Pensi al ciclismo, pensi al Tour. Il Tour è la storia, la leggenda delle due ruote. Il Giro è talvolta più bello, quasi sempre più difficile, è la corsa delle grandi montagne e delle infinite scalate. Ma il Tour è il Tour. Semplicemente. É impregnato di quell'aura magica, mistica, quasi surreale. É l'histoire. I più grandi sono sempre venuti qui in Francia, per approdare nell'incantata Parigi e iscriversi, incastonarsi, nel libro degli immortali. Il Tour è qualcosa che va oltre il semplice ciclismo, sfocia nel mondo variegato dello sport, fino a inglobare, quasi a risucchiare, ogni cosa. Manifesto della Francia e dello sport. Ovunque. Macchina mediatica senza eguali. Nel bene e nel male. Il centesimo Tour, quello che parte da Porto Vecchio per giungere ventun tappe dopo nel cuore del popolo transalpino, è anche il Tour della memoria. Il doping e Armstrong. Mostri da esorcizzare. Il '98 tornato come una macchia nera a infarcire la cronaca di questi giorni. Il caso Jalabert, le fiale ricontrollate e i bari di ieri agli “onori” della cronaca di oggi. Il Giro ha subito i colpi Di Luca e Santambrogio, pugni, montanti duri alla credibilità di uno sport bello perché umano, la Grand Boucle parte non con migliori auspici, ma con la nitida speranza che la strada, giudice supremo, risvegli gioia e passione. Il ciclismo ha di bello questo. Sa rialzarsi sempre. Anche quando, come un pugile suonato, par pronto a gettare la spugna. Risorge, sublime araba fenice, dalle sue ceneri.

 

Ventuno tappe, 3360 km. Corsi e ricorsi. 100 volte Tour de France. Si tocca per la prima volta nella storia (ahi che mancanza...) la Corsica. Tre tappe, le prime, lungo l'Isola della Bellezza, quasi a riparare a un torto inspiegabile. I Pirenei, quasi subito, per evitare la noiosità di un percorso, spesso poco incline allo spettacolo, soprattutto nella prima parte. La prima chiamata alle armi sarà il 6 luglio. Arrivo a Ax 3 Domaines. Prima il terribile Col de Pailhères. Oltre 15 km, 8% di pendenza media.

 

 

Il giorno dopo, con ancora l'acido lattico a dominare le gambe dei corridori, il tappone per eccellenza. Cinque Gpm, il mitico Peyresourde, Horquette d'Ancizan, poi l'arrivo in picchiata. Il miglior Contador potrebbe fare la differenza in questo finale.

 

Poi le Alpi. Il Mont Ventoux. Corre veloce il ricordo all'impresa del Pirata. Al Pantani rabbioso, meraviglioso, mai domo. Il giorno in cui il texano lasciò la vittoria all'elefantino. Staccò tutti meno il padre-padrone della corsa Marco il pirata. Soffrì quel giorno, rischiò di crollare, prima di staccare tutti, o quasi, e domare le montagne. Dal Ventoux all'Alpe d'Huez, icona del mondo del pedale. I 21 tornanti che ogni ciclista, amatore o professionista, sogna di scalare. Lì si entra nel gota di questo sport da tregenda, lì si sublima la dimensione reale per issarsi, come un'aquila, oltre l'umana fatica. Due mostri, due storie, che racchiudono un Tour che nell'ultima settimana diventa addirittura bellissimo. Il Col de la Madeleine, l'arrivo a Le Gran Bornand, le insidie infinite di una corsa dai ritmi folli. Non esistono mezze misure in terra d'Oltralpe. La storia si scrive a mille all'ora.

 

 

Montagna e non solo. Due corse contro il tempo. Ognuna poco più di 30 km. Poi la cronosquadre. Qui potrebbe decidersi una buona fetta del Tour, dato anche il posizionamento delle tre. La gara a squadre è posta all'inizio, quarta tappa, e potrebbe fornire prime importanti delucidazioni per la classifica. La Avranches-Mont-Saint-Michel subito dopo le fatiche pirenaiche, mentre l'ultima nel bel mezzo delle fatiche alpine. Gestire le forze? Far saltare il banco?

 

Chi può battere Chris Froome? Forse solo Chris Froome. Finora il keniano del Team Sky è apparso nettamente il più forte. In pianura, in montagna, a cronometro. Ha una squadra straordinaria, gregari che ovunque sarebbero capitani, vedi Porte, e non avrà l'incombente figura di Bradley Wiggins al suo fianco. Sì, perché è sempre difficile convincere un baronetto, per di più titolato, a svestire i panni del leader, per diventare di colpo gregario. Meglio per Froome che il Sir britannico non sia ai nastri di partenza, per evitare inconvenienti già visti alla corsa in rosa quest'anno, con Uran e Henao, colombiani ribelli, nella veste di “smemorate” guardie del corpo dell'infreddolito capitano.

Il Giro del Delfinato antipasto della Grand Boucle ha esaltato la forma di Froome, dominante nella cronometro e padrone in salita. Ha distrutto Contador, lo ha ripreso spegnendone gli ardori, quando lo spagnolo ha attaccato per soverchiare le leggi della corsa e lo ha battuto ovunque. Ma Contador è Contador. Occorre non dimenticarlo. Ha quella caratteristica che distingue gli ottimi corridori dai fuoriclasse. Sa vincere quando non è il più forte. L'anno scorso, al rientro dall'inattività, ha domato la Vuelta, ha sconfitto Purito e Valverde, non sugli impervi tornanti, dove ha provato, senza successo, ma in un'innocua tappa pianeggiante. Ha scovato un pertugio, ha approfittato di una minima disattenzione ed è partito. Una stilettata, la pugnalata del campione. Ecco perché non si può considerar battuto Contador. Perché anche qui, nei boschi francesi, nelle tranquille giornate di transizione, su quelle mezze asperità potrebbe accendere il colpo di pedale e infuocare la corsa. Al Delfinato ha sofferto l'allergia, qui pare al top. E se è al top ci sarà da divertirsi. Alberto non ha paura di saltare, corre per vincere. Solo per vincere. E questo è già garanzia di spettacolo.

 

Non c'è Wiggins, mancherà anche Samuel Sanchez, piegato dalla durezza del Giro d'Italia. Ci sarà Valverde e con lui Joachim Rodriguez, ma l'attesa è tutta per Andy Schleck. Talento incredibile, facilità di pedalata impressionante, ma mentalità non da grande atleta. Inizio di stagione difficile, i problemi personali, la crisi, poche sparute apparizioni, non degne di uno col suo palmares. Poi il ritorno a un regime di vita più adeguato e la partecipazione al Tour. La strada come sempre fornirà risposte. Sarebbe un peccato perdere un campione così. Occhio anche al doppio leader in casa BMC. Cadel Evans ha affrontato il Giro, finendo peraltro sul podio, proprio per preparare questa corsa, ma al suo fianco insorge prepotente la candidatura dell'americano Van Garderen. Gilbert e Sagan infiammeranno le tappe più incerte, mentre per le volate si passerà come sempre dall'infallibile Cavendish. Che lo spettacolo abbia inizio.