In questi giorni e pure nel passato recente tiene banco nei mass media la figura di Antonio Conte, attuale allenatore della nazionale italiana di calcio. Non è questa la sede dove si discuterà della giustezza o meno delle polemiche circa certe sue affermazioni, se resterà al suo posto o si dimetterà. Qui si analizza come è cambiata la figura dell'allenatore della nazionale italiana in varie discipline sportive. Il tutto tenendo conto di questi parametri: contesto storico, spazio di esperienza, orizzonte di aspettativa. Nel calcio si è sempre lavorato per un progetto di natura quadriennale, che si chiudeva con i Mondiali e aveva come verifica parziale dopo 2 anni gli Europei. Se a metà del percorso magari qualcosa non funzionava si poteva intervenire. In passato però c'erano allenatori come Enzo Bearzot oppure Azeglio Vicini che dedicavano anima e corpo al progetto azzurro. Va detto che però la nazionale non veniva vista come un intralcio all'attività dei club, si giocavano meno partite di oggi. Ai nostri giorni il primo a lamentarsi del suo ruolo è stato Cesare Prandelli. Quest'ultimo sentiva la mancanza di un club, non riusciva più a tollerare l'inattività per mesi. Nella nazionale di calcio ormai non si parla più di allenatore ma di selezionatore che ha il compito di trovare i giocatori più in forma e magari più adatti alla sua idea di gioco. Con Antonio Conte i problemi manifestati di Prandelli si sono amplificati maggiormente in quanto risulta difficile comunicare con i club di serie A. Ormai è evidente che i tecnici moderni nel calcio si sentano autoreferenziali, rappresentando sè stessi. Lo stesso Conte pare sentirsi ingabbiato, il suo modus operandi sarebbe più adatto a quello di un club.
Ora invece cambiamo disciplina, dando uno sguardo alla situazione del nostro volley. Qui il presidente FIPAV Carlo Magri, rispetto ad altre federazioni, ha sempre osteggiato il doppio incarico, chiedendo figure che si occupino a tempo pieno della nazionale. Anche nella pallavolo si ragiona su un progetto di durata quadriennale, che si conclude con le Olimpiadi, con tappe parziali Europei e Mondiali. Ci sono però delle differenze rispetto al calcio. Infatti l'attività delle nazionali si svolge una volta conclusa quella dei club, cioè inizia a fine primavera, abbracciando tutta l'estate, concludendosi ad inizio autunno. Inoltre ogni anno hanno luogo tornei internazionali importanti come la World League in campo maschile e il World Grand Prix in quello femminile. Poi negli anni dispari si disputano pure World Cup e Grand Champions Cup. Prendiamo in esame la situazione dell'allenatore della nazionale maschile Mauro Berruto. Il tecnico piemontese ha più volte ribadito di considerare questa esperienza totalizzante, allenare un club non gli manca affatto. Gira il paese, segue tante partite, lo si vede spesso nei palazzetti. Lo stesso Berruto ha promosso stages aperti ai giovani della serie A1 e della serie A2, per scovare nuovi talenti da portare in nazionale. Così facendo è riuscito a valorizzare ad esempio Matteo Piano e Thomas Beretta.
La Federazione Italiana Pallacanestro invece non si è mostrata ostile al doppio incarico. Infatti l'attuale allenatore Simone Pianigiani e il suo predessore Carlo Recalcati hanno affiancato l'attività della nazionale a quella con il club. Pure qui si ragiona in ottica quadriennale, con Europei e Mondiali tappe intermedie, le Olimpiadi chiudono il percorso. In passato però abbiamo avuto figure come quelle ad esempio di Sandro Gamba e Giancarlo Primo, che quando si trovavano sulla panchina azzurra ad un club non pensavano affatto.
Vediamo la figura dell'allenatore nel ciclismo. Qui più che altro si parla di selezionatore. Inoltre abbiamo a che fare con una disciplina in cui il lavoro di squadra può risultare determinante nel successo del singolo corridore. Le prove più importanti sono le Olimpiadi e il Campionato del Mondo, quest'ultimo si svolge una volta l'anno. A svolgere il ruolo la federazione ha sempre chiamato ex corridori quasi sempre dal grande palmares, oppure con grandi capacità carismatiche. In anni recenti abbiamo visto il commissario tecnico Paolo Bettini oppure quello attuale, suo successore, cioè Davide Cassani portare nelle corse di un giorno la nazionale a gareggiare contro le squadre di club. Questo allo scopo di far fare esperienza a giovani corridori. Rispetto ad altre discipline l'allenatore ha meno difficoltà ad interagire con gli atleti, c'è un altro tipo di rapporto.
Passiamo ora al tennis dove il tecnico viene chiamato capitano non giocatore. Qui purtroppo la difficoltà risiede nel fatto che la stagione dei tornei è lunga e snervante. Trovare stimoli per cimentarsi in Coppa Davis o Federation Cup risulta molto difficile per molti tennisti. A volte può capitare che si presentino fuori forma o rifiutino la convocazione. Pure il ruolo di capitano non giocatore è di selezionatore più che di allenatore. Dovrà viaggiare e seguire i tennisti nei vari tornei per trarre importanti indicazioni. Magari in passato il suo ruolo era più facile in quanto rappresentare il proprio paese per molti era un onore. Oggi invece si preferiscono i premi in denaro dei tornei. Si conclude così il nostro excursus della figura dell'allenatore della nazionale italiana in varie discipline sportive