Gennaio è alle porte e con esso l’inizio di una nuova stagione di scherma. In attesa di tornare a sentire lo squittio delle scarpe sulla pedana e il tintinnio delle lame che si incrociano, si sfiorano e si toccano, facciamo un passo indietro e diamo un’occhiata a quanto accaduto in questo 2013. L’anno del centenario della FIE, suggellato agonisticamente dallo splendido mondiale di Budapest, e ufficialmente dalla sfarzosa festa di Parigi a fine novembre, è al contempo capitolo già chiuso e succosa anteprima di una nuova stagione che muoverà i primi passi – con qualche novità- da Doha il prossimo 16 gennaio.
Fioretto a tutta Italia – Cambiano gli ingredienti, ma la ricetta è sempre vincente. È il caso del fioretto azzurro, fucina infinita di Campioni e Campionesse che anche nel 2013 ha dettato legge sulle pedane del mondo. In maniera netta le ragazze, con qualche sofferenza i ragazzi. L’addio di Stefano Cerioni non ha per nulla mutato gli equilibri in casa Italia, mentre Andrea Cipressa si è trovato in mano una fuoriserie, sapientemente pilotata fino ai più alti traguardi.
Emblematico è il caso della squadra femminile: Arianna Errigo (foto,Bizzi) ha spazzato via le avversarie e si è presa la tanto sospirata medaglia d’oro iridata individuale, nonché la sua terza Coppa del Mondo, la seconda di fila. Una stagione ad alta velocità per la monzese, ma anche abbastanza tribolata: l’addio del maestro Bortolaso, volato in Russia a seguito di Cerioni, è stato un colpo duro da assorbire ma anche un potentissimo carburante andato ad alimentare il motore del carro armato che ha travolto tutto ciò che trovava sulla sua strada. Ha fatto seguito un periodo di flessione, coinciso con l’uscita prematura dall’Europeo, quando la mancanza di un Maestro è diventato un peso insostenibile. Perché chiunque conosca la scherma, sa quale ruolo ha il Maestro nella crescita di un’atleta. Quindi la scelta di lavorare con Tomassini e lo sprint decisivo fino all’oro di Budapest, la consacrazione di una Campionessa.
Elisa Di Francisca, mattatrice a Londra, ci ha messo un po’ a ingranare, ma il connubio tutto femminile - e in salsa Jesina – con Giovanna Trillini pare funzionare bene e ha comunque fruttato alla Campionessa Olimpica in carica un bell’oro europeo e un bronzo Mondiale. Lasciate da parte le luci della ribalta televisiva, è tempo di abbandonare la pista da ballo e tornare a danzare in pedana.
Assenti per maternità Valentina Vezzali e Ilaria Salvatori, l’onore e l’onere della loro sostituzione sono toccati a due “seconde linee” extra lusso come Benedetta Durando e Carolina Erba, due che in qualsiasi altra nazione sarebbero titolari inamovibili nel quartetto per le gare a squadre. Proprio la Erba è stata la vera rivelazione della stagione: la bustocca, che condivide cuore e trionfi con Valerio Aspromonte, si è silenziosamente ritagliata il suo posto in squadra, fino a diventarne colonna portante, al punto da relegare in panchina Valentina Vezzali – al suo rientro post maternità – nella folgorante cavalcata mondiale. Carolina è un vero inno alla costanza e alla tenacia e soprattutto alla capacità di farsi trovare pronta a cogliere la grande occasione nel momento in cui le si è parata davanti a ventotto anni.
Non va però dimenticato il contributo dato da Benedetta Durando: la fiorettista ligure è stata importante nell’economia della squadra azzurra, portando il suo gruzzoletto stoccate. Solo il rientro di Valentina Vezzali dalla maternità le ha impedito la meritata kermesse mondiale. Grande la jesina al suo ritorno pochi mesi dopo avr dato alla luce il suo secondo genito Andrea: la sua corsa è terminata agli ottavi di finale, a un passo dalla medaglia, stoppata solo da una straripante Arianna Errigo.
Fra le avversarie, Inna Deriglazova ha fatto ciò che ha potuto e ha insidiato fino all’ultimo il trono della monzese, alla fine rivelandosi come la più pericolosa contendente al Numero Uno del ranking mondiale. Carolin Golubitsky ha ronzato, fastidiosa zanzara, attorno alle posizioni più alte della classifica, di fatto dimostrandosi la più costante a infiltrarsi alle feste di casa Italia o nell’intromettersi nel duopolio Italia – Russia. Nelle gare a squadre la vera avversaria dell’Italia, più che la Russia con cui ci sono state comunque grandi battaglie, è stata la Francia: le transalpine sono arrivate infatti spesso a contatto con le azzurre per giocarsi le medaglie pesanti, ma tutti gli incroci di lame si sono rivelati disastrosi per Guyart, Maitrejean e la talentuosa Thibus. Il 45-18 patito nella finale mondiale è stata una punizione fin troppo severa, che le ragazze francesi hanno comunque accettato con grande sportività, ammettendo che contro questa Italia c’è ben poco da fare, anche dando il massimo di loro stesse.
Più complicato il discorso a livello maschile, perché al netto dell’ennesimo titolo mondiale nella prova a squadre e della quinta Coppa del Mondo messa in bacheca con qualche brivido da Andrea Cassarà, il dominio è stato molto meno netto. Merito di una batteria di avversari agguerritissimi: non solo i russi – con Akhmathktuzin andato vicinissimo al colpaccio – ma anche americani, i soliti francesi, e la sorpresa britannica. Il mondiale di Budapest ha premiato Miles Chamley – Watson (foto, Bizzi) forse il meno atteso fra i quattro moschettieri a Stelle e Strisce: il giraffone dai capelli platinati era infatti il meno quotato di una squadra che contava su giovani rampanti come Meinhardt, Imboden e Massialas. Ma la sua vittoria, così come l’argento di team Usa nella prova a squadre, è la certificazione che il movimento americano sta costruendo qualcosa di importante anche nella scherma. Tuttavia l’Italia rimane ancora il riferimento in quest’arma: Valerio Aspromonte ha conquistato il bronzo al Mondiale ed è stato autore di una stagione positiva, così come Andrea Baldini e Giorgio Avola.
Il dominio dell’Est Europa sulla sciabola – Se sul fioretto spira una dolce brezza italiana, sulla sciabola imperversa il vento dell’Est. Olga Kharlan (foto Bizzi) e Veniamin Reshetnikov sono i vincitori di Coppa, i Numeri Uno. La zarina ucraina ha fatto man bassa di allori: oro Europeo (il quarto di fila) e oro mondiale a livello individuale, argento europeo e oro mondiale a squadre. In mezzo anche una capatina a Kazan per le universiadi: ovviamente per passare all’incasso dorato, in una gara che per lista di partecipanti aveva poco o nulla da invidiare a una prova di Coppa del Mondo o a un Mondiale. Vincente in pedana, vincente anche…dal trampolino, perché la sua effimera parentesi da tuffatrice pro reality show si è trasformata, manco a dirlo, in trionfo. Nella stagione che ha consacrato Olga, sorride anche l’italia: Irene Vecchi ha infatti messo in pedana una stagione da assoluta protagonista, conquistando la sua prima vittoria in Coppa del Mondo – regolando fra l’altro la sua bestia nera Kharlan in semifinale- e le sue prime medaglie pesanti a livello individuale: il bronzo europeo a Zagabria e quello mondiale a Budapest. Inoltre è stata investita del ruolo di faro e leader della giovane squadra che guarda decisa a Rio 2016: la linea verde varata da Sirovich ha dato i suoi frutti, portando podi in Coppa del Mondo, il bronzo europeo e il quarto posto mondiale. E’ emerso il talento puro di Rossella Gregorio, capace di infliggere un parziale di 15-4 alla Stone nella finalina dellla prova a squadre Mondiale, hanno ottimi margini di crescita Lucrezia Sinigaglia e Martina Petraglia, quest’ultima sostituita nell’ultima parte di stagione da Livia Stagni. Le prime rondini, per dirla con le parole del tecnico, si sono viste quest’anno, i prossimi serviranno a capire se è veramente arrivata la primavera.
In campo maschile, Reshetnikov è stato il classico terzo che gode fra due litiganti. Perché la Coppa del Mondo, che si è giocata nello show-down finale di Budapest, sembrava un affare a due fra l’enfant du pays Aron Szilagy e il nostro Diego Occhiuzzi autore di una super stagione sull’onda lunga dell’argento Olimpico; e invece l’ha spuntata il russo, che si è preso Iride e Coppa in un unico ricco giro di roulette. Davvero un peccato per lo sciabolatore napoletano, arrivato con le batterie scariche proprio nel momento decisivo, ma sempre generoso in ogni gara, nella stagione dove spicca la vittoria al Luxardo.
Casa Italia si coccola poi Enrico Berrè: il ventenne dei castelli romani è la vera rivelazione dell’annata. Non solo perché si toglie lo sfizio di battere in due occasioni il Campione Olimpico, ma anche e soprattutto perché infiocchetta un super Europeo concluso con il bronzo individuale e l’oro a squadre, conquistato da assoluto protagonista. Buona stagione anche per Luigi Samele, mentre Aldo Montano ha di fatto preso parte solo all’ultima fase dopo aver finalmente smaltito i problemi muscolari che si portava dietro da un anno. Il livornese è però sempre garanzia di spettacolo in pedana, un campione vero: per informazioni rivolgersi a Casares, andato al riposo in vantaggio per 8-2 e poi piegato 15-14.
A proposito di spettacolo: l’assalto di semifinale al mondiale fra Szilagy e Kovalev è un qualcosa di meraviglioso, tutto da gustare; noi ve lo riproponiamo per intero nel video qui sotto.
Poca gioia dalla spada – La spada si è purtroppo rivelata l’arma che ha dato meno gioie ai colori azzurri. Non sono comunque mancati i lampi: la vittoria di Matteo Tagliariol a Vancouver (due gare dopo il rientro dall’infortunio), il podio di Enrico Garozzo ad Heidenheim, la vittoria nella prova a squadre, sempre in terra tedesca: il recupero a pieno regime dello stesso Tagliariol e del miglior Paolo Pizzo sono però carte importanti in vista della nuova stagione. Fra le donne, spicca il ritorno al podio di Bianca Del Carretto – terza a Xuzhou - la costanza di rendimento di Rossella Fiamingo, il ritorno post maternità di Mara Navarria che a Budapest s iferma a un passo dalla medaglia, e la bellissima favola di Francesca Quondamcarlo, argento agli Europei di Zagabria, battuta solo dalla dominatrice assoluta della stagione, la romena Ana Branza. Una stagione super per lei, quasi mai scesa dal podio, ma a cui è mancata la ciliegina per guarnire la torta, ovvero l’oro mondiale, andato in tasca all’estone Julia Beljaljeva. Campionessa del mondo nello stesso giorno in cui Nikolaj Novosjolov griffa il suo secondo titolo iridato per una festa tutta estone.
Viene dalla spada femminile la storia più bella della stagione. La scena è tutta per Shin A Lam e Britta Heidemann, loro malgrado protagoniste del pasticcaccio brutto del cronometraggio che costò alla coreana l'accesso alla finale Olimpica. Le due si sono poi ritrovate in pedana per la finale della prova di Coppa del Mondo di Rio De Janeiro: a vincere questa volta è stata la coreana, con le due che si abbracciano a centro pedana (foto, Bizzi). Una piccola favola, che non ripaga Shin dalla cocente delusione, ma che fa vedere quanto può essere bello lo sport.
In campo maschile si conferma Ruben Limardo Gascòn: il campione olimpico si dimostra spadista di valore assoluto e certifica che la vittoria londinese non è stata frutto del caso o della pazzia intrinseca di un’arma come la spada, arma in cui tutto può succedere. E così mentre Piasecki e Jung, secondo e terzo a Londra, sono spariti, il venezuelano si è confermato e ha chiuso l’anno al numero uno, tallonato da Nikolaj Novosjolov e da Max Heinzer. La scuola svizzera si è confermata di livello assoluto, segno tangibile dell’ottimo lavoro che continua a fare oltralpe il nostro Angelo Mazzoni.