Quindici anni, un'eternità. Quindici anni per ripartire, togliere il velo dell'omertà e scoprire la verità urlata da tempo. Marco Pantani è morto solo in una stanza d'albergo, molto tempo prima è morto sull'amata bicicletta, spinto a terra da poteri troppo forti per un scricciolo capace di domare le montagne, ma non le difficoltà della vita. La Procura di Forlì si accoda a quella di Rimini. Mentre a casa di Marco si indaga su un suicidio che col passare dei mesi assume i crismi dell'omicidio, a Forlì si torna a parlare di quanto accaduto nella famigerata giornata di Campiglio.
Il volo del Pirata si spezza quel giorno, sui tornanti resi magici da quella pedalata inconfondibile, da quello sguardo triste e fiero allo stesso tempo. Parole di una durezza incredibile quelle che emergono dagli atti. Camorra, Vallanzasca, ematocrito modificato. Già perché anche quel giorno, quello dell'addio e della squalifica, Pantani non è oltre il limite consentito. L'ematocrito del campione di Cesenatico è all'interno dei valori stabiliti (48, il limite consentito dall'Uci è di 50), non a 51,9 come da fonti ufficiali. Inevitabile pensare a una figura in grado di cambiare le carte di tavola, un medico, un complice in grado di operare sulla provetta.
Lo stesso Pantani si testa la sera prima del 5 giugno, a nulla serve. Poteri forti, molto prima, decretano l'addio al Giro del Pirata. Troppo denaro, troppe scommesse su un cavallo sicuro. Il guadagno corre sul filo della sorpresa. Far fuori il numero uno, per conquistare una posta illimitata. Questo traspare dalle parole di Vallanzasca nella sua autobiografia, questo emerge da quanto sta analizzando la procura di Forlì. Uno scenario devastante, ma tremendamente reale. Non ha pace Pantani, ma forse a breve avrà giustizia.
Fonte Gazzetta dello Sport