e tre hanno le potenzialità per farlo. Questo per me sarebbe un gran risultato per il nostro ciclismo".
Si ringrazia per la collaborazione nella traduzione la nostra collaboratrice Lorenza D'Adderio.