C'è sempre una prima volta. Lo dice la saggezza popolare. E così c'è la prima volta di un fiorettista americano sul tetto del mondo (Miles Chamley Watson), la prima volta di una Campionessa come Olga Kharlan che aveva visto sempre il titolo del mondo sfuggirle di mano proprio quando sembrava essere a portata di mano. E poi la prima medaglia Mondiale per Irene Vecchi, che lunedì, nella giornata conclusiva della manifestazione capitanerà le sue compagne alla caccia del titolo a squadre. In mezzo a tutte queste prime volte, c'è spazio anche per una quinta volta, tante quante sono le Coppe del Mondo assolute messe in bacheca da Andrea Cassarà, la terza di fila. Un'altra giornata emozionante a Budapest, anche se per l'Italia rimane il rammarico di un qualcosa che avrebbe potuto essere, ovvero una scorpacciata di medaglie, e che invece non è stato. Ma il sorriso di sole di Irene Vecchi e la felicità per il bronzo di Valerio Aspromonte -che ammette candidamente i meriti dell'avversario che lo ha battuto in semifinale, quel Chamley Watson poi laureatosi campione - sono comunque sufficienti a tingere d'azzurro il cielo sopra Budapest.

Finalmente Olga - Se lo gode tutto l'inno ucraino, Olga Kharlan. Quelle note non potevano avere sapore più dolce, perchè sono il corollario della realizzazione di un sogno: lei, classe '90, capace di vincere praticamente da sola un oro Olimpico a Pechino a soli diciotto anni, l'iride non lo aveva mai toccato. Mariel Zagunis prima, Sofia Velikaya poi le hanno sempre negato la gioia di mettersi al collo la medaglia più prestigiosa. E oggi ci è andata vicinissima una superlativa Ekaterina Dyatchenko, giustiziera di Irene Vecchi in semifinale: la russa, sebbene sotto precipitata fino all'1-9, non si è persa d'animo ed è stata capace di risalire la china fino al 12 pari, approfittando di un pericoloso black out dell'avversaria. Ma è nelle situazioni di difficoltà che la classe della Regina viene fuori prepotentemente. Le tre stoccate con cui impallina la campionessa Olimpica Kim, avanti 14-13, sono un capolavoro di freddezza, coraggio e sangue freddo. Così come il rush finale con cui inchioda la Dyatchenko al 15-12 che la condanna all'argento.
Irene Vecchi si era fermata all'assalto prima, contro la russa Dyatchenko, vittoriosa per 15-12, con la livornese che era riuscita a fare una mini rimonta prima di subire la stoccata del definitivo ko. Il suo capoalvoro però Irene lo aveva costruito nel turno precedente contro la greca Vougiouka. Due mesi fa, a Zagabria, fu la bella sciaboaltrice mediterranea a spuntarla, guadagnandosi il pass per la finale e relegando Irene a un pur bellissimo bronzo. Questa volta è invece la livornese a spuntarla, al termine di un assalto thriller in cui le due si sono alternate al comando senza mai riuscire a piazzare la zampata decisiva. E quando sul 13-12 Vougiouka i giochi sembravano ormai fatti per la greca, ecco il talento puro di Irene deflagare in tutta la sua potenze: tre parata/risposta da urlo e poi la corsa fra le braccia del maestro a bordo pedana, mentre Vassiliki e il rumoroso tifo greco che l'ha sempre sostenuta abbandonano mestamente la competzione. Con l'amaro in bocca per una grande occasione sprecata, perchè sulla pedana rossa cadeva Mariel Zagunis, battuta all'ultima stoccata dalla Daytchenko, mentre sulle altre pedane Kharlan e Kim avevano la meglio rispettivamente sulla coriacea Varhely, padrona di casa spinta dal solito fantastico pubblico ungherese, e sulla polacca Socha.
Da dimenticare invece la gara delle altre azzurre, tutte fuori al primo turno. Soprattutto per Ilaria Bianco, mai nell'assalto e travolta dalla russa Gavrilova con un 15-2 inequivocabile. Rossella Gregorio se la gioca bene con la francese Berder (vicina in un successivo momento a fare il colpaccio contro la coreana Kim) ma cede 15-13. Livia Stagni cede invece alla Benitez, la ministra dello sport venezuelano che si spinge fino agli ottavi di finale prima di venir travolta dal ciclone ucraino di nome Olga.

Gara della vita - Nel fioretto maschile il mattatore della giornata è l'ucraino Hertsyk. Sconosciuto o quasi, con un ottavo posto nelal prova di Seul come miglior risultato stagionale, il numero 42 del mondo si è tolto lo sfizio di eliminare, in filotto, il tedesco Joppich, l'americano Imboden e il nostro Andrea Cassarà, impallinato per 15-14 ai quarti di finale. Una beffa atroce per il bresciano, oggi Giano bifronte: devastante in alcuni assalti (come il 15-6 con cui piega il coreano Heo), da brividi in altri (come contro l'altro coreano, Kim, piegato solo all'ultima stoccata dopo aver accumulato anche un gran vantaggio). Perlomeno si consola con la quinta Coppa del Mondo assoluta, la terza di fila, dopo che anche questa sarebbe  potuta sfumare se Miles Chamley Watson, giraffone a stelle e sttrisce dai capelli ossigenati e che per fattezze ricorda vagamente Djibril Cissè, non avesse soffiato il titolo mondiale al russo Akhmathkuzin. Valerio Aspromonte ha afforntato ogni assalto con grinta e determinazione, a volte fin troppa: nell'assalto contro Massialas sono stati ben tre i cartellini rossi comminatigli dall'arbitro, con altrettante stoccate quindi a favore dell'avversario. Ma tutto è bene ciò che finisce bene e così, una volta superato agevolmente l'ostacolo Cheung (15-6 al fiorettistia di Hong Kong), il biondo fiorettista azzurro si è prenotato perlomeno una medaglia, che poi si è rivelata essere un bronzo. Un gran bel bronzo. 
Davvero un peccato invece per gli altri azzurri: il cammino di Andrea Baldini e Giorgio Avola è terminato ai sedicesimi di finale: il Baldo, dopo essere andato avanti sul'11-9 contro il giapponese Chida, ne ha subito il veemente ritorno, tanto che questi ha chiuso sul 15-11 dopo un parziale di 6-0. Giorgio, che fu bronzo a Catania due anni fa, si arrende proprio a Chamley Watson. Una stoccata, l'ultima, discussa e con una botta che è parsa a favore di Giorgio che l'arbitro coreano Suh ha invece assegnato all'americano: uan decisione che lascia tanta rabbia e tanto amaro in bocca al clan azzurro, un'eliminazione che sa di ingiusto. Ma questa è la scherma e fare polemiche sterili sugli arbitraggi seve poco se non nulla. L'americano poi avanza di turno in turno, spuntandola sempre nella roluette russa dell'ultima stoccata. Tranne quando conta, quando in palio c'è la medaglia: e allora, 15-9 ad Aspromonte in semifinale, che relega l'azzurro a un comunque positivo terzo posto, ed il 15-6 finale ad Akhamtkhuzin con cui si prende il Mondo. Per gli Stati Uniti è il primo oro nel fioretto maschile, e arriva dall'atleta meno accreditato: ci si aspettava Meinhardt, o Imboden o Massialas, è spuntato Chamley Watson. E allora, come avrebbe detto un vecchio maestro, in alto i canti e le bandiere per il nuovo re del fioretto maschile.