Si è chiusa ieri a Budapest l'edizione 2013 del Campionato del mondo di scherma: una kermesse che ha fruttato all'Italia un totale di sei medaglie e il secondo posto nel medagliere, dietro  solo a una Russia che ha fatto incetti di medaglie. Se si guarda al numero di medaglie (11 di cui 4 d'oro),  si nota un deciso passo indietro rispetto a Catania 2011. Se si va a fare un analisi più in profondità però, si scopre che di motivi per sorridere ce ne sono eccome, perchè l'Italia che esce da questo mondiale di motivi per sorridere ne ha eccome. Anche se non macano alcune ombre, che provengono soprattutto dalla spada. Niente di allarmante comunque, perchè anche nell'anno post Olimpico, con tutte le conseguenze che ciò comporta, dimostra che al scherma azzurra è molto più che in salute.

Garanzia fioretto - Che l'arma del fioretto faccia piovere medaglie su medaglie nel forziere azzurro ormai non è più una notizia. A livello femminile poi, la superiorità delle nostre è stata a dir poco imbarazzante. Arianna Errigo ha scelto il suo maestro (nella figura di Giulio Tomassini) dopo l'addio traumatico e non privo di polemiche con Bortolaso, e ha ritrovato quella tranquillità necessaria per uscire dal periodo di appannamento che l'aveva colpita nella seconda metà di stagione. E infatti quella ammirata a Budapest è stata di nuovo la cara vecchia Tsun-Ary, quella che preme sull'accelleratore e demolisce ogni avversaria. Maitrejean e Deriglazova, oltre alla Golubitsky in finale giusto per citare quele più rappresentative non potuto fare altro che alzare bandiera bianca. Molto ben anche Elisa Di Francisca e Carolina Erba: la jesina ha fatto anche lei faville, soprattutto nell'assalto con la russa Korobeynikova - asfaltata 15-5 - e ha mancato la finalissima solo alla priorità, dopo aver perso da una Golubitsky che ha fatto del bello e del buono per fare innervosire la campionessa olimpica. Mentre la bustocca era al suo esordio mondiale e non ha per nulla sfigurato, anzi: ancora la sua bestia nera, nonchè omonima, Golubitskiy le ha detto stop ai quarti, a un passo da un podio strameritato.
Da ultimo, ma non certo per importnaza, è necessario elogiare Valetnina Vezzali: tre mesi dopo aver dato alla luce il suo secondogenito, è tornata in pedana mettendosi in gioco e assumendosi tutte le responsabilità di un'eventuale figuraccia. E invece il DNA della campionessa è venuto ancora una volta fuori e l'ha spinta fino ai quarti di finali, dove ha dovuto arrendersi solo al cospetto della sua compagna Arianna Errigo, la futura campionessa del mondo. Ma ancora di più è da mettere in risalto la professionalità con cui, assalto col Brasile a parte, ha fatto da riserva nel corso dello show delle sue compagne nella prova a squadre. Anche all'ultima arrivata, Carolina Erba. Ma quando infliggi, in una finale mondiale, un 45-18 alle francesi, si può fare a meno anche di Valetnina Vezzali. 
In campo maschile Aspromonte ha salvato, con il suo bronzo,  il bilancio azzurro nella prova individuale che troppo presto aveva perso Andrea Baldini e Giorgio Avola, eliminati rispettivamente dal nippo Kenta Chida e dall'americano - poi campione del mondo a fine giornata - Miles Chamley Watson nei sedicesimi di finale. Cassarà invece è incappato nella giornata di grazia del carneade ucraino Hertsyk, che lo estromette all'ultima stoccata. Ma c'è una prova a squadre per rifarsi e qui l'oro è infatti roba nostra. Sugli scudi proprio Andrea Baldini: la stoccata del 45-44 che fulmina Cheremisinov e la Russia intera è roba che da sola vale il dieco in pagella. Passato quello scoglio, la finale con gli USA ha completato il capolavoro iridato.

Volti nuovi e ritorni eccellenti - Ma a parte il fioretto, altri sono i feedback positivi che l'Italia delle pedane ottiene dal mondiale di Budapest. Partiamo da un paio di graditi ritorni: il primo è quello di Mara Navarria. La spadista friulana, anche lei fresca di parto come la Vezzali, si è ripresa il suo posto nella squadra di spada ed è andata vicinissima a una medaglai che avrebbe avuto il sapore di una favola lieto fine. Il lupo cattivo della situazione è stata la russa Sivkova, ma l'Italspada può gioire per aver recuperato una pedina fondamentale del proprio scacchiere. Bene, a proposito di giovani, anche Enrico Garozzo nella spada maschile, caduto solo di fornte a Novosjolov, che a fine serata sarebbe poi andato a centrare il suo secondo titolo mondiale in quello che potrebbe passare alla storia come l'Estonia Day.
Cambiando arma, nella sciabola torna a ruggire il vecchio leone Aldo montano: troppo forte in questo momento per lui Szilagy, ma il numero fatto contro Casares è da antologia: da 2-8 a 15-14, e assalto completamente ribaltato. La nota più lieta viene da Enrico Berrè: il giovane sciabolatore dei Castelli Romani, già protagonista agli europei di Zagabria dove ha centrato un bel bronzo, è stato autore di un'altra grande prova, anche se stavolta la sua corsa si è fermata prima, ai quarti al cospetto del rumeno Dolniceanu. Tuttavia un quinto posto al primo mondiale assoluto è, come si abusa dire, tanta roba. Fra le donne, scontata la conferma del talento puro di Irene Vecchi che si concretizza nella splendida medaglia di bronzo individuale (a proposito, l'assalto dei quarti con la Vougiouka è stato uno dei più incerti ed intensi di tutto il Mondiale). Dalla prova a squadre poi emerge la prova maiuscola di Rossella Gregorio: il 15-4 con cui annichilisce l'americana Stone nella sua frazione è da antologia. Un qualcosa mai riuscito prima nella storia della sciabola femminile. Davvero un peccato che Irene Vecchi nei momenti decisivi della prova a squadre non sia stata effiace come suo solito (comunque la livornese è stata grande contro la Polonia nei quarti di finale e ottima nel 6-0 contro la Pundyk in semifinale), perchè altrimenti il bronzo mondiale dopo quello europeo avrebbe fatto capolino nella bacheca delle ragazze.

Ombre - Come detto, molte luci ma anche qualche ombra dalla spedizione Mondiale. Diego Occhiuzzi, dopo uan stragione da protagonista, è mancato nel mondiale, uscendo quasi subito di scena nella prova individuale (anche se alcune stoccate assegnate a Bazadze lasciano qualche dubbio) e rendendosi autore di prove opache nella gara a squadre. Lo stesso Diego, con grande onestà, ha ammesso di essere arrivato al rush finale con le batterie scariche. La coppa del mondo ha quindi preso la direzione ungherese, magra consolazione per il beniamino di casa Aron Szilagy, atteso dal caldissimo pubblico magiaro alla conquista della medaglia d'oro nella sciabola maschile. E' mancata anche la spada, eccezion fatta per quanto detto sopra a proposito di Navarria e Garozzo. Paolo Pizzo, chiamato a difendere il titolo conquistato a Catania due anni fa, è purtroppo uscito nei trentaduesimi di finale, mentre Matteo Tagliariol, ancora condizionato dai problemi alla mano infortunata, si è fermato al turno successivo. RImontato quando ormai l'assalto sembrava in pugno: come Paolo, come Bianca Del Carretto. Per tutti loro la fine di uan stagione diffiicle e la voglia di ripartire daccapo, con la spernaza che tutti questi problemi che tanti limiti e dubbi hanno loro instillato, possano essere una volta per tutti risolti. I valori dei tre non si discutono, bisogna solo che essi vengano tirati fuori in tutto e per tutto. Magari cominciando con l'invocare l'aiuto della buona sorte, ma anche dando una scossa all'ambiente: perchè al momento, le spade italiane appaiono davvero spuntate.