Nove tappe, poco più di una settimana. Tempo di bilanci, riflessioni, commenti. Il Tour si ferma, rifiata e guarda a quanto fatto, ma soprattutto a quanto ancora resta da fare. Nei luoghi comuni che circondano la Grand Boucle, campeggia la noia, come epiteto spesso accostato alle prime giornate di una corsa ritenuta bella solo a tratti. La noia, come il poco spessore delle salite pirenaiche, buone sì a decretare chi non può vincere il Tour, ma non certo esecutrici ed elettrici del nuovo signore di giallo vestito. La Francia, la Corsica prima ancora, manda all'aria il credo popolare. Il ciclismo si conferma scienza inesatta, soggetta all'invenzione, all'estro, all'indecifrabile talento dei corridori che solcano, sotto il cocente sole, le strade impregnate di storia a due ruote. Come sempre non è il percorso a rendere grande un Giro, quanto i protagonisti in sella. Un colpo di pedale a rendere magico il più normale dei trasferimenti.

 

É stato il Tour delle cadute e dei rischi. É stato il tour dell'Isola della Bellezza. Tre tappe per iniziare e quasi sconfessare il passato. Una sorta di punizione e ammonimento per aver dimenticato per troppo tempo la Corsica, espressione di verde, natura, ricordi. Il primo grido di Kittel, il giallo di Bakelants, il trionfo di Gerrans, che prima brucia Sagan e poi nella cronosquadre più veloce di sempre, volata a 58 km/h dall'Orica GreenEdge conquista il comando della generale. Nelle tappe dedicate ai fulmini della volata, agli acrobati del ciclismo, non poteva mancare la firma di Mark Cavendish a Marsiglia. Lui, prima della storia. Il 4 luglio resterà impresso nella memoria per molto tempo. Impey è il primo africano a vestire la maglia gialla al Tour. L'ultimo squillo, prima delle grandi salite, è di Sagan. Perfetta la Cannondale, perfetto lui.

 

 

Poi i Pirenei. Le salite che hanno fatto la storia del Tour, la storia del ciclismo. Due tappe. Uno dopo l'altra, senza respiro. Due tappe, una così diversa dall'altra. Sul traguardo di Ax 3 Domaines, dopo il Col de Pailhères, va in scena il Froome show. Il Team Sky sgretola il gruppo, uno dopo l'altro crollano Evans, Schleck, Rodriguez. Per ultimi Valverde e Contador. Richie Porte scorta Froome sull'ultima ascesa. Poi il keniano volta lo sguardo, annusa il momento e accelera. Comincia a mulinare sui pedali, senza mai alzarsi, sempre più forte. Quel lungo scricciolo d'uomo sgretola il Tour. Alberto non è quello dei giorni migliori, arranca, non crolla, ma concede molto. Lo salva Kreuziger. Valverde resiste ed è il migliore dei mortali. Porte dopo aver tirato come un forsennato è addirittura secondo. Porte che si traveste da Froome, Froome che si traveste da Wiggins. O meglio Froome libero di essere Froome. Sembra un film già visto. Sguardi bassi al traguardo. Il Tour sembra finito. Sembra. Dopo otto tappe non può essere finito. E il giorno dopo il mondo è capovolto. Che sport straordinario sa essere il ciclismo. La gente affolla ogni curva, ogni singolo metro. Avvolge i corridori lungo i tornanti. Li sospinge quasi verso l'agognata vetta. É lo spettacolo delle due ruote. La macchina perfetta si inceppa. Garmin e Movistar assalgono la Sky. Il Col d'Aspet, prima fatica di giornata, vede scomparire il granitico Kiryienka (fuori tempo massima) e con lui tutti gli altri. Salta Porte, il secondo della generale. Resta da solo Froome. Per 130 km. Non lo attaccano seriamente, ma lo punzecchiano. Quintana allunga. Una, due, tre volte. Assaggia il terreno. Contador saltella, da Contador. Schleck riassapora la testa del gruppo. Non cambia molto, o forse cambia moltissimo. Froome è il più forte, ma ha capito che il Tour è lungo. Può essere terribilmente lungo. Valverde e Contador ci proveranno fino alla fine. Le Alpi, l'Alpe per eccellenza, il Mont Ventoux. Lassù l'aria è più rarefatta. Lassù anche un colosso come Froome, solo, potrebbe crollare. E non è detto che il suo giudice sia la salita. Ieri, a Bagneres de Bigorre, ha vinto Martin allungando nel finale. A Froome poco importava. Volgeva lo sguardo e vedeva Contador e Valverde. Quello sì che gli importava. Di maglie nere nemmeno l'ombra. Quanto è duro il Tour.