La Roma non cambia faccia nemmeno nell'ultima gara prima della sosta. I giallorossi cadono con l'Atalanta in casa e continuano la tendenza negativa, che li vuole, da dopo il match interno col Qarabag, totalmente indietro e sconfitti addirittura in 3 occasioni, con altrettanti pareggi. La squadra di Di Francesco non reagisce, subendo una terribile Atalanta, attenta e molto rapida sugli esterni, come già dimostrato in numerose occasioni. Se la gara dell'andata, giocata meglio dalla Dea che dalla Roma, l'aveva risolta un episodio (la punizione di Kolarov) questo ritorno non gira con gli episodi, ma con la gestione globale del match da parte degli uomini in bianco.
L'episodio, peraltro, c'è stato, ma la Roma non è stata in grado di approfittarne: l'espulsione prematura di De Roon, infatti, poteva dare slancio ai colori romanisti, che per 45' minuti si sono ritrovati in superiorità numerica. Non è bastato, evidentemente, per la poca reattività della Roma, assente in mezzo al campo e lenta in difesa. La Dea ha potuto gestire gli spazi nel primo tempo, sapendo soffrire (poco, per giunta) nella ripresa, quando la squadra di casa ha provato ad alzare leggermente il baricentro.
L'1-2 di inizio gara (Cornelius-De Roon) è stato dunque il colpo di martello definitivo sull'incudine giallorossa, che non si sveglia dalla crisi, che non muove passi in Serie A. Ora, con la sosta alle porte, la riflessione si fa obbligata, necessaria. "Come cambiare la tendenza" non era più un virtuosisimo, era diventato l'imperativo categorico per evitare la mediocrità. Ora però l'impressione è che ci si trovi già dentro, al sentore di mediocrità, all'assenza prematura di obiettivi, al nulla in termini di ambizioni. La faccia tristanzuola, ma non affranta, di Nainggolan in tribuna spiega, insieme agli sguardi di fine gara, il momento giallorosso: non sono state definite le voglie collettive, le necessità, le regole d'ingaggio, e non c'è nulla, dunque, per cui essere preoccupati, quando gli obiettivi vagheggiano nell'etere di una incompiutezza perenne.
La rosa c'è, dicono gli esperti, ma poi ci si accorge che servirebbe una mano santa sul mercato (anche in uscita, per salutare gli inadatti); la squadra c'è, salvo poi cadere nel baratro di una depressione che a fine primo tempo mette uno contro l'altro metà squadra, impegnata più a discutere sugli errori di marcatura che a trovare reazioni e spunti; l'allenatore è il meglio possibile ad oggi, salvo considerare che dopo che lo spartito è totalmente inadatto a molte caratteristiche di molti giocatori in squadra.
Insomma frasi, certezze, pensieri, che cadono come un fiore che appassisce, e ogni profumo si fa amarezza, ogni aroma diventa corruzione e negatività. Il momento no della Roma sembra sempre più lungo, forse perché è il momento sì ad aver tagliato le gambe definitivamente ad un carattere mai compiutamente definito, in casa Roma.