Bella e dannata. Seducente, infinita. L'ascesa dello Zoncolan corona un Giro d'Italia dominato dallo sguardo imperscrutabile di Nairo Quintana. La maglia rosa danza sui pedali, senza soffrire, all'apparenza, le pendenze mortifere della montagna più impervia. Dieci chilometri, con tratti al 20 e al 22%, un dislivello di 1200 metri. Il sole attanaglia finalmente i corridori, che a zig zag alzano lo sguardo stremati, cercando invano lo striscione d'arrivo. Sembra non finire mai, fino al cartello del chilometro conclusivo, quello dell'apparente salvezza. Perché anche lì si può perdere o guadagnare tanto. Trionfa, per la seconda volta al Giro, l'australiano Rogers, fuggitivo di giornata insieme a un folto plotone di avventurieri, ma la lotta per il podio è alle sue spalle.
Quintana sfrutta il lavoro splendido di Igor Anton e riduce il gruppo a un manipolo di atleti. Sono i migliori, i signori della montagna. I giovani Aru e Majka, all'esame del fuoco, l'indomito Pozzovivo, già vivo a Sella Razzo, Uran e il transalpino Rolland. Rigoberto gode dell'aiuto di Poels che stacca tutti con un'andatura infernale. Tutti, tranne Nairo. Lui corre da padrone, rispondendo in prima persona. Dietro l'orgoglio azzurro di Pozzovivo, la fatica di Aru, le difficoltà di Rolland.
Sul traguardo, dietro a Rogers, si piazza un pimpante Pellizotti. Terzo uno sfortunato Bongiorno, condannato dalla stupidità di un tifoso invasivo. Alla spicciolata gli altri attaccanti ad anticipare i big. Insieme, a sventolare il vessillo colombiano, Uran e Quintana. Il primo a suggelare la seconda piazza, il secondo a consacrarsi nella storia del Giro. Non concede niente la maglia rosa. Lo schiaffo finale è uno sprint di prepotenza. Il cuore vale ad Aru un podio significativo. L'Italia scopre il domani nel giorno più atteso.
Ordine d'arrivo:
1) Rogers
2) Pellizotti
3) Bongiorno
Classifica generale:
1) Quintana
2) Uran
3) Aru