Un punto potrebbe essere una base di ripartenza di solito: un punto a San Siro ancora più. Ma nella situazione della Roma il risultato che arriva dal campo meneghino non è che una sconfitta, per la classifica e per l'andamento della gara. Una gara spenta, vero, dominata per entrambe dalla paura di scoprirsi, ma una partita che- bene o male- la Roma era riuscita a indirizzare con un episodio nel primo tempo, un errore difensivo interista, sfruttato abilmente da El Shaarawy alla mezz'ora. Ragion per cui, da quel momento, inspiegabilmente (sul piano tattico, non su quello fisico e mentale) la Roma ha assunto un comportamento totalmente difensivo e spesso impacciato. Per contro, però, la difficile situazione di squadra per l'Inter ha inciso per larga parte di gara, con i nerazzurri che si sono affidati alle inziative personali, stoppate da un provvidenziale Alisson e dai recuperi dei puntuali Fazio e Strootman. 

Negli ultimi dieci minuti di gara, però, la squadra di Spalletti ha dovuto obbligatoriamente alzare i giri motore, in conseguenza anche di un baricentro bassissimo della Roma, troppo per il livello della partita. Su queste basi l'Inter ha potuto colpire, con gli unici colpi ancora in dote: il cross e il colpo di testa, azione canonica della squadra in nerazzurro, sfruttata il più possibile e, ancora una volta, andata in porto. Un colpo basso per la Roma, all'85esimo, perché la squadra ospite pregustava la festa e la fine della dura situazione psicologica. Una vittoria così non avrebbe convinto nessuno sul piano del gioco ma era un cruciale snodo sulla classifica e per la testa. Doccia gelata, dunque, alla quale la Roma non ha risposto nei minuti restanti, dimostrando per l'ennesima occasione l'incapacità dei suoi uomini e della guida tecnica di reagire nelle difficoltà. Doccia, però, ampiamente evitabile e indotta da un gravissimo errore di posizionamento di Bruno Peres in occasione del cross sfociato nel gol di Vecino. Prima dell'episodio, un secondo tempo a ritmi bassi, assenti, fatti di movimenti prevedibili e quasi zero palloni giocabili.

Si è sempre autori del proprio destino, che in queste lunghissime settimane non è cambiato e non sta cambiando, per la Roma: è la squadra stessa, con Di Francesco a capo, a non riuscire a sentirsi vittoriosa e questo incide sull'andamento delle gare, quelle semplici in cui la vittoria è in tasca, quelle difficili in cui però la squadra ha le carte del gioco in mano, quelle di sofferenza dove però gli episodi sembrano favorevoli: in tutte queste situazioni, dal famoso 5 dicembre in poi, si è verificato sempre l'andamento peggiore possibile: non può essere solo sfortuna, non può essere solo un vento passeggero. Cambi poco accorti, spesso però obbligati, condizione fisica sotto il livello di decenza, poca coralità. Una Roma, dicono i più critici, già da rifondare, dalla testa (l'ex Sassuolo) ai piedi (Dzeko, e chi con lui sembra credere sempre meno nella stagione). Una Roma senz'altro da ricercare.