Nonostante la classifica della Serie A si ostinasse a dirci il contrario, la Juventus ha vissuto delle difficoltà nell'avvio di questa stagione, culminate in quel tris subito dalla Sampdoria a Marassi. Difficoltà strettamente legate alla fase difensiva, visto che l'attacco viaggiava alla media di tre gol a partita. Poi, all'improvviso, qualcosa è cambiato. È difficile anche capire cosa, ma nel momento più importante di questi mesi, quello in cui la Vecchia Signora si è trovata ad affrontare tre scontri diretti in un mese in campionato e le partite decisive per il passaggio del turno in Champions League, la percezione durante le partite dei campioni d'Italia è tornata la stessa a cui ci eravamo abituati: sempre e comunque in controllo rispetto agli avversari, costretti a piegarsi ad un piano-partita ben definito nella testa di Max Allegri e di tutti i calciatori vestiti di bianconero.
I miglioramenti recenti di Madama, che ieri hanno portato altri tre punti contro la Roma e chiuso con un altro successo questo tour de force, sono riconducibili a diversi fattori. Alla base di tutto c'è la condizione fisica: di recente, il tecnico juventino nelle interviste del post-gara ha ribadito uno dei suoi dogmi più famosi, riguardanti proprio questo aspetto, cioè che "nel calcio correre aiuta". È tornato ormai al top Alex Sandro, lo stesso vale per Khedira, mentre Benatia è da un po' che continua ad esercitare un vero e proprio dominio sui diretti avversari (ed ha anche trovato il gol-vittoria, tra l'altro, ieri). In tutti i singoli, grazie anche alle intelligenti rotazioni attuate in questi primi mesi, c'è stata una sorta di tendenza positiva a coprire sempre più campo. Non a caso, questo è coinciso con il termine di quel periodo in cui si gioca costantemente una partita ogni tre giorni: più allenamenti significa più corsa, più corsa, appunto, "aiuta". Ma il discorso si può anche ampliare ad altri aspetti.
C'è ad esempio il discorso tattico. Allegri aveva finalmente trovato in Paulo Dybala quel trequartista tanto agognato nella sua esperienza a Torino, ma poi, appena l'argentino è calato sotto l'aspetto atletico, è finito immediatamente in panchina. Terza esclusione consecutiva per la Joya ieri, a questo punto si può dire che il numero 10 è una vittima del nuovo 4-3-3. Una vittima sacrificata per il bene della squadra, che ha effettivamente smesso di prendere gol con l'inserimento di un giocatore più di rottura come Matuidi (otto le clean sheets consecutive fra tutte le competizioni), grazie anche ad un po' di sana fortuna, oltre alle straordinarie prestazioni di Chiellini e soprattutto Wojciech Szczesny, che da bravo ex nell'ultimo match è riuscito ad essere ancora una volta decisivo e, più in generale, non sta per niente facendo sentire la mancanza dell'infortunato Buffon a suon di ottime prestazioni.
Resta ancora da limare, invece, la problematica principale che sta accompagnando la squadra del capoluogo piemontese in quest'avvio di stagione, vale a dire quello della continuità per 90 minuti. Ieri sera, ancora una volta, dopo 70 minuti di forte controllo sulla sfida è iniziata una serie di errori tecnici e di scelte, che ha permesso più facilmente ai giallorossi di attuare quel forcing finale fermatosi solo sulla traversa colpita da Florenzi e sull'errore di Schick nell'uno-contro-uno col portiere avversario. Contro un avversario più lucido, quelle due disattenzioni - entrambe piuttosto banali - si sarebbero rivelate probabilmente decisive per l'esito della gara. Allegri però l'ha detto: "Per me ci siamo un po' incasinati da soli"; presumibilmente, in un confronto così tirato, anche il fisico non ha accompagnato fino alla fine. Si tratta, presumibilmente, di uno degli ultimi punti di crescita nella costruzione della squadra che, a Marzo, dovrà lottare per l'ennesima volta su tre fronti diversi ma che, nel frattempo, non può permettersi di lasciare nulla al caso (come successo nel finale dell'ultimo duello).