Un Chievo - Juventus all'insegna del numero due. Due, come il segno "da schedina". Due, come i gol maturati. Due, come le espulsioni. Il Chievo di Maran prova ad imbrigliare una Juventus molto fumosa, abile nel giro palla, meno nell'ultimo passaggio. Che Maran volesse portare a casa l'ennesimo zero a zero si era capito sin da subito. Il suo 5-3-2 lasciava ben poco spazio all'immaginazione, così come alla costruzione delle manovre d'attacco. Rintanato nella propria area, il Chievo attiva la modalità difesa ad oltranza e ci riesce perfettamente. Gli spazi vengono magistralmente coperti ed ogni attacco bianconero, questa volta in maglia verde, risulta essere sterile. Pochi tiri, deboli e centrali, che non impensieriscono l'esperto Sorrentino. Trenta minuti di nulla, insomma. Trenta minuti in cui la Juventus faticava a creare un'azione d'attacco degna di esser chiamata tale. E andando a considerare che è proprio la Juventus la squadra a segnare maggiormente nei primi tempi, Maran stava per portare a casa la sua vittoria da un punto.
Il bel gioco, l'attacco, le manovre offensive, non appartengono certamente al Chievo. Abili difensivisti, grandissimi catenacciari, che già hanno fermato squadre offensive come Napoli e Roma senza patire più di tanto. E sia chiaro che il gioco difensivo non è da meno rispetto a quello d'attacco. Se da un lato, oggi ci troviamo a tessere elogi di ogni forma e genere a chi pratica un gioco spregiudicato, parallelamente il catenaccio trapattoniano torna sempre in voga, soprattutto in partite così. Calendario alla mano, l'ultimo pareggio tra Chievo Verona e Juventus risale all'ottobre 2011, in cui la squadra dell'allora allenatore Antonio Conte rimase imbrigliata nella ragnatela clivense, rimanendo a bocca asicutta e recriminando su una traversa colpita da Alex Del Piero. Da lì in poi, vittorie sempre (o quasi) nel segno dell'over.
Ieri sera, sembrava si potesse tornare a chiudere una partita a reti bianche in quel del Bentegodi. Il Chievo aveva parcheggiato il bus (per usare una locuzione inglese) e Maran già pregustava la sua vittoria personale: aver fermato Napoli, Roma e Juventus. Le prime tre della classe dello scorso anno. Mica roba da poco. Però poi, al trentesimo, inizia un vero e proprio attacco di follia generale che come un virus tocca prima Bastien e poi Cacciatore. Il giovane centrocampista belga rischia tantissimo su Asamoah sin da subito ma viene graziato con il giallo da Maresca. Passa appena un giro d'orologio, poco più, e si rinnova il duello tra il terzino juventino ed il mediano clivense. La velocità di Asamoah costringe Bastien a trattenerlo platealmente per la maglia. Secondo giallo e doccia anticipata. Partita in discesa? Nemmeno per sogno. Maran toglie una punta ed inserisce un centrocampista. E si torna a difendere ad oltranza. Inutile soffermarci sulle polemiche di penne più o meno autorevoli che preferiscono perdere la dignità a fronte di qualche like o retweet. Regolamento alla mano, i due rossi sono ineccepibili. Ma il sentimento popolare (e populista) paga molto più di qualsiasi cosa e questo lo si vede ogni giorno. Poco importa, la cultura sportiva italiana è questa e difficilmente cambierà. Per questo è inutile star a parlarne qui.
Così, dopo Bastien, tocca a Cacciatore essere il prescelto dal virus della follia. Contro ogni regolamento, pretende di rimanere in campo dopo l'ingresso dei sanitari. Un permaloso Maresca lo caccia via dopo che il terzino clivense aveva mimato il gesto delle manette di mourinhana memoria. Il Chievo si trova a costretto a difendere la propria porta in nove. E vien da sè che per quanto la Juventus possa essere stanca, senza fantasia e quant'altro, rimane comunuque la Juventus. Ed al primo tiro davvero pericoloso, alla prima azione manovrata, ecco che arriva il gol, con un violento destro di Khedira. E paradossalmente, da dentro l'area. Il paradosso si trova nel fatto che fino al cartellino rosso, tutti i tiri erano arrivati da fuori l'area di rigore. Higuain inizia e chiude la partita con un tiro, dalle sorti diametralmente diverse. Il primo, centrale, di destro e prevedibile, il secondo, angolato e di testa. Ambedue nello specchio della porta ma uno tra le braccia sicure di Sorrentino e l'altro in fondo al sacco.
Malignamente si può dire che la Juventus sia riuscita a segnare solamente quando il Chievo ha iniziato a perdere due pezzi. E sempre malignamente, ci troviamo davanti alla realtà dei fatti. Analizzando la prestazione a parità di uomini, la Juventus ha sempre dato una sensazione ben precisa e mai soddisfatta. Il pallino del gioco era di marca bianconera e l'impressione che potesse esserci l'imbucata giusta da un momento all'altro era palese. Ma poi, l'ultimo passaggio era sempre quello sbagliato. Moltissimi i giocatori in ombra, a partire dai due marcatori. Spiccano Pjanic, abile regista, e Douglas Costa, un funambolo mai domo. Male Mandzukic, visibilmente sulle gambe, male anche Higuain, troppo lezioso e prevedibile ed alla ricerca disperata del gol. Sebbene lui dica di non avere l'ansia della marcatura, troppe volte è andato alla ricerca del gol trovando solo maglie gialle. Ora inizierà un vero tour de force dove le energie dovranno essere gestite al meglio con la consapevolezza che difficilmente ci sarà un Chievo difensivista ad attendere la Juventus.